Maria Grazia Boni da Sonnino

Maria Grazia Boni
Maria Grazia Boni, colei che fu la musa ispiratrice della Scuola d’Arte Brigante.
Maria Grazia nasce a Sonnino nel 1797, sarà lei stessa a raccontare la propria vita ed esperienza di modella con pittori di fama mondiale al giornalista e scrittore francese Edmond François Valentin About (Dieuze, 14 febbraio 1828 – Parigi, 16 gennaio 1885), quest’ultimo raccoglie l’intervista in “Roma Contemporanea” (1861).
Edmond About la ritrova al suo arrivo a Sonnino come una donna robusta di cinquanta o sessant’anni, quasi cieca, guercia in un occhio, ma ancora in salute ed di buon umore.
Ragazzina, appena quindicenne si sposò con un giovane mandriano, Marco Capecchio, con lui ebbe un figlio che morì poco dopo la nascita, restò poi vedova, il marito venne assassinato per vendetta in seguito ad una denuncia mentre lavorava nella campagna romana.

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Si risposò in seguito con Francesco Nardelli, nato nel regno di Napoli ma residente a Terracina, dove la giovane Maria Grazia lo seguì ed insieme iniziarono a lavorare la terra, ebbero due figli, ma questa volta fu il marito che per vendetta divenne assassino e si diede alla macchia con una banda di sonninesi dedichi al brigantaggio. Lei tornò dai suoi a Sonnino continuando ad avere notizie del marito con cui s’incontrava e riceveva doni.
Accadde però che Il 18 Luglio del 1819 il Cardinal Consalvi proclamò l’Editto distruzione per Sonnino. Con la caduta di Napoleone si ripristinò a Roma lo Stato Pontificio, Papa Pio VII conosceva bene la realtà di Sonnino, un covo di briganti aiutati in loco da un’intricata rete di protezione tra parenti, amici e famiglie potenti che ne mantenevano la latitanza. Il brigante che deteneva il comando delle bande in quel periodo a Sonnino era Gennaro Gasbarrone, fratello maggiore del famigerato Antonio e poichè a Sonnino tutti erano briganti venne considerata una brigantopoli.
L’editto prevedeva che gli abitanti venissero rimossi e portati altrove e che tutte le abitazioni fossero distrutte, i possidenti di terreni si sarebbero sistemati nei paesi vicini così da mantenere i loro beni, si supponeva infatti che fossero ostili al brigantaggio. E così fu, tra settembre ed ottobre del 1819 parte della popolazione venne deportata e molte abitazioni vennero distrutte.
Tra i deportatati c’era anche Maria Grazia, suo figlio Luigi di 6 anni e sua sorella Teresa (Teresina), quest’ultima aveva da poco sposato Mattia Caputi, un altro brigsnte, e fu anche complice delll’assassinio del primo marito di Maria Grazia, la donna lo aveva perdonato ed accettato sensa remore il matrimonio con la sorella .
Le due giovani e belle donne di certo non passavano inosservate mentre soggiornanavo forzatamente alle Terme di Diocleziano, le terme di Diocleziano era un carcere che accoglieva tutti i deportati da Sonnino, perlopiù donne, anzuani e bambini.
Giuseppe Marocco nella sua opera MONUMENTI DELLO STATO PONTIFICIO E RELAZIONE TOPOGRAFICA DI OGNI PAESE (1834-35) così descrive le “femmine di Sonnino”
“Le Femmine di Sonnino erano di struttura maschile, lineamenti marcati in volto, il colore della pelle di un vago vermiglio e le loro vesti erano di più colori, su di esse spille e decorazioni che ricordano l’abbigliamento greco, ai piedi indossano dei calzari chiamate ciocie”
Così dovevano apparire Maria Grazia e Teresa agli occhi degli artisti che tutti i giorni si recavano a ritrarle, tra questi Louis Léopold Robert, amico intimo di Edmond About, Jean-Victor Schnetz e molti altri ancora. Erano le icone di bellezza dell’epoca, i loro ritratti giravano il mondo ed erano esposte nei palazzi di nobili e prelati.
Nel frattempo il marito brigante di Maria Grazia si costituì nella speranza di riceve la grazia, ma finì i suoi giorni in prigione, malato, la donna pregava la sua morte per avere finalmente un po’ di felicità, in quel tempo veniva corteggiata da un cappellaio romano, il terzo marito un certo Kimerly, di cui sappiamo poco, ebbe con lui un figlio, anche questo poi morì.
Maria Grazia trascorse i suoi ultimi anni di vita a Sonnino, certo in solitudine, ma economicamente sostenuta da un sussidio, una sorta di pensione che l’aiutava a vivere dignitosamente, era il segno di gratitudine per il suo contributo al mondo dell’arte.

Maria Grazia possedeva bellezza, carattere e determinazione, i suoi ritratti colgono una forza in questa donna così decisa e mai arrendevole, è saputa sopravvivere e mantenersi in un periodo storico sicuramente non facile, diventandone un’icona.

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Pubblicato da Unknown a 23:49 Invia tramite emailPostalo sul blog Condividi su Twitter Condividi su Facebook Condividi su Pinterest