Discorso del deputato Ferrari 2 dicembre 1861

cop leggiTORNATA DEL 2 DICEMBRE- 1861- PAG.79-
PRESIDENZA DEL COMMENDATORE TECCHIO, VICE-PRESIDENTE
SOMMARIO. Congedi, = Giuramento di alcuni deputati, = Discussione generale, ed interpellanze sulla questione romana e sulla condizione delle provincie meridionali – Discorso del deputato Ferrari contro l’operato del Ministero – Discorsi in merito ed in favore, dei deputati Alfieri e Massari – Spiegazioni personali del deputato Lazzaro – Discorso del deputato Musolino, in opposizione agli atti ministeriali, circa la questione romana – Continua questo discorso.

La seduta è aperta alle ore una e mezzo pomeridiane. MASSARI, segretario, dà lettura” del processoo verbale dell’ullima tornala, che è approvato,
MISCHI:segretario, espone il seguente punto di petizioni,e gli omaggi :
7610. Zonino Stefano, di Pontinvrea, circondario di Savona, provincia di Genova, chiede che l’unico suo figlio Giuseppe, chiamato a far parte della leva del 1860, venga esentato dal servizio militare.
7611, Petit Giuseppe’,già’ inserviente presso la direzione della casa di pena in Milano, domanda un aumento di pensione equivalente ai servizi prestati durante 42 anni.
7612, I segretari comunali del circondario di Casale uniscono le loro istanze a quelle dei colleghi di altre provincie, perchè colla nuova legge comunale sia definitivamente provvisto alla loro sorte.
7013, 5OO cittadini proprietari dell’isola d’Elba, nel lamentare il monopolio che sulle proprietà esercita l’amministrazione delle miniere, fanno istanza perchè quell’isola venga parificata,anche nei rapporti della legislazione delle miniere, al rimanente della Toscana,
7014, Cristi Giuseppe, di Bologna, reclama il rimborso di un credito stato riconosciuto dal Governo pontificio,
7015, Il sindaco di Rimini trasmette un’istanza della ditta Legnani per diminuzione del prezzo del sale occorrente alla fabbricazione della soda,
7616, Giulia Giuseppe, da Napoli, capitano dello disciolto esercito borbonico, collocato a riposo, domanda gli sia accordata l’intiera pensione attribuita al grado di cui era rivestito.
7617. Gli addetti al servizio delle carceri in Napoli ricorrono perchè loro sia aumentato lo stipendio.
OMAGGI,CONGEDI E GIURAMENTO DI ALCUNI DEPUTATI

MISCHI, segretario. Il commissario straordinario delle finanze in Napoli, signor Sacchi – Sunto delle osservazioni del cessato dicastero delle finanze (6 esemplari).
Prefetto della provincia di Parma- Atti del Consiglio provinciale, Sessione 1861 (16 esemplari).
Dalgas dottore Gustavo, da Firenze – Sulla legislazione mineraria e le scuole delle miniere (50 esemplari).
Bonaini Framcesco, da Firenze -Studi Intorno agli archivi del1e provincie dell’Emilia (2 esemplari) , ed uno scritto del cavaliere Leopoldo Galeotti, deputato, concernente l’istituzione dell’archivio centrale di Stato in Firenze (100 copie).
Castiglioni Pietro, dottore, ex-deputato, da Milano – Errori prodotti dalle cifre medie nella stalistica (un eaemplare).
Minervini Luigi, deputato, di Napoli – Suo programma parlamentare per la corrente Sessione (50 esemplari).

PRESIDENTE.I deputati Boggio, Guerrazzi, Pace, Sinibaldi, Giacchi e Bianchi scrivono che per ragioni di salute o per affari urgenti non possono intervenire alla seduta.
(Prestano giuramento i deputati Abatemarco, Imbriani, Nicotera,Lazzaro,Pancaldo, Ugdulena, Beretta, Vacca, Cedrelli e ,Argentini)

INTERPELLANZE SULLA QUESTIONE ROMANA E SULLE CONDIZIONI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI

PRESIDENTE. Sono all’ordine del giorno le inlerpellanze al Ministero intorno alla questione romana ed alla condizione delle provincie di Napoli e di Sicilia.
Accordo facoltà di parlare al deputato Ferrari. (Segni d’attenzione)
FERRARI. Signori, approfitto della cortesia dell’amico mio Musolino, che mi ha ceduta la parola, per parlare il primo in quest’importantissima questione.
Io mi sono sempre rivolto a voi come chi guarda all’avvenire,senza pensare a me stesso, e direi quasi senza politica.

Voi mi avete atre volte benevolmente ascoltato, riconoscendo che io parlava per obbedire al primo mio dovere di darvi il consiglio che emanava dalla profonda sincerità della mia coscienza. Altro ora non vi chiedo, o signori, le non di accordarmi la medesima benevolenza ebe pure m’era accordata dal signor Conte Di Cavour, quando, proclamando egli in questo recinto che Roma era la capitale d’Italia, io mi era costituito suo oppositore,
Voi sapete, o Signori, che il conte Di Cavour era pazientissimo della polemica, e che Intendeva il dubbio, intendo dire quel dubbio che precede, e che deve sempre precedere, ogni grande impresea, Egli quindi mi ascoltava quando io gli diceva: signore, la vostra proclamazione di Roma a capitale è atto grande, ma rifletteteci: o quest’atto è troppo acccademico e per sè stesso inferiore alla dignità di questa Assemblea,oppure è atto troppo concludente,e che c’impegna ad un tentativo quasi impossibile.

ferrariridOMISSIS PAG 80 E 81

CAMERA DEI DEPUTATI – SESSIONE DEL 1861
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Il regno era ordinato definitivamente e assicurato in ogni sua parte ,e poteva durare 5OO anni come quello di Alboino.

OMISSIS….
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(L’oratore riposa alcuni minuti)
PRESIDENTE. L oratore è Invitato a continuare.
FERRARI. lo debbo adesso,o signori,parlarVI del Mezzodì,di questa parte annessa cbe ha sconvolto la nostra primitiva politica, e cbe deve servire d’esempio per conquistare, moralmente prima, e materialmente dopo, la rimanenle Italia.
Io lascio ogni particolare per la ragione cbe ciò spetta agli indigeni, i quali meglio di me conoscono il proprio paese, e mi limito a trattenervi della gran piaga, del flagello lerribile dei briganti.
Io non voglio esagerare l’importanza dei briganti. Io mi propongo anzi di attenuarla e di ridurla alle dimensioni cbe ci lascino la speranza della vittoria non solo sui briganti, ma sui partigiani cbe potessero prevalersene. Si, avete forse ragione, i briganti non sono cittadini, la guerra loro non è politica, non sono sostegno di alcun Governo, e vi accerto che i briganti sono innanzi tutto ladri, e, se occorre, assassini. Nessuuo può chiedere il loro soccorso, nessuno può associarsi con loro; nessun borbonico, per quanto cospicuo, può avventurarsi con essi. Forse potrà vederli nelle sale di Roma, ma non1 certo sulle montagne del mezzodì. (Ilarità)
E’ dunque inteso cbe è necessità prima, necessità assoluta di distruggere i briganli, e conveniva distruggerli, signori, nell’uno o nell’altro dei due modi seguenti.
Il primo modo cbe io desiderava consisteva nel dotare quel paese delle leggi nuove da lui desiderate e nel seguire il corso della rivoluziolle, lasciandola sotto i suoi naturali capi, e specialmente sotto Garibaldi. Senza entrare in alcun dettaglio, senza esporre in questo momento alcun piano di amministrazione, intendete che il principio che aveva liberato il Mezzodì poteva compierne la liberazione;ed io riassumevo altre volte il mio pensiero in questo recinto, dicendovi che il torto del Govrrno era di non essere amato, e che conveniva di farlo amare, perchè Senza l’amore non si fondano i regni.
Io desiderava dunque che la rivoluzione stessa distruggesse il brigantaggio, tanto piu’ che ogni Stato, e voglio dire ogniprovincia di sette milioni d’uomini non ha bisogno di guardie di polizia spedite da un’altra provincia; ogni vasta circoscrizione contiene uomini capaci di mantenere il buon ordine e di slabilire la pubblica sicurezza. Nè in massima ci è permesso di considerare uno Stato come indisciplinato,come ingovernabile: simili asserzioni implicherebbero la nostra condanna. Spettava adunque alle provincie recententemente annesse il riformarsi da sè stesse, col nostro soccorso,
coi nostri principii, col nostro dominio, se volete, ma innanzi tutto colla sua propria spontaneità e con una politica amorevole, percbè amorevolmente invocata.
Erasi in secondo luogo, lo confesso, un altro modo di governo, quello della forza; intendo cbe si poteva inviare un numero sufficiente di truppa,di carabinieri, di uomini capaci di mantenere l’ordine pubblico, fincbè il tempo sospirato dell’amore potesse giungere.
E difatti mille volte i signori deputati napolitani da tutte le parti di quest’Assemblea banno chiesto cbe s’inviassero armati, che si spedissero guardie di sicurezza pubblica, e cbe si impiegassero, come si diceva, mezzi energici.
Ora, in qual modo il Governo provvide ai bisogoi urgentissimi dell’antico regno di Napoli? Appena sciolta la nostra Assemblea, da luglio a novembre,le guerriglie si moltiplicano, tutti i giornali raccontano un’iliade di combattimenti, la stessa gazzetta ufficiale per ben due mesi ci narra fatti luttuosissimi cbe attristano l’Europa, che destano la meraviglia del Moniteur ‘di Francia, e cbe poi essa stessa si decide a coprire con prudente silenzio.
Per comprendere l’estensione di tanti disastri basterà il dire che dal giugno al novembre più di ottanta villaggi furono invasi e cbe ogni invasione suppone cento scene di terrore. Diffatti il brigante giunge di notte, In poche ore impone taglie, prende viveri, cavalli, munizioni,organizza il furto, spaventa tutti coll’assassinio, coll’incendio, colpisce i suoi nemici, i magistrati, i sindaci, i liberali, e supplisce al tempo cbe gli manca colla rapidità dell’esterminio, perchè allo spuntare del,giorno,alla prima truppa che giunge,bisogna cbe fugga sulle montagne.Quante ,vittime in una sola invasione!
Dunque più di ottanta villaggi furono taglieggiati,sconvolti,insanguinati, dati in preda al saccbeggio. (Movimenti)
Questo è disordine,nessuno me lo contesterà. (Sussurro)

Voi potrete dirmi cbe questo è disordine fatale, cbe non ne siete responsabili; ed io ascolterò religiosamente la vostra difesa; ma, in fondo, non possiamo dissimularci che flagello dei briganti sussiste oggi ancora, e non sta per cessare,
Ma,signori, se il disordine del brigantaggio è grande, e se potete addurre per iscusa cbe l’avete combattuto e in parte represso, quale è stata la vostra repressione? Esaminiamola.
E perchè parlo del ministro, e non d’alcunu’altra responabilità, io qui dichiaro che non intendo per nessun conto mettere in discussione la condotta dei nostri soldati. La nostra truppa è ottima quanto quella d’ogni più distinta nazione. Cento volte mi Sono incontrato con ufficiali superiori ed inferiori, con semplici soldati, e non ho trovato cbe una continua cortesia ed una pazienza veramente esemplare in una guerra atrocissima e nel tempo stesso faticosissima.
Molti comuni, specialmente nel distretto di Gerace,attesstarono pubblicamente la loro riconoscenza per i soccorsi ricevuti, e senza addentrarci in più minute particolarità, la nostra truppa, caso eccezionale, va esente nel mezzodì, per quanto la natura lo comporta, anche da quella taccia di alterezza e di orgoglio pur sempre abituale in chi porta la spada ed espone la propria vita ad ogni istante per dovere. Ciò proviene dal confronto cbe ogni meridionale può instituire tra l’antica e la nuova armata. La prima aveva ufficiali insolenti, maneschi, imitatori di quei borghesi, di quei nobili, che nelle vie di Napoli io ho visto schiaffeggiare e frustare in faccia i cocchieri, senza che questi se ne risentissero menomamente, nemmeno per toccarsi il viso insanguinato.
Ora ognuno vede che nessun tenente, nessun caporale, nessun uffiziale italiano sogna simili enormità, come pure nessun soldato italiano soffre il bastone. Ciò posto, e ben intese queste dichiarazioni, qual uso avete voi fatto della nostra giovane armata? Voi l’avete lanciata in numero scarso, insufficiente, esposta a rovesci in faccia a insidiosi nemici; voi l’avete messa nella situazione tragica di sorpassare ogni forza umana, supplendo all’insufficienza col terrore pur sempre legittimo dove milita il sacro diritto della bandiera e della rivoluzione.
Senza dubbio dispregevoli e miseri sono gli scarsi militi del brigantaggio, ma sono figli delle montagne, inaccessibili nelle ritirate, formidabili nelle sorprese; sono scarsi, ma a cavallo, disciplinati, organizzati, sussidiati da mille intelligenze e capaci di moltiplicarsi subitamente e di attorniare ogni gruppo di soldati, traendo seco una folla di villici sparsi nelle campagne dove sembrano contadini. Seno briganti, ma il suolo li favorisce a tale cbe una capitale proporzionatamente grande due volte più di Parigi e un perpetuo dispotismo furono sempre necessari per tener libere le vette di tanle montagne. Sono briganti, ma ad ogni rivoluzlione di Napoli essi contano come una forza politica. Ne’tempi del malgoverno essi pullulano come i vermi in un corpo ulcerato, e tanto nel 1799,quanto nel 1814,i padri degli attuali combattenti riconducevano i Borboni sul trono di Napoli. Sono briganti, ma hanno una bandiera,sussidi potenti cbe possono ingannare l’ignoranza generale; sono briganti, ma numerosi sono i sacerdoti cbe i nostrl tribunali proscrivono come emissari a sostegno della passata tirannia; sono briganti, ma il partito borbonico sussiste; la sua estensione é visibile in ogni elezione. Le imposte, la guerra, mille incertezze possono alterare ad ogni tratto la proporzione delle forze in un popolo ancora più mutabile del francese, Sono briganti, ma infine prevalenti contro i militi non sostenuti dalla polizia, né dai bureaux in gran parte invasi dai borbonici,
Dunque cbe cosa avete voi fatto della nostra giovane armata, gettandola in faccia ad una causa terribile, nemica? Io non ho l’onore di aver combattuto ai fianchi dei capitani e dei colonnelli del mezzodi, ma io so per gli esempi della Francia, dell’Inghilterra, della Germania, che cosa ha dovuto fare la nostra armata. cbe non poteva lasciar disonorare la nostra bandiera, né la nostra libertà, e cbe trovavasi investita del diritto di Robespierre, del diritto di rivoluzione. Essa ha dovuto procedere collo spavento, combattere con furore, lasciar fare ogni ausiliario sconosciuto, adottare ogni sòspetto e credere giustizia ogni vendetta.
Io mi avanzo coi militi e scopro in questa villa la paglia che ha servito di letto al nemico: fuoco! e innanzi! Voi direte forse che convien prima verificare il dubbio,convocare i testimoni,verificare ogni fatto,ricorrere ai giudici.Sì ma ad ogni minuto una vedetta si ripiega,ad ogni istante una staffetta sparge l’allarme, ad ogni esitazione il nemico vi crede intimorito; non si può attendere un giorno, non un’ora, quando un minuto espone i nostri, e quindi la paglia parla da sé.
Dunque il villico che scempiamente mi fugge, mi teme e balbetta una stolida scusa diventa mortalmente pericoloso. Dunqne una donna che perde la presenza di spirito sembra
complice de’ladri in fuga e che stanno per ripiombare sopra dei nostri. Dunque questo pecoraio che porta viveri nella campagna va a soccorrere i briganti e non si può lungamente deliberare sulla sorte sua. Dunque questo bifolco che possiede un fenile, questo fattorino che porta un riscatto per liberare un prigioniero de’ladri, per salvare il tugurio minacciato,sono sospetti, sono forse d’accordo coi nemici. Dunque questo villaggio, che la paura ha obbligato ad inalberare di notte la bandiera borbonica , cela forse un piccolo esercito; convien espugnarlo, invaderlo con chi assecondala truppa; un indugio lascierebbe ingrossare il nemico, perderebbe cento villaggi.Dunque si avanza colla face alla mano, si combatte disperatamente : quanti prigionieri! Chi può rilasciarli? chi giudicarli? E già nuove detonazioni annunziano i ladri, forse loro amici. Che fare? Pensateci.
Intendete le tragedie che si svolgono al seguito delle nostre stesse vittorie. Nel turbinio degli avvenimenti le nuove si ingrandiscono, le morti si moltiplicano nelle immaginazioni del volgo, il terrore prende mille forme, il silenzio paralizza la lingua Del cittadino che, reclamando, teme di essere sospetto, e la confusione giunge a tal punto che io a Napoli non poteva sapere come Pontelandolfo, una città di 5000 abitanti,fosse stata trattata.

Io ho dovuto intraprendere un viaggio per verificare il fatto cogli occhi miei. Ma io non potrò mai esprimere i sentimenti che mi agitarono in presenza di quella città incendiata.MI avanzo con pochi amici, e non vedo alcuno; pochi paesani ci guardano incerti; sopravviene il sindaco; sorprendiamo qoalche abitante incatenato alla sua casa rovinata dall’amore della terra, e ci inoltriamo in mezzo a vie abbandonate. À destra, a sinistra le mura erano vuote e annerite,si era dato il fuoco ai mobili ammucchiati nelle stanze terrene e la fiamma aveva divorato il tetto; dalle finestre vedevasi il cielo. Qua e là incontravasi un mucchio di sassi crollati; poi mi fu vietato il progredire; gli edifizi pontellati minacciavano di cadere ad ogni istante. Ricevetti l’ospitalità in una delle tre case risparmiate per ordine superiore;ma in faccia sorgeva la casa o quasi il palazzo Gugliotti incendiato, rovinato.Tutto un museo di abiti e di medaglie antico era scomparso nelle fiamme, tutte le gioie erano perdute nelle macerie.
Chi può dire i dolori di quella città! E quando volli vedere più addentro lo spettacolo celato delle afflizioni domestiche, mi trassero dinanzi il signor Rinaldi, e fui atterrito. Pallido era, alto e distinto nella persona, nobile il volto; ma gli occhi semispenti lo rivelano colpito da calamità superiore ad ogni umana consolazione.
Appena osai mormorare che non cosi s’intendeva da noi la libertà italiana, Nulla io chiedo,disse egli, e noi ammutimmo tutti. Aveva due figli, l’uno avvocato, l’altro negoziante, ed entrambi avevano vagheggiato da lontano la libertà del Piemonte, ed all’udire che approssimavansi i Piemontesi, che così chiamasi nel paese la truppa italiana, correvano ad incontrarli. Mentre la truppa procede militarmente , i saccomanni la seguono, la straripano, l’oltrepassano, e i due Rinaldi sono presi,forzati a riscattarsi, poi, dopo tolto il danaro, condannati ad istantanea fucilazione.
L’uno di essi cade morto; l’altro ,viveva ancora con nove palle nel corpo; e un capitano gittavasi a ginoccbio dinanzi ai fucilatori per implorare pietà; ma il Dio della guerra non ascoltava parole umane e l’infelice periva sotto il decimo colpo tirato alla baionetta. Rinaldi possedeva due case, e l’una di esse spariva tra le fiamme, e appena gli uffiziali potevano spegnere l’incendio che divorava l’altra casa. Rinaldi possedeva altre ricchezze, e gli erano rapite; aveva altro…e qui devo tacermi, come tacevano dinanzi a lui tutti i suoi conterranei.
Quante scene d’orrore: Qui due,vecchie periscono nell’incendio; là alcuni sono fucilati,giustamente, se volete,ma sono fucilati;gli orecchini sono strappati alle donne;i saccomanni frugano ogmi angolo;il generale,l’uffiziale non possono essere dappertutto: si è in mezzo alle fiamme, si sente la voce terribile: piastre! piastre! e da lontano si vede l’incendio di Casalduni, come se l’orizzonte dell’esterminazione non dovesse avere limite alcuno.
Mai non dimenticherò il 14 agosto, mi diceva on garibaldino di Ponlelandolfo.

Sul limitare di una delle tre case eccettuate dall’incendio egli gridava ai villici di accorrere, li nascondeva nelle cantine, e, mentre si affannava per sottrarre i conterranei alla morte, vacillante, insanguinata una fanciulla si trascinava da lui, fucilata nella spalla, perché aveva voluto salvare l’onore, e quando si vedeva sicura, cadeva per terra e vi rimaneva per sempre.
Intendo la vostra voce, l’inesorabile voce di tutti i burocrati italiani, non si poteva fare diversamente. Ma in che aveva Pontelandolfo fallito? Ve lo dirò io: Pontelandolfo ha il torto di essere fieramente atteggiato su di un monte in mezzo ai monti, in mezzo alla catena del Matese, d’onde a trabalzi si va dallo Stato romano fino a Cancello, a un’ora da Napoli. Da Pontelandolfo si scopre un’immensa estensione di terreno ondeggiante e quasi danzante, e nessun mille, nessuna pattuglia potrebbe avvicinarglisi senza essere scoperta a più miglia di distanza. Indovinate l’importanza di questo posto per i briganti, se potevano accamparvisi, se potevano concentravisi i briganti e la malagente di Morcone, Fragnatello, Campolattaro, essi potevano spargere il terrore fino nei dintorni di Napoli; e difatti appena si udì che Pontelandolfo era da essi invasa, il terrore del dintorni fu tale,che fino a Solopaca le autorità inviarono le donne e i fanciulli a Napoli, raccogliendo ogni arma per resistere.
Ma il sacrifizio di Pontelandolfo ha forse distrutto i briganti? Il 1° novembre io non potei avviarmi a quella volta senza ricevere molti consigli di prudenza ed anzi un vero biasimo sul mio progetto. Quando giunsi a Maddaloni, e mi presentai al comandante per chiedergli due o tre uomini, per avere un’apparenza di difesa, mi rispose: non potermi dar meno di venti uomini, se no i briganti ci fucilerebbero; gli ordini di Napoli essere precisi. Ben presto congedai tanta scoria;ma quando a sera di ritorno da Pontelandolfo, scherzava cogli amici sui nostri innocui revolvers, il vetturino ci disse sorridendo: ecco gli amici, e vedemmo il fuoco dei briganti che si rìstauravano nella grotta di Santa Maria, d’onde erano visti da tutto il paese in giro a tre leghe di distanza, e dove nessuno pensava alla possibilità di assalirli.
Dopo questo fatto, o signori, io non vi parlerò di nessun altro, nè di Crotonei, nè di Gioia, nè di nessun’altra città, poichè io troppo rispetto il vostro dolore, e troppo ne sono io partecipe.
Io finirò richiamandovi che il tempo è giunto di riconoscere la situazione, e di riconoscerla solennemente. Nulla di grave; non ci sono piaghe insanabili; ma qualcosa vi è da sanare,ed è la vostra politica. Se vi ricordate gli antecedenti delle attuali tragedie, la mia prima parola sul mezzodi fu di non precipitare l’annessione, per lasciare il meodo alle proprie correnti,salvo il rispetto a quei momentanei confini che impunemente non potevansi distruggere. Piu’ tardi, manifestatosi il malcontento ed anzi i torbidi, io vi proposi di fare un’inchiesta affinchè una metà della nazione conoscesse appieno l’altra metà, e le due parti della Penisola si unissero fraternamente; mi rispondeste essere l’inchiesta inutile, i mali passeggeri; e adesso io non vi domando più l’inùchiesta, o almeno lascio la parola agli avvenimenti, e ascolterete altri oratori assai piu’ competenti di me, e voi vedrete se le vite e la ricchezza degli abitanti siano o no state compromesse; se la piaga del brigantaggio sia veramente cicatrizzata; se il sangue dei nostri soldati che voi avete lasciati sempre in iscarso numero, in posizioni tragiche e disperate, sia stato risparmiato. Voi vedrete se il sangue stesso degli uomini giustamente sacrificati onori il giovane regno, il quale sorge pure sulla terra dove Filangieri e Beccaria predicavano umanità, e dove sotto i migliori Governi napoletani si viaggiava sulle montagne coll’oro in mano. Fate voi stessi la vostra inchiesta: vedete se non avete permesso alla reazione di scoppiare, ai briganti di corrompere interi paesi, alle popolazioni di molti luoghi di turbarsi riflettendo all’avvenire promesso dalla nostra rivoluzione.
Invero noi non abbiamo perduti i nostri amici, e giacchè ho citato Rinaldi, io vi ripeterò le parole che mi disse: non domando niente, non mi lamento di nulla. Gli amici della libertà sono pronti ad ogni perdono; ma essi vi guardano e attendono molto da voi. (Sensazione)

Io più non abuserò, o signori, della vostra indulgenza, e solo vi dirò che appena cominciate le vacanze io andava a Parigi, dove sperava di ritornare momentaneamente alle mie tranquille occupazioni, quando i tumulti del mezzodi vennero a turbare i miei sonni. Io più non poteva nè scrivere, nè pensare ; i miei stessi amici mi scacciarono amorevolmenle, ed io, pensoso, dubbioso, tristissimo, intrapresi il viaggio delle Due Sicilie.