Germania: autocensura

Germania: Un livello sconcertante di autocensura

di Judith Bergman 14 luglio 2019

Pezzo in lingua originale inglese: Germany: A Shocking Degree of Self-Censorship
Traduzioni di Angelita La Spada

Sembra esserci un divario significativo tra ciò che i tedeschi dicono in pubblico e ciò che pensano. (…) Il 57 per cento dei tedeschi dichiara di essere infastidito dal fatto che “sempre più spesso viene detto loro cosa dire e come comportarsi”.

“Fa una grande differenza (…) se i cittadini sentono di essere sempre più osservati e giudicati. (…) Molti cittadini lamentano una mancanza di rispetto, nel senso che desiderano che le loro preoccupazioni e le loro posizioni vengano prese sul serio, [e] che gli sviluppi importanti siano apertamente discussi. …”. – Da un sondaggio sull’autocensura in Germania, condotto dall’Institut für Demoskopie Allensbach.

Queste restrizioni [alla libertà di espressione] sono culminate nella legge sulla censura entrata in vigore nel 2018, che impone alle piattaforme dei social media di rimuovere o bloccare qualsiasi presunto “reato” online, come i commenti offensivi e diffamanti o i contenuti che incitano all’odio, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente. Se le piattaforme non provvedono a farlo, il governo tedesco può elevare multe fino a 50 milioni di euro, per mancata osservanza della norma. In Germania, le persone sono state perseguite per aver criticato le politiche migratorie del governo. ….

Nel Regno Unito, i Liberal-democratici hanno sospeso dal partito il candidato Dániel Tóth-Nagy, per aver affermato che “l’islamofobia non esiste” e per aver risposto a un tweet scrivendo: “E le mutilazioni genitali femminili? I delitti d’onore? I matrimoni forzati? Cosa ne pensa delle proteste delle donne in Iran, in Arabia Saudita e in altri paesi islamici contro l’uso obbligatorio dell’hijab? E la Sharia in Gran Bretagna? I diritti e l’educazione LGBT negati dai musulmani a Birmingham?”

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Un nuovo sondaggio sull’autocensura in Germania ha mostrato che i cittadini tedeschi censurano la loro libertà di espressione in modo strabiliante. Alla domanda se sia “possibile esprimersi liberamente in pubblico”, un mero 18 per cento ha risposto “sì”. Per contro, il 59 per cento dei tedeschi intervistati ha dichiarato di esprimersi liberamente in presenza di amici e conoscenti.

“Quasi due terzi dei cittadini sono convinti che ‘oggi occorre fare molta attenzione agli argomenti sui quali esprimersi’, perché ci sono numerose regole non scritte in merito a quali opinioni sono accettabili e ammissibili”, secondo l’indagine condotta dall’Institut für Demoskopie Allensbach per il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ).

“La questione dei migranti è uno degli argomenti più delicati per un’ampia maggioranza degli intervistati, seguita dalle opinioni espresse sui musulmani e sull’Islam”, afferma il sondaggio. Al contrario, “la situazione è diversa quando si tratta di argomenti come la salvaguardia climatica, le pari opportunità, la disoccupazione o l’educazione dei figli, tutte tematiche sulle quali ci si può esprimere con franchezza, secondo la stragrande maggioranza”. Ad esempio, il 71 per cento dei tedeschi sostiene, secondo il sondaggio, che ci si può limitare a commentare “con cautela” la questione dei rifugiati.

Tra gli argomenti considerati tabù, uno sviluppo significativo si è verificato nel corso degli ultimi due decenni. Nel 1996, soltanto il 16 per cento dei tedeschi riteneva che il patriottismo fosse una questione delicata. Oggi, questa percentuale è aumentata, attestandosi al 41 per cento.

Secondo l’indagine demoscopica, “il patriottismo, il cosmopolitismo e il sostegno offerto all’Europa”, (ossia il sostegno a favore dell’Unione europea) non si escludono a vicenda. Oggi, tuttavia, “la popolazione non è più così sicura che le élite, con il loro forte sostegno all’integrazione europea e in una economia globalizzata, tengano ancora in grande considerazione la nazione (…) i cittadini temono sempre di essere considerati di destra se si dichiarano patrioti. Inoltre, un terzo della popolazione afferma che i politici dovrebbero essere cauti nel proclamare l’orgoglio nazionale, se non vogliono esporsi a duri attacchi”.

Si ravvisa una notevole discrepanza tra ciò che i tedeschi considerano essere tabù nella sfera pubblica, anziché nelle conversazioni private tra amici e conoscenti. Ad esempio, il 62 per cento dei tedeschi è convinto che un politico che afferma che l’Islam esercita troppa influenza in Germania si espone a dure critiche, ma solo il 22 per cento crede che dire apertamente questo nelle conversazioni private possa recare offesa. Allo stesso modo, l’opinione secondo la quale “viene fatto troppo per i profughi in Germania” viene considerata una dichiarazione pericolosa da esprimere pubblicamente, ma solo il 31 per cento ritiene sia un problema esprimerla in privato. In altre parole, sembra esserci un divario significativo tra ciò che i tedeschi dicono in pubblico e ciò che pensano.

“Sorprendentemente molti [tedeschi] hanno l’impressione che il controllo sociale sia stato rafforzato in fatto di opinioni espresse nella sfera pubblica e che le dichiarazioni e i comportamenti individuali sono sempre più sotto osservazione”, osserva il sondaggio. “La metà dei cittadini è convinta che oggi si presta molta più attenzione a come ci si comporta in pubblico e a ciò che si dice. Il 41 per cento afferma che la correttezza politica è esagerata e il 35 per cento arguisce perfino che la libertà di espressione è possibile soltanto nelle cerchie private”.

Il fatto che i cittadini tedeschi credono che la correttezza politica sia diventata esagerata è dimostrato dai risultati del sondaggio, secondo cui due terzi dei tedeschi pensano che le speciali espressioni politicamente corrette impiegate per i migranti come “persone con background migratorio” non dovrebbero rimpiazzare nelle dichiarazioni pubbliche termini comuni “straniero”. Il 57 per cento dei tedeschi dichiara di essere infastidito dal fatto che “sempre più spesso viene detto loro cosa dire e come comportarsi”. I tedeschi dell’ex Repubblica democratica tedesca comunista si lamentano maggiormente di questo rispetto al tedesco medio, in quanto hanno “fresca memoria storica di regole e costrizioni”, secondo il sondaggio, che termina con quest’ultima considerazione:

“Fa una grande differenza se una società complessivamente accetta e si sottomette a norme significative, o se i cittadini si sentono sempre più osservati e giudicati. (…) Molti cittadini lamentano una mancanza di rispetto, nel senso che desiderano che le loro preoccupazioni e le loro posizioni vengano prese sul serio, [e] che gli sviluppi importanti siano apertamente discussi. …”.

Agli occhi degli osservatori non sorprendono affatto i risultati del sondaggio, i quali mostrano come in Germania, negli ultimi anni, la libertà di espressione ha subito delle limitazioni. Queste restrizioni sono culminate nella legge sulla censura, entrata in vigore in Germania nel 2018, che impone alle piattaforme dei social media di rimuovere o bloccare qualsiasi presunto “reato” online, come i commenti offensivi e diffamanti o i contenuti che incitano all’odio, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente. Se le piattaforme non provvedono a farlo, il governo tedesco può elevare multe fino a 50 milioni di euro, per mancata osservanza della norma.

In Germania, le persone sono state perseguite per aver criticato le politiche migratorie del governo. Nel 2016, due coniugi, Peter e Melanie M., hanno subito un processo penale per aver creato un gruppo su Facebook che criticava la politica migratoria del governo. Secondo quanto riportato, la pagina Fb diceva: “I rifugiati per motivi di guerra e i migranti economici si stanno riversando nel nostro paese. Portano terrore, paura, angoscia. Stuprano le nostre donne e mettono i nostri figli a rischio. Si ponga fine a tutto questo!”

Al processo, Peter M. ha difeso i suoi commenti online e ha dichiarato: “Non si può nemmeno esprimere un’opinione critica sui rifugiati senza essere etichettato come nazista. Volevo creare un forum di discussione in cui poter esprimere la propria opinione sui rifugiati…”. Nel suo verdetto, il giudice ha dichiarato che “il gruppo si definisce con una serie di generalizzazioni con un chiaro background di destra”. Peter M. è stato condannato, con sospensione della pena, a nove mesi di reclusione e sua moglie al pagamento di una multa di 1.200 euro. Il giudice ha poi aggiunto: “Spero che voi capiate la gravità della situazione. Se vi vedrò nuovamente qui davanti a me, finirete in carcere”.

Nel settembre del 2015, Die Welt ha riportato la notizia che chi diffonde sui social media idee “xenofobe”, rischia di perdere la custodia dei propri figli. Non occorre che un genitore debba commettere necessariamente un reato penale per indurre un giudice a stabilire che il benessere dei figli viene messo in pericolo e a limitare il diritto dei genitori di vedere il proprio figlio o la propria figlia o ad ordinare a “un educatore” di essere presente agli incontri tra il genitore e il figlio, con la possibilità di “intervenire come richiesto”. È anche possibile impedire certe azioni, espressioni o incontri in presenza del bambino. In ultima istanza, il giudice può pronunciare la decadenza della responsabilità genitoriale.

Nell’agosto del 2017, il tribunale distrettuale di Monaco di Baviera ha condannato a sei mesi di reclusione, con sospensione della pena, il giornalista tedesco Michael Stürzenberger per aver pubblicato sulla sua pagina Facebook una foto storica, datata 1941, che immortala la stretta di mano a Berlino tra il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, e un gerarca nazista. Il pubblico ministero ha accusato Stürzenberger di “incitamento all’odio verso l’Islam” e di “denigrare l’Islam” per aver pubblicato questa foto. La Corte lo ha ritenuto colpevole di “fare propaganda di organizzazioni anticostituzionali”. Dopo aver impugnato la sentenza, una corte d’appello di Monaco, nel dicembre del 2017, ha prosciolto Stürzenberger da tutte le accuse. Il tribunale ha stabilito che i suoi commenti erano protetti dalla libertà di espressione. Tuttavia, l’impressione lasciata nella società tedesca è che anche i fatti storici sono diventati tabù.

Pertanto, mentre le preoccupazioni dei cittadini tedeschi di esprimere le proprie opinioni in pubblico non sono motivate da alcun timore legittimo di venire rinchiusi in gulag di tipo cinese o sovietico, esistono timori estremamente concreti e preoccupazioni assolutamente reali, come quelli esemplificati dalle azioni penali di cui sopra.

Sebbene il sondaggio sia stato limitato alla Germania, è probabilmente ragionevole presumere che se una simile indagine fosse stata condotta in altri paesi dell’Europa occidentale, come il Regno Unito, ad esempio, i risultati non sarebbero stati molto diversi. Anche in Gran Bretagna lo spazio per la libertà di espressione si è ristretto, come esemplificato qui e qui. In un caso recente, i Liberal-democratici hanno sospeso dal partito il candidato Dániel Tóth-Nagy, per aver affermato che “l’islamofobia non esiste” e per aver risposto a un tweet scrivendo: “E le mutilazioni genitali femminili? I delitti d’onore? I matrimoni forzati? Cosa ne pensa delle proteste delle donne in Iran, in Arabia Saudita e in altri paesi islamici contro l’uso obbligatorio dell’hijab? E la Sharia in Gran Bretagna? I diritti e l’educazione LGBT negati dai musulmani a Birmingham?”

Per un uomo politico tutte queste domande sono legittime da porre, eppure questo è ciò che il portavoce locale del partito ha dichiarato:

“Questi post sono completamente estranei ai valori e alle convinzioni del nostro partito e non saranno tollerati. Se lo avessimo saputo prima, [Dániel Tóth-Nagy] non sarebbe stato scelto come candidato. Lo abbiamo immediatamente sospeso e ci scusiamo con chiunque sia stato sconcertato od offeso da questi commenti?”

Più di recente, i manifesti che pubblicizzano California Son, il nuovo album del cantante inglese Morrissey, sono stati rimossi dai treni e dalle stazioni ferroviarie di Liverpool e nelle aree circostanti dopo che un viaggiatore aveva contattato la compagnia ferroviaria per chiedere se fosse d’accordo con le opinioni di Morrissey e se i manifesti fossero “appropriati”. La questione è stata sollevata dopo che il cantante era apparso al Tonight Show negli Stati Uniti, con indosso il badge del partito di estrema destra For Britain, guidato da Anne Marie Waters.

“Tutto questo fa molto Terzo Reich, non è vero? E dimostra che solo i sentimenti delle persone più grette possono essere presi in considerazione nelle arti britanniche”, ha affermato Morrissey in merito alla rimozione dei manifesti. “Non siamo liberi di dibattere e questo di per sé è il rifiuto finale della diversità. (…) Temo che stiamo vivendo nell’era della stupidità e dobbiamo pregare che questo passi presto”.

Considerato quanto sia estrema la disfatta della libertà di espressione in Europa, ci sono poche possibilità che questa era passi da un momento all’altro. A giudicare dal sondaggio tedesco, gli europei non avranno nemmeno bisogno di essere censurati dai governi: saranno stati egregiamente condizionati per farlo da soli.

Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.