ELETTI, NON ÉLITE

ELETTI, NON ÉLITE

C’è chi gode come un riccio sulle altrui sventure e chi gioisce a vedere le facce dei trombati. Non è nostra indole perciò non lo faremo, neanche nei confronti di chi se lo meriterebbe, anche solo per la legge del contrappasso. Domani pubblicherò sulla Verità un’analisi a freddo del voto storico di domenica scorsa e delle aspettative future. Ora lasciatemi dire una cosa sugli eletti e sul sistema elettorale. Lasciamo perdere che stavolta ha premiato il versante destro e ha penalizzato il versante grillo-sinistro, ma è un sistema perverso, complicato, inaccessibile alla comprensione dei più. E alla fine dà un risultato che non rispecchia né il voto né premia i migliori. E soprattutto è deciso tutto dall’alto, e sempre meno dal legame territoriale. Vorrei poi far notare una cosa: la riduzione del numero dei parlamentari forse è una buona cosa, se consideriamo lo spettacolo avvilente delle transumanze politiche dell’ultima legislatura e l’auspicabile diminuzione del numero di peones e “tastieristi”. Però chi crede al motto “Pochi ma buoni” dovrà ricredersi. Vedete chi è stato eletto, e vedete pure alcuni esclusi eccellenti, e ditemi se è stato rispettato. No, io credo che in proporzione mantenga un deficit medio di qualità e di legittimazione, quasi uguale al parlamento uscente (il quasi è dovuto all’infornata di grillini della volta precedente). E poi alla fine sono le segreterie di partito a decidere chi portare in paradiso e chi no, e con tante candidature paracadutate. Ma passare da poco meno di mille a poco più di seicento non ha migliorato la qualità media, almeno a una prima analisi, pur fatta a campione. Diciamolo pure, indipendentemente dalla loro collocazione politica.
Diminuire la quantità fa diminuire in positivo i costi e in negativo la rappresentanza del territorio, ma non fa aumentare la qualità e lo spessore degli eletti. Diciamocelo, dai, senza peli sulla lingua.