Non fu un sogno

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Recensiamo un bellissimo libro del Prof.Angelo Palladino che racconta una settimana di azioni combattute a Pontelandolfo tra americani e tedeschi, nell’ottobre 1943.

Una comunità priva di ricordo non solo non ha un passato, ma non ha neppure un presente e non avrà certamente un futuro, perché con e nel ricordo della Storia, nel suo significato epico e morale, si possono affermare quei principi, che sono alla base di ogni società civile, quali la Patria e la Famiglia; con e nel ricordo del nostro corredo di memorie, di sentimenti e di fede è possibile testimoniare nel tempo quei valori ideali e morali, di cui la comunità ha ancora bisogno.
Prologo
Non fu un sogno e pareva di sognare, perché non si poteva pensare che fatti così drammatici e crudeli accadessero nella realtà, presso all’angolo di casa.

Al tempo del devastante secondo conflitto mondiale, ero soltanto un fanciullo in età scolare, ma abbastanza sensibile, per rimanerne profondamente colpito e

conservare il pensiero, lucido e completo, sulle immagini, le cose, le persone, i fatti dei dolenti giorni sperimentati, quando si combatté a Pontelandolfo, presso all’angolo di casa, nella Piana dell’antico Pago: la spianata dello scomparso villaggio di epoca romana, che, nella prima settimana di ottobre dell’anno 1943, durante l’avanzata angloamericana, fu un caposaldo armato, presidiato e difeso da un distaccamento corazzato di soldati della Wehrmacht, con grave disagio e tanta sofferenza per la popolazione residente, costretta a sfollare all’approssimarsi della battaglia.
La cruda realtà di quei giorni di difficile prova, che non hanno avuto la possibilità di diventare Storia, ma costituiscono struttura profonda del vissuto della nostra comunità; che molti, coinvolti dai tumultuosi accadimenti moderni, hanno verosimilmente dimenticato, o stanno per averne un ricordo frammentario e discontinuo, disciolto nel tempo, mi spinge a rievocarne le vicissitudini, per raccontarle con un approccio, che, tra cronaca e storia in chiara sintonia con esse, abbracci, in una inedita visione, Pontelandolfo nel mezzo delle travagliate operazioni belliche, e regali una lettura di fuoco, che si apre alla luce.
Identificarne i dati incerti ed esitanti, custoditi nella memoria, per metterli in ordinata cronologia con i fatti di quegli anni di fuoco vissuti in prima persona, comportava la lettura di un preciso squarcio di storia, che ho effettuato scavando nelle biblioteche pubbliche e private, e la necessità di frugare nei cassetti dello scrittoio, per cercarvi i preziosi frammenti di vita e di pensiero tenuti appuntati sulle pagine ingiallite di un quaderno di antichi ricordi. Nei quali si concretano significative tracce e testimonianze raccolte con i mezzi della conoscenza appoggiati alla vista e all’udito, e riflessioni sul flusso dei fatti di quel tempo e delle loro risonanze emotive maturate con il crollo del regime, che segnava la fine dell’illusione imperialistica, e alla luce degli alti valori ideali: di democrazia e di libertà, decisivi per il futuro dell’Italia, scoperti con la Liberazione.
Dopo un tempo di assoluta, ma fanatica devozione alla Patria, cui faceva seguito l’amarezza della sconfitta, avevo visto e vissuto il passaggio del fronte, con i tedeschi in fuga. Erano, poi, giunte le truppe alleate, e Pontelandolfo era divenuta retrovia di guerra, con soldati di ogni razza e di colore in andirivieni dai piedi delle alture di Montecassino, per la rotabile Sannitica, in una Italia sconfitta, affamata e derisa.
Ma, dopo l’occupazione militare alleata, con ancora negli occhi gli orrori della guerra e sulle spalle il gravame dei sacrifici e delle umiliazioni, si riusciva a trovare la giusta via, con l’energia morale necessaria per tornare a essere se stessi, ed essere liberi.
Un’esperienza aspra e forte la mia, in un’età in cui ogni fanciullo dovrebbe essere lontano dai grandi drammi del mondo, disacerbatasi, il giorno della Liberazione, al suono dei bronzi della chiesa annunzianti la fine della guerra: la più accanita, la più estesa della Storia, che pose in gioco il destino dell’umanità, con un accumularsi di rovine tanto universali e paurose.
Era il suono che chiudeva un’era terribile e apriva l’animo a una nuova speranza; che, con la letizia e l’entusiasmo ritrovati, mi faceva comprendere e apprezzare il bene prezioso della pace riconquistata così a caro prezzo.
Suffragarlo con le crude testimonianze disvelate in questo scritto, vuole servire a darne contezza e a rammentare l’abisso, in cui la guerra, impietosa e annientatrice, seppe precipitare le nazioni coinvolte, per innescare, con un occhio al passato e la raziocinata valutazione del presente, una meditazione performativa nei lettori: i giovani, per capire quanto sia costato costruire il loro presente; gli adulti, per aiutarli a non dimenticare; tutti, per promuovere, nella ragione e nel cuore, l’impegno a favore di una cultura di pace tra uomini e popoli: da vivere e tradurre come impegno ineludibile, teso a edificare una società fraterna, rispettosa del diritto all’autonomia e alle libertà delle nazioni.
E’ quanto di più urgente nella realtà del mondo di oggi, dove le truculenze non fanno che aumentare; il dramma delle migrazioni di popoli delinea uno scenario, confuso e complesso, d’incomprensibilità multiforme, e la sfida del terrorismo stragista, esercitata da un nemico
subdolo e organizzato, congiuntamente a focolai mai più spenti di conflitti in ogni parte della terra c’impauriscono, con la propensione a ondate di odio e di nuove forme di violenza, che l’umanità non riesce a interrompere, e con la minaccia di colpire qualsiasi nazione, qualsiasi popolo, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, mediante l’uso delle armi nucleari in mani sbagliate.

ANGELO PALLADINO