Ma i temi caldi sono fuori dalla lotta per il potere

𝐌𝐚 𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐢 𝐜𝐚𝐥𝐝𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫𝐞
Il nostro sistema politico è un cane a sei zampe come la bestia simbolica della nostra principale azienda di energia.

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Ma i temi caldi sono fuori dalla lotta per il potere

Il nostro sistema politico è un cane a sei zampe come la bestia simbolica della nostra principale azienda di energia. E come il cane a sei zampe, lancia fiamme dalla bocca come un drago. Da una parte Meloni, Salvini e Berlusconi (o la sua controfigura Tajani) e dall’altra, in ranghi sparsi, Letta, Calenda e Conte. Li abbiamo visti tutti insieme (Conte era collegato) a Cernobbio.

Sembra che la partita in gioco sia una sorta di ordalia, di battaglia finale tra opposte visioni del mondo. Sembra, ma non lo è. Sul piano politico-elettorale, come abbiamo scritto domenica scorsa, c’è un solo candidato politico a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni, e contro di lei gioca compatta, benché divisa, la Paura. Ma sul piano delle visioni politiche la realtà è molto diversa. Nell’arco degli ultimi due anni sono venuti al pettine almeno quattro nodi cruciali che hanno spaccato il nostro Paese.

Il primo è sui vaccini, il green pass, la polarizzazione tra si-vax, sempre e comunque, e no-vax, o almeno non sempre e in ogni caso. Con varie sfumature e gradazioni, nessuno dei sei ha davvero voglia di interrogarsi, non tanto per il passato quanto per il futuro, sul determinismo vaccinista e sulla forbice danni/vantaggi del lockdown. E nessuno ha voglia e interesse a rappresentare il dissenso radicale che in questi anni è emerso nel nostro paese, su una linea che ci è costata in rapporto alla popolazione un numero tra i più alti di vittime al mondo.

Il secondo nodo è la guerra in Ucraina che spacca l’Italia in due, tra sostenitori della lezione da dare alla Russia, ad ogni prezzo, anche il nostro tracollo economico; e sostenitori della trattativa, bocciando le sanzioni che nuocciono a noi prima che a Putin, e lo spingono a rinsaldare i suoi rapporti a Oriente, a partire dalla Cina. Anche qui, a parte un mezzo, e ragionevole, dissenso di Salvini sulle sanzioni, le forze politiche in campo non osano rimettere in discussione l’affiliazione cieca, pronta e assoluta ai dettami della Nato e agli interessi degli Stati Uniti. Il tema non riguarda la benevolenza o la malevolenza verso Putin ma il primato dei nostri interessi nazionali, europei e mediterranei, unito alla prova sul campo che la nostra posizione antirussa non è servita a fermare o frenare il conflitto, semmai a renderlo ancora più lacerante e duraturo, con ricadute pazzesche su vari campi.

Il terzo nodo, strettamente legato al precedente, è la nostra passiva e totale remissione all’Europa che le sta sbagliando tutte e ora ci coinvolge in questa drammatica escalation del caro energie. Un’Europa imbelle e così autolesionista che è riuscita a mettere in fila una serie di danni a se stessa, fino a mortificare l’euro ed esaltare il dollaro. Ma nessuno dei sei leader, salvo lievi spostamenti d’accento, osa criticare le direttive europee e il dominio incapace dei suoi rappresentanti. Scomparsa dai radar è naturalmente l’ipotesi di rimettere in discussione la nostra appartenenza a questa Unione Europea, almeno così concepita e guidata.

Il quarto nodo è la sintesi e il frutto dei precedenti e si riassume nel tema emergenza economica ed energetica. Nessuno dei sei protagonisti si discosta dall’agenda Draghi, nessuno osa rimettere in discussione il modello vigente, e tantomeno nessuno osa criticare il capitalismo globale e i suoi profitti in questa situazione d’emergenza sanitaria, militare ed economica. Un po’ fanno scena Conte e i grillini, ma ricordandoci di quando erano al governo; è solo fuoco di paglia per catturare i voti dei beneficiari del reddito di cittadinanza. L’approccio alla crisi e all’emergenza economica ed energetica prevede alcune differenze ma nessun salto, nessuna svolta; è tutto dentro i canoni dell’eurodraghismo e dell’ossequio ai giganti economici sovranazionali.

La contrapposizione netta sul piano politico-elettorale diventa invece sostanziale omogeneità nelle direttive di fondo e nella dipendenza dalle vecchie zie sovranazionali. Sono tutti insider, cioè dentro il sistema.

Ci sono poi gli outsider tra cui spiccano due forze, Italexit di Paragone e Italia sovrana e popolare di Marco Rizzo e Ingroia. Il primo nome ci piace poco, ricorda le cliniche della morte in Svizzera; il secondo è meglio, però quell’Ingroia… Essendo fuori dal sistema, non avendo possibilità di incidere nelle politiche di governo, possono permettersi il lusso di essere contro, e di interpretare quei quattro punti indicati in modo antagonistico rispetto al cane a sei zampe. Ma non hanno alcuna possibilità di incidere perché ormai c’è una legge inesorabile del potere: puoi accedervi se sei dentro quel quadro e i suoi quattro lati, altrimenti vivi ai margini raccogliendo consensi ribelli ma sterili.

E’ il nuovo voto di testimonianza, libero sfogo e nient’altro. Peraltro le ragioni della ribellione differiscono tra loro, neanche le due forze anzidette sono riuscite a riunirsi; e se pensiamo per esempio alla destra radicale non la vedrei rappresentata da nessuno dei due, per biografia e intendimenti dei leader. A quanto ammonta questa fascia di dissenso? Ragionando a spanne si tratta di almeno dieci milioni di cittadini, alcuni concentrati su uno solo dei punti anzidetti. Si divideranno in più rivoli: quelli che non andranno a votare, quelli che ripiegheranno sul male minore tra le sei forze principali in campo, e quelli che si divideranno tra i due movimenti di protesta o altri minori. Ma non influiranno sugli assetti futuri.

Il problema è decidere se il voto serve per testimoniare un dissenso, sapendo che non darà frutti, o per scegliere ciò che meno ci dispiace o almeno impedire che vinca ciò che più ci dispiace. La partita del voto si può leggere almeno in due modi: quella tra Meloni e la Paura, e quella tra insider e outsider, cioè dentro e fuori dal sistema, sapendo che entrambi ci resteranno. Scelte ambedue comprensibili; la prima è realista, la seconda è simbolica. Fate voi.

La Verità (6 settembre 2022)