Nord e sud, un mare di differenze

𝐍𝐨𝐫𝐝 𝐞 𝐬𝐮𝐝, 𝐮𝐧 𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐞
L’altro giorno, in un mare a nord di Roma, ho perduto le mie ciabatte.

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Nord e sud, un mare di differenze

L’altro giorno, in un mare a nord di Roma, ho perduto le mie ciabatte. Il mare era agitato, con onde anomale, e una mareggiata ha sommerso lo scoglio dove le avevo parcheggiate e le ha trascinate in acqua, portandole velocemente al largo e a picco, fino a perderle di vista. Sono tornato dal mare scalzo ma nessuno dei presenti al mare o delle persone che ho incontrato lungo la strada mi ha chiesto perché camminassi a piedi nudi. Allora ho pensato: se fosse successo da noi, al sud, o perlomeno nel sud che io ricordo, le persone presenti o incontrate avrebbero reagito diversamente. Sarebbe nata una rappresentazione teatrale, una pantomima collettiva.

Il primo mi avrebbe chiesto perché vado scalzo, si sarebbe fatto raccontar tutto e poi mi avrebbe detto che la stessa cosa era successa a suo zio quando lui era piccolo, e sarebbe nata una discussione collettiva sulle scarpe perdute. Il secondo si sarebbe tuffato subito in acqua per ripescarle e riportarmele; il terzo si sarebbe tuffato subito dopo in acqua per ripescarle e portarsele lui. Il quarto si sarebbe messo a coglionarmi insieme ad altri, trovando argomento di conversazione e derisione; il quinto avrebbe approfittato della confusione, cercando di farmi sparire, con la scusa dei flutti, pure l’orologio e il portafogli; il sesto avrebbe piantato una lamentela sul mare che non è più quello di una volta, e come il governo ladro, si arruba tutto. Il settimo avrebbe cercato di vendermi le sue vecchie ciabatte a caro prezzo, approfittando dello stato di necessità; l’ottavo, invece, mi avrebbe offerto le sue scarpe, dicendo che ne porta sempre un paio di riserva nel borsone. Il nono per solidarietà avrebbe buttato in mare pure le sue ciabatte, tanto per creare un movimento di carmelitani scalzi, lanciando una moda, una setta, un partito a piede libero. Il decimo, mosso a pietà, avrebbe convocato il suo parentado per portarmi sulle spalle, a cavacece o in processione, fino a casa sua, dove mi avrebbe offerto un ristoro per consolarmi della perdita e farmi raccontare la disavventura anche ai nonni e alle zie. L’undicesimo, invece, sarebbe stato zitto, ma io che sono meridionale gli avrei chiesto il perché del suo silenzio: perché era settentrionale, in vacanza da noi.

Questa parabola estiva, poco evangelica e molto pedestre, racconta la differenza tra nord e sud, ma non stabilisce supremazie. Sono meglio i settentrionali che si fanno i fatti loro o noi che ci facciamo i fatti degli altri? Farsi i fatti loro può essere segno di civiltà e discrezione, non voler disturbare o intromettersi; ma può essere anche un fregarsene degli altri, diffidare del prossimo, badare solo ai propri interessi. Così, farsi i fatti degli altri, come succede da noi, può voler dire essere pettegoli, invadenti, furbi e molesti ma anche generosi, socievoli, consorti e più dotati di umanità. Da noi non esistono i diritti ma i favori, si tira sul prezzo e si vorrebbe vivere gratis. Niente ti spetta per legge o per averlo meritato, tutto è al buon cuore o alla buona creanza; tutto accade per fortuna, malocchio o provvidenza. E’ un pregio, è un male? Tutt’e due. Dipende dai punti di vista, in assoluto non si può dire e tantomeno stabilire differenze di razza e di civiltà. Diciamo solo che i nostri comportamenti sono più vari e più fantasiosi rispetto a quelli settentrionali. Da noi è più complicato vivere, ma forse è più divertente. Però forse vi sto parlando di un sud che non c’è più, sparito nel mare come le mie ciabatte.

P.S. A chi fosse interessato sapere come è finita, perché è un curioso meridionale, tre giorni dopo il mare ha restituito le ciabatte. Integre. Si erano fatte un giro in mare per conto loro e sono tornate ai miei piedi, prostrate.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 24 agosto)