Per chi vota la Chiesa di Bergoglio

𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐡𝐢 𝐯𝐨𝐭𝐚 𝐥𝐚 𝐂𝐡𝐢𝐞𝐬𝐚 𝐝𝐢 𝐁𝐞𝐫𝐠𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨
Ma la Chiesa per chi vota, con chi sta, quanto conta nelle elezioni politiche?
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Per chi vota la Chiesa di Bergoglio

Ma la Chiesa per chi vota, con chi sta, quanto conta nelle elezioni politiche? La Chiesa di Bergoglio sembra tacere sulle vicissitudini italiane, non si pronuncia. Dorme il sonno dei giusti o ha preso sonniferi per non pronunciarsi o peggio è stata narcotizzata per procedere indisturbati? I dubbi sono tanti ma val la pena chiedersi da che parte sta o dovrebbe stare, oppure mantenersi fuori.

Il rapporto tra la Chiesa e l’Italia unita non è lineare come sembra ai superficiali e agli smemorati. Avversa all’Italia risorgimentale e avversata da molti patrioti e massoni, la Chiesa trovò spiragli nella vita pubblica prima con l’Opera dei Congressi e la democrazia cristiana ai tempi di Romolo Murri, poi col Patto Gentiloni, quindi con la nascita del Partito Popolare di don Luigi Sturzo; infine coronò la sua presenza pubblica con il Concordato tra la Chiesta e lo Stato fascista. Dal dopoguerra in poi, per quasi mezzo secolo, la Chiesa ebbe nella Dc il suo principale referente politico. Sotto la Dc la società italiana si scristianizzava, ma il potere democristiano come il potere clericale restavano in auge. L’incidenza del voto cattolico, paradossalmente, parve crescere quando la Dc scomparve, pur lasciando una galassia di frammenti: i soggetti in campo si contesero il voto cattolico in libera uscita. Con la seconda repubblica nacque il bipolarismo dell’alternanza tra il centro-destra di Berlusconi e l’Ulivo di centro-sinistra. Si generò una contesa politica per conquistare il centro e il voto cattolico. La Chiesa ondeggiò, una parte strizzò l’occhio a Prodi e al suo catto-sinistrismo, un’altra si avvicinò al centro-destra. Ora che è pontefice da nove anni un papa argentino e si è dissolta quella fase politica, dopo la parentesi grillina e tecnocratica, la Chiesa sembra ormai assente dal terreno politico. L’avvento di Bergoglio – un po’ peronista, in Argentina vicino al regime dei militari poi da Papa più vicino ai progressisti e in genere alla sinistra sociale – ha ulteriormente complicato le cose. Il suo interprete nostrano nella politica italiana è Andrea Riccardi, fondatore della Comunità Sant’Egidio. Che ieri, sul Corriere della sera, ha invocato il ritorno alla centralità della Chiesa e ha bocciato le aperture alla Chiesa e ai temi cristiani di Fratelli d’Italia e della Lega, ritenendo che “tra la destra e la Chiesa vi è una grande distanza non facilmente colmabile”. Poi una battutina polemica su Renzi, e un grande, accogliente silenzio-assenso verso i Dem. Per esclusione, il suo “endorsement” finiva con l’essere un larvato allinearsi al sostegno alla sinistra, nel nome dell’impegno sociale e umanitario, sulla linea del Corriere (che pure strizza l’occhio a Calenda, per tenersi una carta di riserva).

Farà bene la Chiesa se resterà lontana dalla campagna elettorale, se non tornerà a trasformare le parrocchie in comitati elettorali, come era un tempo; se continuerà a rivolgersi a tutti, senza eccezioni. Ma i cattolici che sono oggi una minoranza decrescente nel nostro paese da che parte andranno, e i preti come si pronunceranno, almeno in maggioranza? La Chiesa dovrà considerare del tutto indifferente, irrilevante o intercambiabile il voto a un cattolico pur sedicente che però difende la famiglia, le nascite, il diritto alla vita, la tradizione civile e religiosa di un Paese e chi invece è schierato per l’aborto, per il suicidio assistito, per la laicizzazione integrale della società, per le unioni gay e non per la famiglia naturale e tradizionale?

Perché poi il problema è questo: piaccia o non piaccia a Bergoglio o a Riccardi, ma su quei temi la sensibilità cattolica è affidata più a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia, o a Matteo Salvini (pur con i suoi goffi esibizionismi da credente) e alla Lega e Berlusconi, insomma alla destra piuttosto che all’assortito listone Dem, con la Bonino e i radicali, la sinistra verde e anticlericale, il partito di Zan e della Cirinnà, il fronte dell’Lgbtq e del potere eurocratico che è notoriamente pervaso da uno spirito laicista, massonico e anticattolico.

Si potranno anche ritenere più vicini ai cattolici i profili di Sergio Mattarella, Enrico Letta e perfino Mario Draghi, rispetto ai leader del centro-destra più farfalloni: ma al di là delle opzioni personali, resta il fatto che i grandi temi della Chiesa, a partire dalla famiglia, sono quasi tutti rappresentati, bene o male nel versante destro. Fa eccezione il tema dell’accoglienza e dei migranti, che invece è più vicino alla sinistra (e curiosamente anche al capitalismo globale).

Ci sono poi due grandi temi della Chiesa, espressi già da Papa Giovanni Paolo II e ripresi da Bergoglio con una virata pauperista, che sono invece irriducibili agli schieramenti in campo, inclusa la galassia dei centrini, a partire dal duo Calenda-Renzi: da una parte la critica al modello capitalista ed economicista e la difesa di un modello solidarista e dall’altra il rigetto dell’occidentalismo armato, stile Nato e la strenua difesa del pacifismo. Nessuno osa, a destra, al centro, a sinistra, rimettere in discussione il modello capitalista globale e nessuno osa divergere dalla linea Nato-Usa-Ue. Su questi due grandi temi internazionali, la Chiesa non trova sponde politiche, salvo sparsi frammenti e minoranze radicali quanto marginali.

Non sappiamo se Bergoglio farà qualche velato pronunciamento; temiamo invece che la Conferenza episcopale guidata da Mons.Zuppi e la rete di preti impegnati nel sociale, sceglierà il sostegno alla sinistra in nome dell’accoglienza e dimenticherà i temi della vita, della nascita e della famiglia, della fede e della tradizione, fingendo che i temi del capitalismo e della guerra siano appannaggio della destra cattiva piuttosto che della buona sinistra umanitaria. In ogni caso, il ritorno alla centralità della Chiesa è un’assoluta, anacronistica utopia.

La Verità, 19 agosto 2022