Pontelandolfo – Località Coste Chiavarine

Pontelandolfo – Località Coste Chiavarine
Scavi archeologici 2004 dati scaturiti dalle indagini archeologiche condotte sul sito nell’estate del 2004

Premessa-1. Lo scavo 2. Il modulo espositivo 3. Elaborazione dati e realizzazione  dell’apparato didattico – illustrativo
4. Allestimenti editoriali 5. Interventi sui reperti di scavo  e sui resti archeologici in situ 6. Percorsi di visita connessi alla mostra 7. Conclusioni

Premessa

Nel territorio di Pontelandolfo è da poco riemerso un sito di notevole interesse archeologico, esteso sull’ampio pendio oggi noto con il toponimo di Coste Chiavarine, lungo il corso superiore del torrente Alente.
Durante la scorsa estate, i resti dell’insediamento rustico di epoca romana già individuato dai Soci dell’Archeoclub, a breve distanza dalla strada comunale di Lente Piana che collega Pontelandolfo a Cerreto, sono stati oggetto di una prima campagna di indagini archeologiche, finanziata dalla Comunità Montana del Titerno con uno specifico stanziamento.
Una significativa sinergia tra la stessa Comunità Montana, la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, l’Amministrazione Comunale di Pontelandolfo e l’Archeoclub d’Italia – Sezione di Pontelandolfo ha segnato quindi la ripresa delle ricerche archeologiche dirette in questa zona del Sannio beneventano, ad oltre un secolo dai consistenti rinvenimenti documentati dal Perugini nella sua ormai storica monografia.
Finora l’unica memoria bibliografica relativa al sito di Coste Chiavarine si doveva proprio al Perugini, che ritenne questo luogo, insieme al vicino Castello dell’Avellana, uno dei possibili insediamenti sannitici del territorio pontelandolfese, menzionandolo con il nome di “Castello Iavarino”.
I resti archeologici scoperti di recente si collocano in una zona senza dubbio rilevante sotto il profilo insediativo antico, dominata ad est dalla stessa altura del Castello dell’Avellana e a nord dalla sommità del pendio su cui essi si estendono, che risultano, peraltro, entrambe aree connotate da presenze archeologiche ascrivibili almeno all’età medievale.
Questa parte del territorio doveva essere in origine caratterizzata, molto probabilmente, da un sistema viario che consentiva di attraversare lungo tre diverse direttrici la valle stretta da tali alture. Il più occidentale di questi assi di percorrenza poteva corrispondere in buona misura all’attuale strada sterrata che, staccandosi dalla rotabile di Lente Piana poco prima della fonte sorgiva Serenzola, risale il declivo di Coste Chiavarine, sovrapponendosi, a circa metà percorso, ad alcuni ambienti dell’insediamento rustico antico.
L’estensione originaria di quest’ultimo doveva essere definita ad est dalla viabilità di comunicazione tra il fondovalle ed il valico settentrionale, mentre ad ovest il rapido digradare del banco geologico calcareo verso il greto del torrente Alente ne rappresentava un marcato limite spaziale e morfologico.
Nell’area così delimitata trovò collocazione nel corso della prima età imperiale (I – II sec. d.C.?) un complesso di vani quadrangolari tra loro adiacenti, articolati su più livelli di terrazzamento particolarmente adeguati alla geomorfologia del luogo ed alla natura del substrato geologico, caratterizzata nella parte sommitale da massicci affioramenti di calcari compatti ed a strati fortemente inclinati, che più a valle lasciano il posto ad una stratificazione argillosa a scaglie, con tipiche vene rosse e verdastre solo a tratti litificate. Una robusta dorsale di calcari stratificati, probabilmente utilizzata in antico come elemento strutturale naturale, raccorda la sommità rocciosa di Coste Chiavarine con la zona nella quale sono affiorati i resti dei primi dieci ambienti dell’insediamento rustico.
Lo scavo archeologico ha consentito per ora di definirne una planimetria parziale e di coglierne alcuni caratteri strutturali, quali resti di coperture fittili crollate, lacerti di pavimentazioni, soglie e passaggi di comunicazione, ancora in parte conservati al di sotto degli strati di abbandono e di distruzione del complesso edilizio antico.
L’analisi di questi contesti stratigrafici ha avviato, quindi, il laborioso processo di ricostruzione della microstoria del sito archeologico di Coste Chiavarine, che allo stato attuale delle conoscenze sembra snodarsi attraverso l’impianto e la vita di una fattoria di età romana imperiale, il suo abbandono – forse seguito ad alcuni eventi naturali che ne pregiudicarono la frequentabilità – ed il successivo riutilizzo occasionale di alcuni suoi spazi come luoghi di sosta e bivacco.
Due inumazioni – una è databile al X secolo d.C. in base alle monete associate – deposte negli strati di destrutturazione dell’antico insediamento rustico testimoniano anche dell’uso di questa zona anche quale area di sepoltura nel corso dell’età altomedievale.
La conclusione della prima campagna di scavi può rappresentare, a questo punto, solo l’inizio di un articolato lavoro di studio, interpretazione e successiva valorizzazione del sito archeologico messo in luce.
Questo percorso deve prevedere necessariamente una prima tappa, seppure temporanea, nell’allestimento di un’esposizione didattica che privilegi la divulgazione allargata dei dati preliminari scaturiti dagli scavi, contestualizzando puntualmente i reperti rinvenuti nel sito di Coste Chiavarine in un opportuno quadro d’insieme delle conoscenze archeologiche relative al territorio di Pontelandolfo ed alle aree limitrofe.
Le funzioni fondamentali di questa iniziativa, in sostanza, devono coincidere con il conferimento e l’affermazione dei corretti valori scientifici e, soprattutto, sociali a queste testimonianze della cultura materiale antica.
Elementi culturali e conoscitivi dei quali il pubblico deve essere reso coscientemente partecipe e che la comunità locale, gli studiosi e gli appassionati della materia potranno riacquisire ed apprezzare sempre più con il progredire delle indagini archeologiche.
In questo processo di acquisizione, rielaborazione e divulgazione dei dati archeologici inerenti il sito di Coste Chiavarine ed il paesaggio antico di Pontelandolfo, è evidente che tutti gli attori ed i promotori della prima campagna di scavi dovranno avere un ruolo specifico, opportunamente coordinato dalla regia dell’Amministrazione comunale di Pontelandolfo e dalla Soprintendenza archeologica di Sa, Av e Bn, che garantirà senza dubbio il successo di un’iniziativa ricca di spunti riflessivi sul passato, sul presente ed anche sul futuro di questo territorio.
Lo sforzo comune sarà dunque quello di ampliare l’orizzonte storico ed archeologico fino al suo ricongiungimento con il piano dell’attualità e della realtà locali, delineando quelle prospettive possibili di innesto del filone culturale, nello specifico quello della ricerca archeologica, sul rilancio sociale della comunità civica di Pontelandolfo.

1. Lo scavo
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Le indagini archeologiche condotte nel sito di Coste Chiavarine hanno evidenziato la presenza dei resti strutturali di un insediamento rustico di età romana che, allo stato attuale delle conoscenze finora acquisite, risulta ascrivibile genericamente alla fase primo-imperiale (I – II sec. d.C.).

Si tratta di un complesso di ambienti adiacenti, collegati in antico da alcuni passaggi di comunicazione i cui elementi si sono parzialmente conservati, articolati su più livelli digradanti verso il fondo valle, in direzione sud.
Nello specifico, appare verosimile un’interpretazione funzionale di questi vani come spazi di servizio dell’insediamento, forse in parte adibiti alla conservazione di derrate e di materie prime derivate dalle attività produttive connesse in antico con la frequentazione del sito (attività agro-pastorali, silvicole, etc.).
Lo scavo, difatti, non sembra aver interessato per ora una parte propriamente residenziale del complesso edilizio, mancando alcuni elementi peculiari degli spazi abitativi, sebbene di tipo rustico, quali rifiniture strutturali delle murature perimetrali (intonacature anche semplici ad esempio) o materiali di uso quotidiano stratigraficamente associabili all’uso di questi ambienti di vita (abbondanza di suppellettili domestiche fini in orizzonti archeologici diagnostici; concentrazioni diverse di specifiche classi di materiali di uso quotidiano in determinati spazi dell’area indagata).
Diversamente, risulta abbondante e piuttosto variegata la messe di reperti ceramici, metallici o di altro materiale raccolti nel corso dello scavo dei depositi di obliterazione dei vani antichi, formatisi durante e successivamente al lungo ed articolato processo di abbandono e destrutturazione del complesso edilizio di epoca imperiale.
Tra questi reperti spiccano senza dubbio alcuni oggetti in bronzo, ferro ed osso relativi al corredo personale o alla varia dotazione strumentale, che pur rappresentando tecnicamente dei “residui” archeologici, data la loro posizione stratigrafica di rinvenimento, rappresentano, insieme al resto dei rinvenimenti, i primi elementi di riflessione sulla vita e sulle attività quotidiane degli abitanti dell’insediamento rustico di Coste Chiavarine.
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Stessa valenza archeologica assumono tutti i reperti ceramici recuperati, specie se considerati in seno alle diverse classi tipologiche e funzionali che erano evidentemente connesse ai diversi utilizzi (ceramiche da mensa; da cucina; di suppellettile varia come le lucerne; da conserva o trasporto come la ceramica comune, le anfore ed i dolia; elementi di copertura degli ambienti, come le tegole ed i coppi, etc.).
Altro punto di interesse è dato senza dubbio dal rinvenimento di due inumazioni di età medievale e dai reperti ad esse associati, tra i quali si evidenziano, naturalmente, le sei monete di X sec. d.C. della tomba 1, che aggiungono ulteriori tasselli al mosaico della microstoria del sito indagato.
L’ampia testimonianza materiale della vita quotidiana antica rappresentata da tali rinvenimenti, oltrechè dai resti strutturali conservati in situ, deve trovare evidentemente la sua opportuna collocazione scientifica e spaziale proprio all’interno di un’esposizione didattico-illustrativa che riesca a comunicare le vere valenze che accomunano anche questi oggetti archeologici a tutti gli altri reperti recuperati da studiosi ed appassionati della materia in modo più o meno fortuito ed occasionale nel territorio di Pontelandolfo ed in quello limitrofo, che ancora oggi non godono di una corretta valorizzazione del loro significato scientifico, storico e sociale.
Proprio lo studio e la comparazione dei dati raccolti nel corso delle prime indagini archeologiche con le altre evidenze storiche del territorio, permetteranno di ampliare le riflessioni, le interpretazioni ed infine le ricostruzioni inerenti i numerosi aspetti della quotidianità antica, collocandola anche nei diversi livelli degli scenari storici in cui essa si è materializzata.

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Il canale di divulgazione dei risultati degli scavi del 2004, sebbene preliminari sotto diversi aspetti, dovrà in sostanza coincidere con l’allestimento a Pontelandolfo di un’esposizione dei reperti archeologici di Coste Chiavarine, magari contemporaneamente a quelli provenienti da altri siti del territorio, corredata con gli opportuni supporti didattico-illustrativi e di inquadramento generale, e con la pubblicazione di questo primo corpo di materiali antichi, conferendo peraltro un ulteriore elemento di peso culturale all’iniziativa avviata a Pontelandolfo, ponendola anche all’attenzione della comunità scientifica di ambito storico-archeologico.

2. L’esposizione archeologica

In considerazione della fase di lavoro nella quale la mostra archeologica di Pontelandolfo si andrebbe a collocare, ovvero a conclusione di una prima campagna di scavi ed in attesa della prosecuzione delle indagini e dell’approfondimento delle conoscenze in merito, si dovrà dare il giusto peso all’idea espositiva ed ai temi da affrontare e proporre al suo interno.
Lo stadio preliminare dei risultati scientifici di questo scavo induce in effetti ad una prudenza ponderata circa congetture ed interpretazioni troppo avanzate, ma non esclude in ogni caso la pubblicazione, in senso lato del termine, delle testimonianze materiali rinvenute finora e la giusta valorizzazione dei resti archeologici conservati in situ a Coste Chiavarine.
In sostanza, il materiale finora recuperato e, in definitiva, lo stesso sito archeologico potranno divenire i protagonisti di una prima mostra espositiva una volta opportunamente contestualizzati, illustrati e, appunto, mostrati al pubblico, nell’ambito di uno o più moduli espositivi fissi o itineranti.
Tutto ciò dovrà prevedere, naturalmente, uno studio dei reperti di scavo, una loro correlazione ed una più ampia contestualizzazione con i possibili confronti archeologici noti, oltre ad una preparazione conservativa dei materiali preliminare all’esposizione in mostra.
Le fasi principali del lavoro potranno dunque consistere in:
1) definizione del gruppo di studio che darà seguito all’analisi dei materiali archeologici, dei resti strutturali e delle altre testimonianze utili;
2) studio di questi ultimi e loro opportuna contestualizzazione scientifica e spaziale, e contemporanea preparazione dei materiali archeologici per la mostra (restauri, ricostruzioni, consolidamenti, etc.);
3) ideazione e realizzazione degli apparati didattico-illustrativi di corredo ai materiali e, in definitiva, della parte espositiva (sede di esposizione; studio dei livelli comunicativi della mostra; periodi di esposizione; etc.);
4) pubblicazione dei risultati dello studio archeologico preliminare dei reperti e del sito;
5) promozione dell’iniziativa espositiva presso le diverse realtà locali comprensoriali.
In merito al gruppo di studio, questo potrà comprendere il personale scientifico e tecnico dello Soprintendenza archeologica competente ed i suoi collaboratori, eventuali esperti in settori specifici archeologici e naturalmente i Soci dell’Archeoclub. Il coordinamento dell’equipe dovrà essere affidato al funzionario archeologo di zona, o al Soprintendente stesso, che insieme al responsabile delle indagini archeologiche potrà delineare le prime linee di sviluppo delle tematiche della mostra, oltre a disporre per il completamento delle operazioni di restauro, consolidamento e integrazione dei reperti avviato dal personale della stessa Soprintendenza già nel corso dello scavo. Tali linee dovranno essere discusse e rielaborate in seno all’attività del gruppo di studio in modo da passare subito alla fase operativa di suddivisione dei diversi aspetti analitici dei materiali e dei dati di scavo ed anche generali che confluiranno nell’esposizione.
Lo studio dei vari aspetti culturali antichi, nonchè degli elementi più prettamente di inquadramento storico, posti in luce dallo scavo archeologico di Coste Chiavarine seguirà evidentemente tutte le metodologie oggi applicate a questo ampio ambito scientifico, differenziandosi dove necessario in base alle specifiche esigenze di ogni studioso presente nell’equipe. Il risultato comune a tutti i filoni di analisi dei dati dovrà corrispondere, in ogni caso, alla definizione dei contesti cronologico – culturali di appartenenza dei vari reperti ed alla forte messa in evidenza delle valenze storiche e finanche sociali delle testimonianze recuperate grazie ai primi scavi del 2004. La contestualizzazione scientifica che si potrà ottenere in tal modo, dovrà necessariamente corrispondere ad un’opportuna collocazione spaziale dell’esposizione e, in sostanza, delle stesse valenze di cui sopra. Pontelandolfo sarà quindi lo scenario naturalmente obbligato di questa mostra archeologica ed in Pontelandolfo dovrà essere individuato il complesso di spazi nel quale articolare il percorso espositivo e conoscitivo offerto dall’iniziativa in esame.
L’ideazione e la realizzazione degli apparati didattico-illustrativi a corredo dei reperti e dello scavo stesso dovranno tener conto, evidentemente, dello stadio al quale sono le conoscenze scientifiche, ma soprattutto del target dell’esposizione che dovrà essere più ampio possibile. Tutto ciò imporrà al gruppo di studio, che in questa fase potrà essere coadiuvato da tecnici esperti in materia di divulgazione e di allestimenti espositivi, una serie di scelte inerenti i temi da affrontare, il livello di lettura e di approfondimento offerto nella mostra e nella pubblicazione editoriale dei materiali esposti. Si renderà anche necessario l’approntamento degli ulteriori supporti didattici in seno all’iniziativa, come un ciclo di incontri sulle tematiche affrontate, alcune occasioni di visita diretta del sito e appuntamenti con illustrazioni guidate dell’esposizione, tutti eventi che avranno cadenze da stabilirsi nella fase organizzativa della stessa mostra.
La pubblicazione editoriale dei dati scaturiti dai primi scavi darà, oltre che lustro, soprattutto visibilità all’iniziativa veicolando quelle valenze storiche e sociali proprie dell’esperienza finora maturata a Coste Chiavarine, e specifiche delle testimonianze di cultura antica riportate alla luce. La pubblicazione, per quanto preliminare, dei dati di scavo potrà inoltre porre all’attenzione della comunità scientifica il primo sito archeologico indagato a Pontelandolfo in tempi e con metodi attuali.
Il successo dell’iniziativa espositiva passerà evidentemente attarverso una sua articolata ed efficace promozione presso le diverse realtà locali comprensoriali, da attuarsi sia mediante i canali mediatici, informativi e promozionali classici, sia per mezzo delle stesse iniziative di supporto didattico collegate alla mostra, quali conferenze, visite guidate al sito e periodici appuntamenti di visita alla mostra caratterizzati dall’illustrazione dei vari temi affrontati con un’ottica di volta in volta diversificata, anche grazie all’intervento di diversi esperti del settore.
Naturalmente, tutte le iniziative in esame andranno supportate e patrocinate dai soggetti isitituzionali e dalle organizzazioni che abbiano sotto qualsiasi profilo competenza in merito, dalla Regione e Provincia, agli altri Enti locali amministrativi, dalla Soprintendenza archeologica all’Archeoclub, fino alle altre associazioni culturali locali.

3. Ideazione e realizzazione degli apparato didattico – illustrativi

Si potrebbero studiare e sviluppare tre comparti della mostra integrati tra loro e riguardanti:
a) l’insediamento rustico di Coste Chiavarine;
b) le testimonianze di età medievale dal sito stesso e dalla zona limitrofa compresa tra il versante del Castello dell’Avellana e le Coste Chiavarine;
c) il territorio comunale ed il paesaggio nelle diverse epoche storiche, come quadro di insieme e di riferimento storico, anche se limitato alle attuali conoscenze.
I temi da affrontare in modo sintetico e comprensibile da un ampio target di fruitori, potranno quindi riguardare sia gli aspetti peculiari e materiali del sito, sia gli argomenti più teorici ad essi connessi, tutti comunque legati agli aspetti della quotidianità antica che appassionano sempre in misura considerevole il pubblico più numeroso.
In alcuni spazi didattici specifici ci sarà dunque l’opportunità di suscitare i diversi interessi culturali nel fruitore dell’esposizione, fornendo gli spunti riflessivi ed i semplici strumenti di approfondimento di alcune tematiche che potranno trovare un più ampio seguito nel tempo, anche alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche.
Andranno quindi studiati tutti gli spazi opportuni per l’esposizione dei reperti, per la ricostruzione di alcuni dei contesti stratigrafici rinvenuti (lacerti pavimentali dell’insediamento rustico; sepolture medievali; etc.) ed al limite per la riproposizione di alcuni modelli ricostruttivi a valenza didattica di specifici materiali archeologici non direttamente apprezzabili e comprensibili dal più ampio pubblico degli appassionati della materia.
Il complesso della mostra dovrebbe essere progettato e preventivamente articolato, inoltre, per trasformarsi facilmente in una futura versione itinerante, che dopo un primo periodo di esposizione a Pontelandolfo potrebbe interessare le realtà civiche limitrofe, almeno quelle ricadenti nel territorio della Comunità montana del Titerno, con una cadenza mensile o bimestrale.
Parallelamente si potrebbe pensare anche ad alcuni semplici, ma efficaci allestimenti didattico-illustrativi da installarsi direttamente presso il sito archeologico di Coste Chiavarine, quali pannelli esplicativi ricchi di apparati iconografici che si renderebbero utili tanto in occasione degli itinerari guidati ed organizzati, quanto nelle visite occasionali e spontanee dei resti archeologici nei quali potrà essere convogliato un ampio ed interessato pubblico di fruitori.

4. Allestimenti editoriali

Si è già posta in evidenza l’importanza di una pubblicazione scientifica dei risultati preliminari dello scavo di Coste Chiavarine, sia per veicolare le giuste valenze dei reperti e di tutto il complesso di dati archeologici raccolti, sia per porre in evidenza tutta l’iniziativa anche presso la comunità scientifica.
Considerato il grado di conoscenze attualmente raggiunto, tale pubblicazione editoriale potrà incentrarsi principalmente sull’analisi degli stessi reperti e sulla loro contestualizzazione, più o meno preliminare, in senso culturale antico e storicamente più generale.
La veste editoriale di questo lavoro non dovrà per conseguenza corrispondere ad un prodotto nè sovra nè tantomeno sotto dimensionato, privilegiando quegli spazi iconografici ed informativi che mettano in evidenza gli elementi peuliari del sito di Coste Chiavarine, dai resti strutturali a quelli della cultura materiale di uso quotidiano, fino alle testimonianze di carattere antropologico offerte dalle sepolture medievali qui rinvenute.
Un’opportuna attenzione andrà dedicata all’inquadramento territoriale e storico del comprensorio dello scavo e di Pontelandolfo in genere, fornendo ulteriori linee di riflessione e comprensione relative alla lunga storia del popolamento di questo distretto geografico che conducano, anche se a tratti in parte interrotte, all’attualità delle comunità civiche locali.
5. Interventi sui reperti di scavo e sui resti archeologici in situ

Tutte le premesse propositive fin qui esposte dovranno chiaramente conciliarsi sotto il profilo delle tempistiche e delle risorse da reperire ed impiegare, con il completamento delle operazioni di restauro, consolidamento e integrazione dei reperti, in gran parte avviato dal personale della stessa Soprintendenza archeologico già nel corso dello scavo del 2004.
Se, difatti, i protagonisti materiali dell’iniziativa espositiva di Pontelandolfo saranno a pieno diritto i reperti rinvenuti ed i resti strutturali ancora in situ a Coste Chiavarine, si dovrà necessariamente provvedere alla definizione di un loro grado di conservazione, più o meno definitiva, in tempi utili per consentire il successivo studio e la loro esposizione finale in mostra.
Tutto ciò comporterà quindi il reperimento e l’impiego di risorse economiche ed operative adeguate, da definire con i funzionari ed i tecnici della Soprintendenza archeologica competente.
Nello specifico, si dovrà sostanzialmente completare il lavoro già avviato da questi ultimi sui reperti mobili e sui contesti ceramici recuperati, e parallelamente attuare degli interventi, sebbene limitati, di sistemazione e protezione del sito archeologico di Coste Chiavarine.
Tali operazioni prevederanno quindi la messa in sicurezza dei resti strutturali ivi conservati ed una loro parziale integrazione in modo da renderli maggiormente comprensibili al più ampio pubblico, anche possibilmente con piccole ricostruzioni di particolari contesti di vita antica testimoniati dagli elementi analitici raccolti durante gli scavi.
6. Percorsi di visita connessi alla mostra

In merito alle iniziative connesse all’esposizione si è già accennato ad un possibile ciclo di conferenze legate ai temi ivi affrontati, oltre alla programmazione di percorsi di visita guidata o libera al sito e naturalmente alla mostra stessa.
Particolare vaolore potrebbero assumere delle iniziative di visita dell’esposizione arricchite dall’apporto sempre diverso di esperti nei vari settori archeologici e storici, che partendo dai materiali e dalle argomentazioni proposte nell’esposizione didattica di Pontelandolfo potrebbero condurre ad interessanti occasioni di approfondimento culturale.
Infine, un’attenzione tutta particolare andrà posta alle iniziative eventualmente attivabili in collaborazioni con gli enti di istruzione e formazione pubblici e privati, specie con le scuole locali e comprensoriali.
E’ auspicabile che tutti i servizi didattici di supporto alla mostra archeologica vengano curati da personale locale, adeguatamente formato dal gruppo di studio e di progettazione dell’esposizione, magari selezionato tra i giovani del luogo interessati e fortemente motivati alla promozione e diffusione dei valori storici e sociali del proprio contesto civico.
7. Conclusioni

Le brevi considerazioni propositive esposte in queste pagine dovrebbero aver posto in evidenza la molteplicità degli aspetti organizzativi che l’avvio concreto della progettazione e realizzazione dell’esposizione archeologica di Pontelandolfo porrà all’attenzione del gruppo di lavoro competente.
Al pari, queste sintetiche righe dovrebbero aver sottolineato e ricordato i valori intrinseci dell’iniziativa proposta e le opportunità, non solo culturali, offerte in breve tempo dalla sua attuazione.
L’augurio è che i concetti che sottendono a tali riflessioni, per quanto formulate in una veste preliminare, vengano condiviso e fatti propri da tutti i promotori e dagli attori della prima campagna di indagini archeologiche attuata sul sito di Coste Chiavarine.
La speranza, forte, è che il lavoro e l’impegno finora messo in campo e speso nell’attività pratica sul terreno, non venga definitivamente relegato negli archivi della memoria personale di chi ha partecipato agli scavi o di chi li ha seguiti seppure a distanza, ma divenga al contrario un’occasione di approfondimento culturale e di coinvilgimento sociale per molti altri, interessati ed appassionati della materia e non, secondo dei percorsi che, partendo necessariamente dalle tematiche e dai livelli comunicativi della mostra qui proposta, possano trovare un loro specifico percorso personale lungo la prosecuzione degli scavi di Coste Chiavarine ed attraverso iniziative analoghe.
Percorsi che in ogni caso dovrebbero condurre alla riacquisizione di un passato comune, sebbene legato ad un preciso ambito geografico e territoriale, e di quei corretti valori non solo culturali che vanno attribuiti alle labili, ma significative testimonianze di una quotidianità antica, forse da noi tanto avulsa quanto ricercata, che si va riscoprendo anche in questi luoghi del Sannio beneventano, seppure tra molteplici difficoltà d’azione.

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