L’incendio di Pontelandolfo di Nicolina Vallillo

Da “RIVISTA STORICA DEL SANNIO.Anno V (1919)-Num.VI – pag.213.

L’ INCENDIO DI PONTELAND0LFO di Nicolina Vallillo.

E’ uno degli episodi più dolorosi del periodo delle reazioni dopo il 1860. Reso agopmento di giudizi disparati,secondo le opposte tendenze politiche,l’incendio di Pontelandolfo non è sempre giudicato con imparzialità, anche trascorso oltre un mezzo secolo. Giova quindi racaogliere tutte le tracce delle reminiscenze già prossime a scolorirsi.

Perciò parrà meritevole di osservazione il racconto-benchè incompleto- di una giovane insegnante,appartenente a famiglia di Pontelandolfo. Tale fu spesso ravvolto dagli incendi.
Quelli dell’epoca del primo Re di Sicilia e di Ferrante d’Aragona furono lacrimevoli come l’ultimo,destato tra le ire esecrande delle guerre civili?.. Le linee che meglio ne segneranno l’orrore stanno negli atti del Parlamento (VIII legislatura-tornata del 2 dicembre 1861) impresse dal sentimento di giustizia di Giuseppe Ferrari.
Senza ritenere indiscutibili le affermazioni appresso conenute, invitiamo chiunque ne dissentisse a contradirle apertamente; poichè la ricerca dei fatti del ’61 acquista speciale valore quì,dove le asserzioni prive di fondamento sono esposte alle facili smentite dolo l’opinione generale.
Antonio Mellusi
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Avevo appena nove anni quando la mia famiglias si stabilì a Campobasso .Un giorno,mentre eravamo in trattoria,un Capitano di Fanteria, accarezzandomi,mi domandò: -Di quale paese sei? -Di Pontalandofo,signore risposi.
Il Capitano,a tale risposta,aggrottò le ciglia ed esclamò : -Ah! tu appartieni a quel disgraziato Paese?-E volgendosi agli amici,narrò tante cose che io non capii. L’ultima espressione colpì il mio cuore di fanciulla:-E il paese fu incendiato…persone bruciate,molte fucilate!

Domandai alla mamma il perchè di quell’incendio ed ella mestamente mo rispose:

-Avevo l’età tua,figlia mia ,e ricordo ben poco. Quello però che non si è cancellato dal mio cuore è il ricordo di un’alba serena di Agost :di quell’alba che si aanunziò a noi con grida,strepiti,singulti e suoni di campane…Il paese bruciava e noi tutti fuggimmo per vie deserte verso la campagna. Tuo Nonno,i tuoi zii,si distaccarono da noi perchè guai se i soldati li avessero visti in nostra compagni.Essi avevano avuto l’ordine di fucilare tutti i nostri uomini;e ciò perchè giorni prima il paese era stato messo in rivoluzione da una raccolta di armati,scesi dalle montagne vicine,gridando:”Viva Francesco!”
Mentre andavamo col Cuore gonfio d’angoscia per una viuzza solitaria,scorgemmo due soldati che discorrevano liberamente.Uno diceva:-Vedi io ho preso questo;-e mostrò un involto di suola.L’altro,con sorriso sprezzante:-E cosa ne fai?buttala.Guarda invece che ho preso io.-e mostrò una cassettina colma di oro.
Intimorute,raggiungemmO la campagna.

Intimorite ,raggiungemmo la campagna.Lì restammo alcuni giorni e quando potemmo far ritorno trovammo la casa completamente svaligiata.Ma non fummo i soli a dover piangere la profanazione della dimora;e cose ben più tristi successero nel paese sventurato. Ovunque erano mucchi di macerie ancora fumanti,ovunque era pianto e miseria.

Poi il lavoro fu riprreso con calma e si assopì il ricordo doloroso…Figliuola mia,ecco ciò che ricordo.

Il racconto di mia madre non soddisfece la mia curiosità,nè fecemi veder chiaro il quadro.Fattami grande e non dimenticando le parole del Capitano,volli conoscere la sventura del mio paese posto tra il Molise ed il Principato Ulteriore,a sud-est del Matese:di quel ridente paesello.

E la storia,raccontatami da persone che per foertuna riuscirono a scampare da quei pericoli,è molto triste.c
Nel 1861 (ecco ciò che riuscii a raccogliere da persone di Ponteland e a chiarire coi libri) regnava nel paese un malcontento per il cambiamento del Governo,malcontento dovuto non solo all’opera turbolenta di pochi,ma al fanatismo dell’Arciprete di Pontelandolfo,Epifanio De Gregorio;-uomo assai ripettabile al di fuori della politica,-il quale esaltava l’ignara fantasiacon la religione,facendo rilevare come il nuovo governo tendesse a scacciare dagli animi il sentimento religioso.
Egli esaltava oltremodo i Borboni,come bene si rileva dal suo libro “L’astro delle tenebre”.
Valga questp brano, “Innalzava il Re quelle luci,che vidi ancor io una volta a cagione religiosa pel mal represso pianto inturgidito,allorquando nell’ottobre 1844 la sorte ci sorrise propizia,concedendoci di vedere per queste contrade l’amatissimo nostro padre Ferdinando II. Fu allora che in mezzo a calca sterminatatissima di popolo che mi seguire per farsi lieto d’incontrare il caro ed amorevole padre, e festeggiare con le note dell’entusiamo l’arrivo di sì amato e riverito monarca:fu allora,dico,che dopo aver io presentato gli omaggi i piu’ sinceri e ferventi da parte di tutti questi buoni e pii miei figliuoli,la devozione dei quali all’ottimo dei monarchi io solamente garantiva,tenni una breve allocuzione all’uopo;ed essendomi in essa per una volta suonato sul labbro il dolcissimo nome della Genitrice di Dio,della quale il venerato nostro Prence è tanto teneramente devoto;lacrime furtive e prenuncio dell’interno fuoco di pietà e di devozione,apparirono terse e cocenti su quell’occhio augusto,talchè teneri si fecero gli animi dei circostanti,in modo che il pianto del grande tra i Re ebbe il simulacro nelle lacrime pietose di tutti.”
Certo è che i poveri contadini pendevano dalle labbra dell’arciprete,ed agivanoi come egli voleva.
Stavano così gli animi turbatiper il nuovo governo,quando verso le ore 21 del 7 agosto,mentre in paese mancava la forza pubbllica che accorreva nel giorno della festa di S.Donato,il clero in compagnia della musica,fu minacciato da un manipolo di armati scesi dalle alture,spiegando la bandiera bianca,con a capo Cosimo Giordano di Cerreto e Donato Scutanigno,perchè si gridasse “Viva Francesco II.”Come un’eco infatti si sentì quel grido.”E’ al clero che era in processione alla cappella,si fece cantare il Te Deum(Giacinto De Sivo-Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861 -Vol.II Trieste 1868) volendo così mostrare la restaurazione del governo borbonico”.

Oh di quanta tristezza fu causa l’ opera di quei pochi: Ritiratasi la processione e la maggio parte del popolo, al largo della Tiglia non rimasero che baracche con venditori di castagne e torrone,e contadini avvinazzati che ballavano al suono del ntamburi e nacchere.

Ecco però che a disturbare quell’allegria venne Donato Scutanigno coi suoi seguaci.Tutti,con la paura nell’animo,fuggirono di quì,di li’. Un povero giovane di S.Lupo(un Tedeschi) fu ucciso perchè ritenuto spia. La banda armata,entrando sempre piu’ in paese,diè sfogo a barbari eccessi.Quegli irruenti incendiarono gli archivi del Giudicato e del Comune,e pepredarono le case dei cittadini ch’erano fuggiti.(De Sivo-Vol.II).

Sull’ufficio dell’esattoria,avuto tra le mani il povero esattore,Michelangelo Chiantella,lo legarono sul letto,e lo bruciarono unito alle carte dell’ufficio. Altri vevogliono che nell’entrata della banda in paese,il Chiantella si trovasse in un caffè e che preso dai malfattori fosse costretto a gridare per le vie ” Viva Francesco”.Ma con quanta poca poca voce,poverino!…..Presago di ciò che l’aspettava egli,adagio adagio camminava a testa china:giunto alla casa dell’esattoria fu bruciato. mentre il suo corpo scricchiolava tra le fiamme,i malviventi andarono via per assassinare ancora un negoziante e un altro cittadino. (Atto di accusa presso la Corte di Assise di Benevento-benevento-Nobile-Settembra 1864).

Uccisero ed arsero la casa del liberale Michelangelo Perugini,e tolsero mobili nelle case di Iadonisio,Melchiorre e Sforza,perchè questi erano contro il dispotismo dei Borboni.
Ciò avveniva perchè il paese era privo di forza armata,trovandosi solo il Giudice con i pacifici cittadini.
Per sedare i disordini fu mandato l’11 Agosto da Campobasso,capoluogo della provincia nella quale era già compreso Pontelandolfo,(Con Decreto luogotenziale 17 febbraio 1861 fu costituita la nuova provincia beneventana,sottraendo alcuni circondari a Comuni alle provincie di:Principato Ultra,Molise,Terra di Lavoro e Capitanata.Pontelandolfo appartenne alla nuova provincia)…un drappello di 45 soldati con a capo il tenente luigi Augusto Bracci,e 4 carabinieri.

Questi uomini,partiti per imprudenza dalla torre di Pontelandolfo e incontratisi a Casalduni con la banda si Angelo Pica,ricco massaio creatosi generale,parte furono uccisi,parte fatti prigionieri.
Dopo tali avvenimenti “a Casalduni,per sicura nuova di soldati marcianti,nessuno riposò:cittadini di ogni specie,ordine,età e sesso, fuggirono:pochissimi nell’innocenza fidando stettero,ma Pontelandolfo,niente sapendo,fu colto2.(DE sIVO-OP.CIT.-VOL.II).
e così all’alba del 14 agosto,mentre tutto d’intorno riposava,giungeva da Benevento il Colonnello Negri con 500 soldati(erano Bersaglieri),e pare che sentendo suonare le campane,cui un tale ricorso vedendoli spiegare intorno al paese,credettero che insorgesse contro di loro.

Il brigante Giordano,nascosto coi suoi dietro un ombroso boschetto,alla vista dei soldati,ordinò di sparare,uccidendo nella scarica una ventina di uomini di truppa. voleva continuare a tirare contro,ma alla vista del numero superiore di soldati,fuggì. Il Negri,indignato,ordinò ai suoi (e il comando parrà sempre ingiusto) di slanciarsi contro il paese,contro la popolazione che calma riposava.
L’impresa di Negri riuscì così nfacile,e il paese da un momento all’altro fi un subbuglio. Il suono lento e disteso delle campane,le scariche dei fucili,il correre su e giu’ dei soldati,svegliarono le mamme,che stringendo a loro i bimbi ancora addormentati,si domandavano il perchè di quel finimondo. tutti correvano alle finestre,ai balconi,alle porte per rendersi ragione di ciò che accadeva. I soldati,slanciatisi per le scale del paese,e nelle case,abusando dell’ora presta,della nudità,del sonno,dello spavento dei cittadini,si abbandonarono “a fatti orrendi,a saccheggi sozzi,arsioni infami”.(G.De Sivo-op.cit.-vol.II).
Uccisero nelle domestiche mura,alla presenza dei genitori,due figliuoli buoni,innocenti:i Rinaldi. uccisero una graziosa fanciulla-Concetta Biondi-la quale,per non essere preda di quegli assalitori inumani,andò a nascondersi in cantina,dietro alcuni botti di vino. Sorpresa,svenne,e la mano assassina colpì a morte il delicato fiore,mentre il vino usciva dalle botti spillato confondendosi col sangue. Fucilarono Nicola Biondi ed uccisero giuseppe Santopietro,dopo avergli strappato dalle robuste braccia il caro bambino.
A nulla valsero le sue preghiere,le sue suppliche:voleva vivere pel caro angioletto.
Ad una donna che non voleva cedere ad impuri desideri,vennero strappati gli orecchini. il marito affettuoso,venuto in suo aiuto,fu codardamente ucciso. Quali orrori!….
A dare maggiore spavento agli animi dei miseri cittadini,si unì l’incendio del paese e della chiesa.Alcuni manigoldi,entrata nella chiesuola in fiamme,gettarono le ostie consacrate,rubarono i doni e la corona della Madonna,e fuggirono per timore,quasi prevedendo che il tempio crollasse per la loro profanazione. Dopo qualche giorno taluno di quei profanatori ritornò pentito,lagrimando,al tempio devastato,chiedendo a gran voce perdono.
Tra le fiamme intanto la popolazione aveva cercato mettersi in salvo. Nelle vicine campagne le madri,soffocando i singhiozzi e con lo sguardo volto ora a sinistra ora a destra,fuggivano per vie dirotte,portando sulle braccia il grande tesoro dei figlioletti. E là in campagna,tra alberi di ulivi e piante alte di granturco,cercarono nascondiglio e riposo. Quante di loro patirono la fame e l’umiliazione di pitoccare un tozzo di pane,perchè alla loro creatura non mancasse il nutrimento….Talune donne impazzirono vedendo,prive di aiuto,irrigidirsi sulle bracia i figli! Vecchi sfiniti,malati,senza pane,si affaticavano per quelle strade scabrose,sotto il sole scottante,per trovare un rifugio. Quanti furono quelli che morirono per via?
Il ricordo non li registra,ma essi dovettero essere non pochi.
Oh! lo strazio di una morte senza conforto,sulla nuda terra,con negli occhi i bagliori delle avite case in fiamme! Gemiti di arsi,alte invocazioni,singhiozzi strazianti:ecco quello che si udiva,per opera di coloro che,dopo secoli,rinnovavvano le gesta barbariche.
Quando l’incendio coi suoi foschi bagliori terrorizzava gli spettatori,una fanciulla bella e gentile,in compagnia della vecchia mamma,fuggì per una viuzza,cercando di mettersi in salvo;aveva fatto appena pochi passi,quando due soldati si avanzarono vero di lei.
Tremò la donna,e,presaga di ciò che l’attendeva,cercò protezione tra le braccia della vecchia madre.I soldati sostarono dinanzi alla bella creatura,ma fu un attimo:subito il loro istinto ebbe ragione della loro tenerezza,ed uno già sfiorava,con la mano impura,il fiorente visino,quando la vecchia,con uno sforzo inaudito,si inginocchiò dinanzi all’uomo e, proteggendo con le braccia tremanti la figlia svenuta:-Non la toccare- disse-pensa alle tue sorelle!…Sono una povera vecchia e questa figlia è l’aiuto dei miei ultimi anni. Lasciamela!-tacque la madre e (Oh potenza dell’amore materno!) i soldati avevano negli occhi il pianto! Essi non proferirono parola,ma rialzata la vecchia e rianimata la fanciulla,le accompagnarono in luogo sicuro.
Dopo le varie ore di saccheggio,sozze di uccisioni,il colonnello Negri ritornò a Benevento per Fragneto Monforte,temendo di essere sorprese per altre vie dai reazionari;e,prima di lasciare il paese,fece bruciare dinanzi alla chiesa di S.Rocco una ventina di cadaveri dei suoi,per non mostrare le sue perdite.
Il suo allontanarsi fu un bene per il paese,perchè il popolo subito si affrettò ad estinguere l’incendio. Oh…ma quanta rovina!
Erano state bruciate anche le case non abitate.
La roba rubata,i doni strappati alla chiesa girarono di mano in mano in tutta la provincia:i rapinatori la vendevano.
I trionfatori nel 15 agosto annunziarono per telegrafo :”Ieri all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e casalduni!”
A continuare quella che fu detta giustizia,venne pubblicata,vari anni dopo,come un ricordo di taluno fra gli assalitori del paese comandati dal colonnello Negri,una strana asserzione.In una delle novelle di Edmondo De Amicis dal titolo “Fortezza” si asserì:”Il colonnello Negri,presso Pontelandolfo,vedeva appese alle finestre,a modo di trofei,membra sanguinose di soldati!..”
Come è evidente la narrazione raccolta dall’illustre scrittore è in pieno contrasto con quella dei superstiti;e contro la voce di taluno degli effensori spietati sorge la smentita dei figli di mille offesi.
Scorsi alcuni dopo l’incendio,soldati e guardie mobili,per consigli non imparziali,arrestarono circa 400 persone nei due paesi,fra le quali il mSindaco di Casalduni,Ursini,per aver difeso il paese dal saccheggio e l’arciprete Epifanio De Gregorio per aver gridato nella chiesa :”la bandiera nuova è la bandiera del diavolo!”
Entrambi,condotti al carcere di Benevento,furono poi messi in libertà;ma quaqnti furono condannati…
Dalle rovine risorse lentamente la vita nuova. Il lavoro,riprese con alacrità,ridonò il paese ai buoni e agli onesti,i quali perdonarono agli uccisori e chiesero al sangue delle vittime innocenti,la forza di resistere e di progredire.
Ed anche ieri i figli di Pontelandolfo offrirono i loro petti a difesa dell’Italia,delle case,delle famiglie.