Le prigioni liberali – Anarchia -G.De Sivo

vol 4 Storia

 

RICERCA EFFETTUATA TRAMITE GOOGLE LIBRI SUL TESTO ” Storia delle due sicilie “dal 1847 al 1861 di Giacinto de Sivo VOL IV -Trieste-1868
PAG.492-493

§. 35. Le prigioni liberali.
Finiva l’anno 1861 più che il precedente per noi cruentissimo. La libertà del male quintuplicò i misfatti. Napoli, una delle ventiquattro province ora dette meridionali, ebbe 4300 reati di sangue, tra omicidii e ferite, non mai prima giunti a’mille; né certo fur tutti denunziati alla potestà, molti tacendo pel timore del peggio. La statistica nota quell’anno sul solo reame continentale carcerati 47.700 persone, e fucilati 15.665; ma è accurata, in tanta confusione? Che in Napoli solo fossero sedicimila carcerati disselo il deputato Ricciardi in parlamento il 27 giugno 62. E che prigioni! vietato a’parenti vedere parenti, e a’difensori i clienti; non carta, non penne, non libri; ammonticati malfattori, e onest’uomini, preti, militari, nobili, dotti, contadini, marinari, soldati, ogni condizione, ogni età, avoli, figli e nipoti, tre e talora quattro generazioni, rei solo d’essere parenti o conoscenti di briganti. Anche mendici gittavano là dentro a punire la povertà, e sradicare con tal crudo modo l’indigenza. Zeppe tutte carceri col doppio che ne potevano capire, voltavano a carceri conventi e chiese. La gente nuda, in ceppi, tra pidocchi e fetore, su nude selci, senza coperte, senza luce, senza passeggio, per anni lunghi, sentir fuori le grida e i lagni delle mogli e de’figli, nè poterli abbracciare! Dell’orribile pane quasi pasta cretosa, i carcerati di Palermo facevano pipe, e davanle per irrisione a’ passanti. Spesso la potestà non sapeva i nomi de’prigioni, né la colpa, né i tribunali competenti a giudicarli; sì scorrevano mesi e anni, e taluno per disperazione s’appiccò alla grata. Pertanto frequenti tumulti e uccisioni tra quelli animi esacerbati; colpi tra loro e i custodi, fucilate in frotta dalle sentinelle, ribellioni, furti, vizio e abbrutimento. E quanti innocenti in quelle bolge! Re Ferdinando vi tenea soldati veterani a custodi; la rivoluzione a premiare suoi terribili ausiliarii, quelli scacciò, posevi galeotti vecchi e camorristi, meritevoli d’avere gridato, o lavorato col coltello a quella libertà; i quali orrendi carcerieri svelenivansi su vittime infelici ; spesso battiture, incatenamenti, torture atroci, busti ferrati, e anco a preti e fanciulli ; né placabili se non per prezzo. Sessanta de’primarii avvocati napolitani protestarono in iscritto contro gli abusi e le illegalità goternative nel trattanzento de’ carcerati. Accuse aspre anche nelle camere risonaronó ; s’accusò la fame, il pane, le battiture, le torture,indarno ! E con tanti carcerati sempre carcerare ; dicevanlo giustizia, fare la patria, creare l’unità. I giudizii, mancando il fondamento legale, si ritardavano, per fabbricarvi calunnie, per dare la pena senza la condanna; e i magistrati (come fe’il Tofano) vantavansene, quale affetto alla causa Patria. Quando i sospirati giudizii seguivano, vedevi i giurati, plebe ignara o compra, giudicare secondo imbeccata o passione. E anco dichiarata l’innocenza, la polizia non ubbidiva; chè per la lettera del Conforti del 16 ottobre 61 riteneva in carcere i giudicati innocenti. In quelle vantate costituzionalità la potestà giudiziaria a quella di polizia sottostava.

§. 36. Anarchia.
Fuorché il bene, tutto fu lecito; però sfrenato il giornalismo rivoluzionario, schiacciato il conservatore ; le società operaie emancipa trici, stese in tutti luoghi, in più séte, furono stati nello stato, lavoranti al socialismo. Tra repubblicani e moderati guerra esosa , a chi più aggraffa della patria : uffizii, benefizii, deputazioni al parlamento divisi tra loro ; scambii di faziosi, confusione di criterii, opportunità di mal fare esser politica. Ordini non eseguiti, esecuzioni non comandate, incagliamento d’ogni ruota, anarchia d’idee e atti, in su e in giù, sciupio d’ogni cosa, abbattimento d’ogni virtù, guerra iniqua, incessante al buono e al vero. Linguaggi doppi, magnificazioni dell’ingiusto, vanti del brutto; a’vizi appellazioni di virtù, ingegno il mentire, gloria ingannare, arte il tradire, dritto la forza. Tal governo distruggitore di civiltà, morale, e religione, scontorcitore delle innate idee di giustizia, incapace a crear nulla, nè unione, né fortezza, nè concordia, né sapienza, pur proclama Italia una; e per unirla la disunisce in ogni terra, in ciascuna famiglia.
Per tenere quest’anarchia imperante bisogna il terrore; quindi stato d’assedio ascoso o aperto, dalla prima entrata del Piemonte, poi con le leggi Pica e Crispi reso legale e stazionario ; quindi norma di governo la menzogna e il fucile. La Guardia nazionale, composta di molti felloni da D. Liborio, diventò Guardia pretoriana della rivoluzione, serva di tutti i governanti; prostrata al Garibaldi, al Farini, al Nigra, al San Martino, al Cialdini, e a’prefetti posteriori; spia, carceratrice, serva dello straniero, tiranna della patria napoletana. I buoni in essa non possono che fremere e ubbidire.
Europa che creduto a’vituperii de’governi passati aspettava beatitudini, ora questo pandemonio guarda, e tace. Inghilterra e Francia non aveano più Italia ubbidiente e contribuente; ché i suoi principi con la prosperità l’avevano affrancata. Ora la rivoluzione ingoiati tutti suoi beni, l’ha rifatta bisognosa e inerte, e serva di tutti, con la distruzione degli opificii, con gli scioperi degli operai, co’trattati nuovi di commercio, co’debiti a bilioni. Ora gli stranieri sono padroni veri né già solo della potestà nostra, ma sin de’nostri poderi. Ciò Inghilterra e Francia volevano; però questa Italia abbietta questa incielano a parole, e spogliano a fatti. Dove potesse davvero divenir una, la spezzerebbero.

Ricerca a cura del Prof.Renato Rinaldi