Tramandare la memoria

Un paese che non sa tramandare la memoria è un paese ancora da fare
Angelo Crespi

La colonna di località Magnaboschi, sull’altipiano di Asiago, segna il punto di massima penetrazione nemica durante la Grande Guerra

Magnaboschi

 

Come si tramanda la memoria? E come uno Stato dovrebbe farlo? Nel centenario della prima Guerra mondiale le commemorazioni di un caposaldo della nostra identità restano vaghe. Eppure 650mila soldati morti, spesso caduti dopo atti di eroismo (dimenticati), dovrebbero essere sufficienti come atto fondativo di una Nazione.

Per motivi storici che si conoscono, gli italiani temono invece il ricordare, preferiscono le bugie, sommamente le bugie storiche. Sull’Altopiano di Asiago, in località Magnaboschi, tra Lemerle e Zovetto, si erge ancora la colonna romana (eretta negli anni Trenta e non dobbiamo vergognarcene) che segna il punto di maggior penetrazione nemica.

Intorno, un breve tratto di montagna, pochi metri, che fu conteso aspramente per due anni ed è considerato le Termopili della fanteria italiana, dove nel 1916 si sacrificarono e centinaia per bloccare la definitiva avanzata degli austriaci alla pianura. Nel 1918 la zona fu presidiata da unità inglesi che sostennero l’ultima offensiva nemica.

Il cimitero inglese, gestito direttamente dal Commonwealth, è il miglior esempio di lapidaria essenza di una Nazione: 180 caduti, ognuno ricordato con una pietra di marmo scolpita con lo stemma del battaglione e le generalità del soldato. Di fronte, nel cimitero italiano in cui sono sepolti confusamente anche gli austrungarici, i cippi in legno e le targhette in plastica sono la plastica dimostrazione di un Paese ancora da fare.