Brigantaggio & co. di Piero Piani

COPERTINABrigantaggio & co. di Piero Piani

Il fascino e la grande popolarità che i “briganti” hanno sempre avuto tra la gente comune e, in parallelo, l’odio feroce che l’ “ordine costituito” da loro manife- stato, sono state ampiamente documentate con tutti i mezzi espressivi possibili. Dai tempi di Ghino di Tacco (celebrato persino da Dante e Boccaccio) a quelli di Mayno della Spinetta, moltissimi briganti sono tuttora personaggi popolari amatissimi e metafore in qualche modo della lotta contro il potere, del riscatto
o del riottenimento di una giustizia più vera. Difensori dei deboli contro i forti, una volta tanto vincenti. Perfino i mai esistiti Robin Hood, Zorro e Lupin godono di una fama planetaria a testimoniare anche la non esclusiva italianità del fenomeno.

Ulteriore prova ne è la popolarità autentica e l’immagine positiva che perdurò fno all’ultimo confitto mondiale, in particolare nell’Italia centro-meridionale di tanti capibanda o singoli banditi, mentre per contro i nomi dei loro più feroci repressori (Cialdini, Manhes, ecc.) sono invece caduti in un oblio totale.
Lasciamoli pure lì anche noi che non condividiamo per nulla il fascino che paiono avere oggi su molta parte dell’opinione pubblica, “sbirri” vari, giudici e giustizialisti forsennati di varia estrazione. Forse però ciò signifca solamente che crediamo di più nella giustizia, che siamo quindi migliorati. Forse.

Dall’800 ad oggi l’alone di romanticismo e quasi un senso eroico aleggia, localmente in particolare, sui nomi di briganti famosi. Un’aura di leggenda e positività circonda in Romagna il Passatore, in Maremma Tiburzi e, più a sud, Gasbarrone, Nicola Morra, Carmine Crocco, Ninco Nanco, Chiavone, Fra Diavolo, ecc. ecc. Musolino poi è ancora ricordato, in “quel” modo, in tutta Italia.

Il brigantaggio è stato sempre un fenomeno complesso, politico e sociale insieme, prima ancora che d’ordine pubblico. Non esiste una differenziazione netta e precisa tra i due termini ed anzi l’uno inevitabilmente infuenza l’altro e viceversa. La miseria, la giustizia quasi mai giusta, i soprusi dei signorotti locali e, con il Regno d’Italia, la coscrizione obbligatoria, lo favorirono indubbiamente come fenomeno, anche, di massa.

Senza scomodare Gramsci e la sua ben nota analisi, esclusivamente sociale ed assolutoria, è certo comunque che quel periodo nel nostro sud è oggi oggetto di una revisione critica profonda. Si sta forse esagerando nel “beatifcare” in chiave di orgoglio localistico troppi assassini, ma sono storicamente accertati ed indubbi anche i comportamenti criminali delle istituzioni. Non vorremmo allargarci troppo, ma qualcosa di simile, più a nord, localmente ed episodicamente, è accaduto cento anni dopo.

Vero è che, in taluni periodi del nostro Risorgimento, molti briganti, quasi tutti rozzi analfabeti, erano fnanziati da regimi perdenti ed autori assai spesso di efferati delitti. E’ stata sempre e comunque del tutto barbara la ferocia repressiva esercitata dalle autorità pubbliche, molti decenni dopo Beccaria; basti ram- mentare che era richiesto, e suffciente, portare il capo mozzato di un qualsiasi bandito per avere anonimamente il denaro della taglia e l’impunità assoluta, anche pregressa.

Tra il 1861 ed il 1865 poi,(qui in larga parte do- cumentato) il brigantaggio post-unitario assunse le vesti di un’autentica guerra civile, naturalmente persa in partenza e repressa con molti più morti di quanti tutte insieme e da tutte le parti le guerre per la nostra indipendenza ne avessero causati. Decine di migliaia (la cifra vera non è mai stata comunicata) di civili inermi e del tutto incolpevoli furono massacrati senza pietà, e ben 120.000 furono i militari impegnati, nel 1863 ad esempio, nella lotta al brigantaggio.

Questa raccolta è stata iniziata anni fa nell’intento quasi esclusivo di documentare tutte le “rivoluzioni tradite” che stanno certamente all’origine di molte degenerazioni brigantesche. Gente che si è “fatta brigante” dopo aver generosamente rischiato la vita, aver visto morire cari amici e fratelli, dopo aver abbandonato affetti, beni e una vita tranquilla in nome di ideali forti, per contribuire a cambiamenti importanti, a rivoluzioni sentite come indispensabili. Sempre sono stati crudelmente delusi, traditi non dalla pur possibile e messa in conto sconftta da parte di un nemico assai più forte, ma dall’ordine, dal compromesso, dalla delusione di vedere che nulla era, poi, cambiato davvero dopo una vittoria ottenuta con tanto generoso sangue e sacrifcio.

La materia, vastissima, necessitava di ben altri approfondimenti, ricerche, analisi; ci siamo rassegnati man mano a fermarci qui, così. Chi, acquisendo il lotto o meno, vorrà e saprà proseguire, ci vedrà sempre vicini ed partecipi.

La raccolta che presentiamo, di oltre 500 schede, è composta da circa 100 bandi originali e 400 tra libri, stampe, cartelloni e qualche altra curiosità.
Dagli scaffali della Libreria Piani di Bologna

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