Genova è lo sfascio italiano

Cantiere-00-150x150Genova è lo sfascio italiano
È tutta questione di… educare alla vergogna.

Ho riflettuto prima di scrivere quello che leggerete. Il mio non è un discorso politico, almeno nel senso comune del termine. Lo è nel suo significato etimologico, nella sua sostanza esistenziale. Noi, in Italia, non abbiamo problemi infrastrutturali, ma abbiamo problemi etici, morali. Sono generalizzati, colpiscono tutti, nessuno escluso, e mi ci metto anche io.

Quante volte vedo cose inenarrabili. Negli uffici pubblici, nelle scuole, all’interno delle istituzioni, nei supermercati. Oltraggi alla cittadinanza, alla pazienza, alle infinite liste di attesa per una visita medica, ai lavori autostradali permanenti, senza che nessuno ci rimborsi del tempo perso, e della pazienza tramutata in bile.

Eppure stiamo zitti, perché in qualche modo siamo abituati a questo modo di fare. E sappiamo che se andiamo a denunciare, passiamo dalla parte del torto. Arriverà qualcuno, magari proprio un funzionario pubblico, a dirci che non ci conviene procedere, perché le cose possono sempre cambiare in corso d’opera. E, in cuore nostro, lo sappiamo davvero: le cose, nella maggioranza dei casi, cambiano in corso d’opera.

Siamo profondamente tutti collusi. Nel nostro piccolo, oppure nel nostro grande.

E sappiamo anche che nessuno, per la tragedia annunciata di Genova, pagherà. Perché ci sarà qualche cosa in corso d’opera che farà cambiare idea a qualche giudice, oppure la lungaggine burocratica giudiziaria non porterà a nulla. Ricordate Ustica, per non parlare di casi giudiziari insoluti, da oltre trent’anni.

E poi, per ultimo. Gli ingegneri. Non lo sono, per fortuna. Se lo fossi, quasi tremerei di fronte alla firma di calcoli con i quali si dichiara l’agibilità di una costruzione. Quanti dubbi avrei, sulla mia capacità, sulla mia lucidità scientifica. Eh, sì! Perché noi crediamo che i numeri della matematica siano scientifici! Ma non è affatto così, perché abbiamo ascoltato alla televisione pareri discordanti sul ponte Morandi, dove ogni ingegnere intervistato esprimeva il proprio punto di vista. E nessuno di noi, ad oggi, sa perché il ponte è caduto. Fatto sta: è caduto, seminando morte.

Dunque, smettiamo di invocare la scienza, perché questi scienziati sono cittadini come noi, corrotti e collusi come tutti. Tengono famiglia, e attaccano il loro carro dove i diversi padroni richiedono.

Ci vorrebbe una rinascita morale, etica. Ma non accadrà sino a quando non verranno meno queste azioni mistificatrici, anche televisive, oltre che politiche. Ci vuole un reset, quasi totale. E ci penserà la Natura. Anzi, ci sta già pensando. Certo, muoiono molti innocenti. Ma è così che procede il mondo, da sempre. E fra un innocente ed un altro, soccomberà anche il colpevole.

Direte che sono stato “di pancia”, nel mio scrivere. Sì, lo sono stato. Perché sono due giorni che non dormo. Non riesco a togliermi dalla testa le immagini che ho visto. E sono offeso, intimamente offeso.

E triste, come la maggioranza degli italiani.

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura e Visiting Professor ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).

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