La Sicilia alla Franccia in soccorso di Gaeta

Ricerca e elaborazione testi del Prof.Renato Rinaldi Da:”Ricerca storica dei comuni”Istituto di Studi Atellani- VOL:I 1969

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LA SICILIA ALLA FRANCIA PERCHE’ SOCCORRA GAETA ASSEDIATA
FRANCA MANZO–CAPASSO

Nel novembre del 1860, Pietro Calò Ulloa duca di Lauria, giurista insigne, scrittore, liberale legittimista, è a Parigi, senza mandato ufficiale ma con l’incarico di porre in atto ogni possibile tentativo al fine di indurre il governo francese ad intervenire in Italia, in aiuto di Francesco II di Borbone, il quale tenta, dalla fortezza di Gaeta, l’estrema resistenza contro garibaldini e piemontesi.
Ma l’Imperatore Napoleone III, sollecitato di contro dai rappresentanti del Piemonte, i quali chiedono il ritiro della squadra navale francese da Gaeta, e preoccupato di non peggiorare i rapporti con l’Inghilterra, evita di incontrare il diplomatico napoletano.
Nell’Archivio riservato di Casa Reale – Corrispondenza con i Ministri -, nell’Archivio di Stato di Napoli, è conservata la corrispondenza che in quel periodo di tempo l’Ulloa ebbe con il suo Sovrano. Attraverso essa si rileva l’offerta cessione della Sicilia alla Francia, avanzata da Francesco II.
A tale proposta il Cav. De Mocquart, Segretario particolare dell’Imperatore, reagisce negativamente e le sue parole sono così riferite dall’Ulloa al Re di Napoli:
«La Sicilia? Sarebbe un dono funesto; sarebbe la guerra universale. Vedete che ci accade per la Savoia! Se l’Imperatore potesse aiutare il farebbe senza mostrar avidità, che volete? Spesso le circostanze son più forti di noi».
Invano il duca insisterà per ottenere udienza da Napoleone. Purtroppo non riuscirà che a far pervenire al Re, chiuso in Gaeta, l’eco delle speranze e delle delusioni che gli derivano dalle notizie attinte dagli amici che conta nella Corte francese.
L’8 dicembre 1860 comunica, da Marsiglia, ove si è intanto stabilito, di aver appreso dal conte di Mauryas che «la squadra francese non si muoverà da Gaeta sin al termine dell’assedio, che il governo francese vorrebbe far di più, ma tien le mani legate, ma darà tutte le agevolazioni che potrà». Ma il 26 dello stesso mese scrive: «Lettere che mi arrivan da, Parigi, mi fan conoscere che colà gli uomini del governo si mostrano oggidì alquanto più freddi per la causa di V. M.; ciò viene attribuito al ritorno inaspettato del Principe Napoleone che, per parentela ed ambizione, vi è ostilissimo. Si aggiunga corra voce nei salons la notizia
che l’Imperatore abbia scritto a V. M. di desistere da ogni difesa ulteriore. V. M. saprà meglio di me se ciò sia vero».
La seguente lettera, trasmessa in originale dal duca a Francesco II, sembra troncare ogni trattativa ulteriore:

 

Paris, le 29-12-1860
Monsieur,

Vous êtes venu à Paris dans les circonstances les moins favorables pour obtenir une audience de l’Empereur. D’un coté la grande préoccupation du jour, dont les journaux vous ont donné sans aucun doute connaissance; de l’autre, le départ de la Majesté pour Compiègne, où Elle doit séjourner quelque jour. Elle m’a chargé d’avoir l’honneur de vous exprimer sa regret de n’avoir pas pu vous recevoir comme vous le désiriez et comme Elle l’aurait désiré Elle même. Il n’a pas dépendu de moi que votre demande ne fut accucilliée et, en l’appujant, selon ma promesse, j’ai été heureux d’obéir aux sentiments de sincère estime et de considération très distinguée que vous m’avez inspiré et dont je vous prie, Monsieur, d’agréer l’expression.

Le Secrétaire de l’Empereur – Chef en Cabinet
Mocquart

Ma a tergo di questa lettera, l’Ulloa ha vergato di suo pugno una lunga nota nella quale dice, fra l’altro: «… io m’ero determinato a partire, ma tutti coloro che s’interessan a V. M. mi consiglian a non cedere ancora il campo. Nel Consiglio dei Ministri le idee son cangiate, Waleschy, Thuvenel, e lo stesso Dillant son ora avversari dell’unità italiana».
E più oltre: «Quel che da tutti si nota è l’essersi fatto partir il principe Napoleone per la Svizzera, mentre egli volea condursi in Napoli».
La questione siciliana riaffiora di nuovo: «In quanto alla Sicilia, debbo dire a V. M. che in Francia non se ne gradirebbe l’offerta. Si starebbe contenti invece che V. M. la costituisse con amministrazione indipendente, sotto il governo degli zii o dei fratelli di V. M.».
Sta di fatto che la Francia desidera ostacolare l’unità italiana, ma senza gravarsi di impegni diretti e, soprattutto, senza turbare l’equilibrio europeo. Finisce così, nel gennaio 1861, coll’aderire alle pressioni inglesi e ritira la propria squadra navale dalle acque di Gaeta, per cui all’ultimo Borbone non resta che la resa, il 13 febbraio di quell’anno.

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