La scoperta del cuore

𝐋𝐚 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞
La prima volta che ho visto un cuore ero sul lettone dei miei genitori.

Continua a leggere⤵️

 

La scoperta del cuore

La prima volta che ho visto un cuore ero sul lettone dei miei genitori. Dormivo ancora in mezzo a loro e su di noi si sporgeva un Gesù Cristo bellissimo che guardava verso di noi e aveva un cuore raggiante che fuorusciva dal petto. Lo spiavo di nascosto tra le dita, mettendo la mano davanti agli occhi, per scoprirlo muovere gli occhi, la bocca o la testa. Ma quel che mi colpiva di più era la strana palla rossa al centro del petto; mi dissero che era il cuore e che l’avevo anch’io, senti come batte. Sentì allora la parentela con Gesù, per via del cuore, e con tutti gli uomini e gli animali del mondo. Quel sacro cuore fiammeggiante che vegliava su di noi era un po’ l’anima nascosta del corpo, la sua scatola rossa da cui partono le emozioni, i sentimenti, gli impulsi nel fiume sanguigno che ci scorre come i canali di una città lagunare.

Non riuscivo invece a fissare le immagini della Madonna Addolorata vestita di nero col cuore trafitto di spade per il dolore della perdita di Suo Figlio. Preferivo volgere lo sguardo altrove come se quella lama trafiggesse anche me. Più tardi da bambino ebbi la rappresentazione sentimentale del Cuore nell’opera di De Amicis che fu romanzo di formazione in cui dal cuore si irraggiavano i sentimenti e i legami più forti. Compreso l’amor patrio, di cui il Cuore di De Amicis era un po’ come la scuola materna, il primo avviamento al legame patrio.

Il cuore è la parte più spirituale del nostro corpo, e pure la più sanguigna, la più impressionante a vedersi nella sua pulsante corporalità. Suscita tenerezze, il cuore, ma anche scontri cruenti. Sede del tormento di vita e di fede, inquietum cor nostrum. Sede del linguaggio verace e di acute ragioni ignote alla ragione medesima, secondo Pascal. Sede del coraggio, dal Cuor di leone agli intrepidi eroi dal cuore ardimentoso. Sede della generosità di chi ha buon cuore. Ma soprattutto sede d’amore, d’ogni amore, erotico, mistico, familiare e materno.

Il cuore straripò dai languori scolastici di Edmondo e dagli usi civici connessi e si fece lirico e privato, senza smettere di essere popolare. Si accoppiò in rima baciata con amore nelle opere e nelle canzoni. Troneggiò nella canzone napoletana fino a rendere l’organo squisitamente partenopeo, abbinato all’anema; ma anche la canzone romanesca si raccolse intorno ar core. Anche in piena modernità affarista, il core-business indica l’attività principale di un’azienda. Il cuore è l’emoticon per eccellenza, e la figura che indica il “mi piace” nei social network. Vi furono tante versioni cardio-rock; sede dell’amore e della sua volubilità: il rubacuori come zingaro cardiaco. Il cuore diventò petulante e stucchevole canone per accedere al sentimento popolare e all’universo femminile, prima del femminismo. Abbandonato alla canzone e alla cardiochirurgia, il cuore fu riabilitato e si fece pensante, tenebroso, intelligente, avventuroso. Un cuore intelligente è un bel saggio del filosofo Alain Fienkelkraut, che lo collega al pensiero.

Dante Alighieri, fedele d’Amore, narrò in un sonetto un sogno iniziatico di cui era vittima sacrificale e che fu presagio funesto di colei che, amatissima, mangiava nel sogno il suo cuore che in mano ‘l ardea.

Una leggenda siciliana narra di un uomo che per uno sciagurato patto col diavolo uccise sua madre e le strappò il cuore. Correndo dopo il delitto nei boschi, inciampò, cadde e il cuore di sua madre, rotolando, gli chiese apprensivo se si fosse fatto male. Il cuore di una madre non smette di preoccuparsi di suo figlio anche quando questi le strappa il cuore…

Quante guerre scatena il cuore, e non solo in amore. Cuori strappati, cuori mangiati, si rincorrono nella storia e nella letteratura e vi risparmio il sanguinolento campionario. Più di recente Pietrelcina e San Giovanni Rotondo si sono contesi il cuore del Santo, Padre Pio, in una guerra tra devozione e turismo. Quella contesa sulla reliquia, tra ius soli e ius sanguinis, si fece santa e barbarica, antica e pugnace come la vita e l’opera di quel frate miracoloso con le stimmate, in odore di Medioevo in pieno ‘900.

Ricordo che quando tornai da mia madre che aveva avuto un infarto, la trovai con un cardigan rosso e stringeva tra le mani un cuscino rosso a forma di cuore, non so se inavvertitamente. Però mi colpì quell’immagine, e ancora mi torna.

Una volta hai visto il tuo cuore su un monitor e lo hai sentito pulsare in viva voce. Era come se bussasse a un videocitofono, trasmetteva i suoi battiti e sembrava vivere un’esistenza separata, in un sottoscala ombroso del corpo, forse una portineria o il caveau di una banca. Vedendolo lì, sullo schermo, incurante e totalmente concentrato nel suo lavoro per non perdere il ritmo, ti sei sentito fuori dal tuo corpo, spettatore della tua vita. Mentre loro facevano il check up al tuo cuore, tu l’hai fatto alla tua vita, che hai passato velocemente in rassegna; ne hai fatto un riassunto, come se dovessi farla entrare in una valigia per viaggi imprevisti. Era un soffio al cuore, una porticina mitrale che non si chiude. Quando hai sentito quel soffio che alterava i suoi ritmi e sussurrava accorato ai ventricoli la sua imperfezione, lo hai preso a cuore e sei tornato a vivere sotto lo stesso petto. Ti fece quasi piacere avere dentro di te una porta socchiusa sull’aldilà, un’uscita d’emergenza; hai visto sul monitor, e lo hai perfino udito, lo spiffero di sangue che veniva da quella porticina. La considerai una feritoia, più che una ferita, per spiare l’Altrove; quasi uno sportello veloce per il passaggio futuro. Intenerisce il core sapere di avere un’uscita riservata. Poi gli anni sono passati, il soffio si è fatto d’un tratto frastuono, la situazione si è complicata e allora ho smesso di confidare in quella scorciatoia, cercando invece di chiuderla per vivere. A loro, e a Loro, mi sono affidato perché il cuore fosse riparato… A presto.

MV, La Verità (24 febbraio 2022)