PIETRARSA Antico Opificio Borbonico 1840-1860

PIETRARSA ANTICO OPIFICIO BORBONICO 1840-1860

di Antonio Gamboni

“Su la marina di Portici, scendendo a man destra del quadrivio denominato la Croce del Lagno, in que’ campi che Flegrei furon detti in greco, Cremani in latino (da cremare che vuoi dire bruciare) ed Arsi in italiano o Arzi, secondo il nostro dialetto, siede appunto l’opificio di Pietra arsa”.

Queste parole, tratte dalla descrizione di Pietrarsa nella guida “Napoli e sue vicinanze” stampata da Gaetano Nobile nel 1845, meglio di ogni altro forniscono le origini del toponimo del luogo oggetto di queste note: Pietrarsa.

In realtà non si trattava di un nuovo stabilimento ma un trasferimento di quell’opificio meccanico e pirotecnico realizzato nel 1830 in Torre Annunziata e traslocato nel 1837 in appositi locali nella Reggia di Napoli.

In un primo tempo per la nuova installazione era stata proposta la Casina Cinese, costruzione solida ed ampia attaccata al fabbricato dei Granili; poi si preferì ampliare un’antica batteria costiera non più necessaria posta al confine tra San Giovanni a Teduccio e Portici.

A tale scopo Ferdinando II di Borbone emanò in data 6 novembre 1840 un decreto per acquistare dei suoli confinanti con la citata batteria per realizzare il nuovo opificio meccanico e pirotecnico. In realtà si trattava di due pezzi di palude uno appartenente al barone Mirra e l’altro alla famiglia Schiani.

“Uno stabilimento di dimensioni ed attrezzatura sufficienti a tutti i bisogni della Guerra, della Marina ed eventualmente delle costruenti Strade Ferrate” si rendeva

necessario anche “perché del braccio straniero a fabbricare le macchine mosse dal vapore il Regno delle Due Sicilie più non abbisognasse”. Espletate quindi tutte le modalità, iniziò la costruzione del primo edificio per opera dei militari del battaglione zappatori del Genio militare comandati dal Magg. Cesare Mori.

I lavori di trasporto e pesanti, invece, erano sostenuti “da gente proveniente dagli Stabilimenti di pena del Granatello e di Nisida”.

L’area occupata dalle officine era limitata a N.E. dal tratto di ferrovia Napoli-Portici; a N.O. dal mare e dalla ferrovia, a S. e ad E. dal mare; posizione ideale per un trasporto dei prodotti e dei materiali che poteva essere effettuato facilmente sia da terra che da mare.

Con riferimento alla piantina redatta dal Col. Cesare Mori all’epoca del completamento dell’Opificio, dopo aver attraversato la strada di ferro, due modesti cancelli in ferro immettevano su una strada sulla cui sinistra vi erano gli edifici della caserma che ospitava la numerosa compagnia di militari artefici e la chiesa, sulla destra altri locali della caserma e l’ingresso all’Opificio.

Pianta 1841 (Col Mori)

Piantina dell’Opificio di Pietrarsa redatta dal Col. Cesare Mori al tempo della ultimazione dei lavori.