” IL DOVERE” n.22 – Forze riparatici dell’incivilimento italiano

doveren 22Ricerca e elaborazione testi del Prof.Renato Rinaldi Da ” IL DOVERE” GIORNALE POITICO,SETTIMANALE PER LA DEMOCRAZIA – Genova sabato 18 luglio 1863 Num. 22
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CENNI SULL’ITALIA MRRIDIONALE lV.
Forze riparatici dell’incivilimento italiano;

Discorsi, nel precedente numero, della repressione del brigantaggio. Ma se questa funesta eredità del passato dimanda rimedi straordinari a severi, e ci ritrae per forza a circostanze che sembrano di altri tempi; ne conforti a pensare che i mezzi di progresso civile che l’Italia possiede, i miglioramenti economici, l’incremento delle industrie e de’commerci, la virtù della educazione popolare, l’innalzamento morale delle classi inferiori, varranno assai più d’ ogni legge eccezionale a vincere il male e ad affrettare i beneficii dell’avenire. Le difficoltà che gl’italiani hanno da superare, sono certamente grandissime, e importa che la forza degli animi sorga pari agli ostacoli. Però è debito loro temprarsi ed educare se medesimi a quella potenza d’intelletto e di volontà, della quale i nostri antichi ci dettero fortissimii esempi, canbattendo vittoriosamente, colla incipiente civiltà de’Comuni del medio-evo; una berbaria ben più profonda e generale di quella che affligge oggidì alcune provincie della penisola, e creando la coltura e l’unità morale del mondo moderno. Che se la politica che ci governa mal risponde al bisogno, ed è più atta ad impiccolire che ad elevare gli animi, l’obbligo di quanti sentono la grandezza del lavoro, che incombe all’Ialia, divenuta perciò appunto maggiore. Non ci addormentiamo sull’opera; guardiamone con sicuro sguardo tutte le parti, le asprezze, gl’intendimenti, ed alla conoscenza del da fare segua volente ed assidua la virtù dell’eseguire.
Gl’Italiani hanno dinanzi a sè uo grave viluppo di questioni apparentemente inestricabili, intorno alle quali si smarrisce il pensiero di coloro che s’arrestano al cominciare dell’erta, invece di salire in alto, e vedere a che punto della sua emancipazione intellettuale e religiosa sia giunto lo spirito umano nell’età nostra.
Se noi prendiamo agomento e scorta a procedere, non da chi va innanzi,ma da cbi resta addietro, o, peggio ancora, da chi vorrebb ritirarsi a barbarie, come cammineremo nelle vie dell’avvenire? Se mai fu necésaario ad alcun popolo, per conseguire alti effetti civili, essere franco della mente ed animoso, ciò si richiede in massimo grado al popola italiano, tanto è vasto e pieno di feroci resistenze e d’insidie il terreno ch’esso deve conquistare a civiltà. Direbbesi l’opera di diverse età, di più generazioni, racoolta in uno stesso momento della sua storia, chiedente simultaneo adempimento in ogni sua parte, sotto pena di precipitare da ogni lato a rovina. E stanno contro di noi tutti gli abusi, tutti i pregiudizi, tutte le tenebre del passato. L’intera falange de’simulacri del medio-evo, la violenta unità del papato e dell’impero, il diritto divino dei re e i privilegi della legge canonica, le ombre superstiti del feudalisrno e la sanguinosa realità del brigantaggio, insorgono ad attraversarci il cammino. E noadimenq noi dovremo obbedire alla chiamata de’tempi, e raggiunger la meta. Una forza ineluttabile attrae i popoli nella luce del vero, del diritto, e della vita. E l’Ialia ha in sè gran parte de’problemi, dai quali dipende il rinnovamento civile, politico e religioso delle nazioni. Sia in noi lo sciogliere gli ultimi vincoli, che la teocrazia del medio-evo, educatrice allora, inutile e tirannica dappoi, impose alla mente umana colla duplice signoria della Chiesa e dell’impero. La libertà della coscienza e la emancipazione delle nazionalità s’attengono, come a proprio centro, alla rivoluzioge italiana, la quale non avrebbe significazione nè intento, se non mirasse ad instaurare colle sue opere questi grandi principii dell’incivilimento moderno.
Ond’è che l’acquisto di Roma e la liberazione di Venezia involgono, non solo una necessità italiana, ma un bisogno universale. E in ciò consiste la legge e la certezza della nostra vittoria; in ciò risiede la forza ohe guida e sostiene l’Italia nel suo maraviglioso risorgere come dal nulla. I due imperi, le tradizioni della legittimità, la mole dogl’interessi ecclesiastici, sono moralmente meno potenti della necessità cimile della vita italiana, che è parte importantissima della vita universale dell’umanità. Per questo l’opinione pubblica delle nazioni è con noi; per questo tutto ciò che, in Europa e fuori, procede a civiltà, a scienza, a libertà, ci è naturale alleato ed amico; laddove ai nostri avversari non rimangono che gli avanzi delle vecchie sette e delle scadute aristocrazie, i complici de’loro malefici, e la feccia degli avventurieri e de’briganti d’ogni paese.
Or mentre le dette questioni dimandano ogni nostra sollecitudine, un vasto lavoro di riforme e di miglioramenti interni, e quasi una nuova creazione fisica e civile dell’intero paese, ci sta sulle spalle nè si potrebbe indugiare a mettervi mano, senza venir meno di forze, di mezzi, e di accordo morale nell’altre imprese. Noi abbiamo lande deserte e paludi da balneare, terre incolte da restituirò all’industria agricola, città neglette e malsane da ristaurare e nettare; noi dobbiamo aprire strade da provincia a provincia, da comune a comune; fornire di eomodi porti coste pericolose ed inospitali; e innanzi tutto, convertire colla educazione una moltitudine ignorante ed abbietta in un popolo intelligente, laborioso ed onesto. E questi due ordini di funzioni nazionali, questi due urgenti doveri s’hanno da proseguire con intendimenti e sforzi contemporanei, perocchè ogni progresso materiale e morale della nazione giovi a renderla più forte contro le ingerenza straniere, e il liberarsi finalmente da queste sia la condizione suprema del pieno svolgimento e della futura consistenza dell’esser suo.
Poco fu fatto sin qui in paragone del lavoro assegnato alla nostra giornata. Nondimeno la grandezza dell’opera è in se medesima una buona premessa del nostro avvenire. Ogni volta che il corso degli umani eventi suscitò in un popolo la coscienza di una grande missione, e la sua vita s’identificò con questioni di universale importanza, l’ufficio e il dovere che i tempi recavano, non tardarono a destare gl’ingegni e ad ispirare le virtù che dovevano compierle.
Del che fanno testimonianza la Grecia, Roma, le Repubbliche lombarde, i tre Cantoni svizzeri, la rivoluzione d’Inghilterra, quella di Francia, la guerra dell’ indipendenza in America, e via discorrendo. Le idee generose,trapassando dalla regione del pensiero in quella della fede che opera e crea, sollevano alla propria altezza gl’intelletti e le azioni degli uomini.
La natura umana s’innalza in proporzione de’fini che la muovono. Nè le corruttéle del passato impediscono i risorgimenti che le età nuove maturano. Dall’età dei tiranni uscirono gli eroi di Maratona e la libertà della Grecia. Dalle dissolutezze del secolo di Luigi XV proruppero, terribile proteste, le generazioni che vinsero, al canto della marsigliese, la vecchia Europa. E nella abbiezioae della nostra servitù nacquero gl’iniziatori della indipendenza e della unità dell’ltalia, e apparve di nuovo nella luce della storia un popolo, il quale, nel breve giro di 12 anni, ci diede l’insurrezione di Palermo, le cinque giornate di Milano, le difese di Roma e di Venezia, Palestro e San Martino, la spedizione di Marsala e la battaglia del Volturno: principii memorabili di cose maggiori.
Certo nè alla nazionale indipendenza, nè alla prosperità materiale, nè alla popolare istruzione, questi tre anni trascorsi dal 60 in poi, recarono il frutto che poteva aspettarsi, se più sapiente e magnanimo fosse stato l’indirizzo delle cose nostre. Nondimeno, nell’ordine dei miglioramenti economici e delle opere pubbliche, il poco e il lento può parer molto e sollecito, in paragone dell’ozio e dell’obblio si lungamente durato. Toccai altrove della rusticità in che giacque sino ai dì nostri gran parte dell’Italia meridionale, senza strade, senza industrie, senza progressi di alcuna specie. Or bene, in tre anni, attimo di tempo nella vita d’ un popolo, la regione adriatica di quelle provincie è già percorsa da una ferrovia che la congiunge ad Ancona e all’Italia settentrionale. Fra pochi mesi quella ferrovia giungerà a Foggia, e poco stante a Bari, ed a Brindisi. Taranto sarà fra non molto egualmente congiunta alle Puglie da un lato, alla Basilicata ed alle Calabrie dall’ altro, e queste a Napoli. Altra ferrovia, perforando l’Apennino, metterà quest’ultima città in comunicazione col capoluogo della Capitanata, e coll’Adriatico. E già da Napoli a Roma non sono più che poche ore di distanza. Le strade nazionali,le provinciali,le comunali, quale ché sial’inerzia della amministrazione pubblica,riceveranno irresistibile impulso dallo sviluppo degl’interessi generali, e da} movimento delle strade ferrate; e a quest’ora alcune si vengono restaurando, altre, per lungo tempo sospese, si proseguono. Da Sapri all’Jonio una grande strada rotabile aprirà utilissime comunicazioni. Gli Abruzzi, quasi chiusi, specialtnente nel versante Adriatico, all’Italia centrale, saranno in breve posti in contatto con questa. Il Consiglio provinciale della Capitanata votò, nell’autunno scorso, l’assegnamento di un mezzo milione di franchi per concorrere alla spesa delle strade del Gargano, regione pressoché impraticabile oggidì, e nido di banditi. Il Parlamento votò varie leggi per costruzione di ponti, per allargamenti e scavi di antichi porti, per apertura di nuovi. La costa calabrese, oggi sprovvedutadi ricoveri e approdi tra Salerno e Reggio, tranne quello mal sicuro di Paola; avrà facile, ampia e bella stanza navale a Santa Venere. Brindisi racquisterà, mercè pruvvide e studiate opere, l’antica vastità ed importanza,ritornando a primeggiare sull’estrema punta d’Italia; quale ultime porto Continentle a chi va da Occidente ad Oriente, e primo a chi dalle coste dell’Asia e dell’Egitto viene a cercare le celeri comunicazioni delle ferrovie europee: vero centro e scala delle future operosità ed influenze Italiane dall’Adriatico insino ai mari deíl’India. Così l’intelletto e l’industria della nazione vanno esplorando i mezzi e le opportunità locali per migliorare le condizioni del paese, schiudere nuove fonti di produzione, di lavoro di prosperità generale. Un’ampia rete di comunicazioni comporrà in un comune vincolo di relazioni sociali l’alta, la media e la meridionale Italia; e già pe’rami delle strade non ancora compiute, e attorno alle coste dei nostri mari; la libertà dei commerci viene strettamente collegando in una grande e progressiva solidarietà gli interessi dell’intera nazione. E il moto rinnovatore sarebbe più celere e più efficace, più fecondi i progressi, il mezzodì della penisola più presto trasformato dalle vecchie abitudini agli studi e ai costumi di una matura civiltà, se non ostassero le lentezze, le forme pedantesche, e forse il mal volere della burocrazia, non tutta amica e sincera al patrio risorgimento.

(Continua)