Ordine del giorno del Generale Cialdini

COPRESA DI GAETA, MESSINA E CIVITELLA DEL TRONTO – PAGINE DA 79 A 85 TRATTE DA “I CONTEMPORANEI ITALIANI-ENRICO CIALDINI GENERALE D’ARMATA” TORINO 1861

…omissis…
I commissarii stavano combinando gli ultimi articoli della capitolazione allorchè si udì un violento scoppio, ed un telegramma annunciava dal Borgo che la batteria di Transilvania più non esisteva. Al giungere della notizia, i commisarii napoletani rimasero sconcertati; ma il generale Cialdini li rassicurò, dicendo loro come noi siamo nemici generosi, e come le condizioni della resa non sarebbero mutate malgrado la catastrofe avvenuta.
In virtù della capitolazione, il generale Cialdini avrebbe occupato il giorno appresso il monte Orlando e tutte le Fortificazioni; dopo la partenza del Re e della Regina, tutta la città; locchè venne fedelmente eseguito.
La nuova corse colla velocità del fulmine per tutta Italia libera; benchè aspettata, destò vivissimo entusiasmo. Il nome di Cialdini e dei sommi che lo coadiuvarono, fra cui primeggiavano i generali Menabrea e Valfré, veniva esaltato con ammirazione e con riconoscenza.
Il generale Cialdini bandiva a’suoi soldati il seguente ordine del giorno, che rimarrà consegnato alla storia qual documento di nobile e delicato sentire.
CIALDINI“Soldati!
“Gaeta è caduta! Il vessillo italiano e la vittrice croce di Savoia sventolano sulla torre d’Orlando. Quanto io presagiva il 13 dello scorso gennaio, voi compieste il 13 del corrente mese. Chi comanda soldati quali voi siete, può farai sicuramente profeta di vittorie.
Voi riduceste in 90 giorni una piazza celebre per sostenuti assedii ed accresciute difese, una piazza che sul principio del secolo seppe resistere per quasi sei mesi ai primi soldati d’Europa.
La Storia, dirà le fatiche e i disagi che patiste, l’abnegazione,la costanza ed il valore che dimostraste; la storia narrerà i giganteschi lavori da voi eseguiti in sì breve tempo. Il Re e la patria applaudono il vostro trionfo, il Re e la patria vi ringraziano.
Soldati !
Noi combattemmo contro italiani e fu questo necessario ma doloroso ufficio. Epperciò non potrei invitarvi a dimostrazioni di gioia, non potrei invitarvi agl’insultanti tripudii del vincitore.
Stimo più degno di voi e di me il radunarvi quest’oggi sull’istmo e sotto lo mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo Pace ai prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo, tanto nelle nostre linee quanto sui baluardi nemici.
La morte copre di un mesto velo le discordie umane, e gli estinti son tutti eguali agli occhi dei generosi.
Le ire nostre d’altronde non sanno sopravvivere alla pugna.
I1 soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona”. ‘

Restava ancora la cittadella di Messina in potere dei borbonici. Allorché Garibaldi liberò quella città, le truppe nemiche si rinchiusero nel forte, ed il comandante Fergola prometteva di non molestare alcuno se non molestato, e di aspettare le sorti della guerra per le future sue decisioni. Presa Gaeta, Cialdini mandò una copia della capitolazione al generale Chiambrera , che, si trovava colla sua brigata a Messina, affinchè invitasse alla resa il comandante della fortezza ; ma avendo questi risposto con un rifiuto, e detto volersi difendere sino agli estremi, il governo mandò ordine a Cialdini d’imbarcar truppe, artiglierie e materiali da guerra, e andar egli stesso a dirigere l’assedio della cittadella.

L’ammiraglio Persano colla sua squadra passava dalle acque napoletane a quelle di Messina.
Saputo ciò, il comandante Fergola scriveva al generale Cialdini che, vedendo sbarcare materiali da guerra, e sospettando si cominciassero lavori d’assedio, intendeva valersi d’ogni mezzo di difesa, non solo contro lo sbarco ed i lavori, ma ben anco contro la città di Messina. Acceso di sdegno per l’inumana dichiarazione; il generale rispondeva così:
“In risposta alla lettera ch’Ella mi ha fatto l’onore di dirigermi quest’oggi, devo dirle:
1° Che il Re Vittorio Emanuele essendo stato proclamato Re d’ Italia dal Parlamento italiano, la di lei condotta sarà oramai considerata come aperta ribellione.
2° Che per conseguenza non darò a lei nè alla sua guarnigione capitolazione di sorta, e che dovranno arrendersi a discrezione.
3° Che se Ella fa fuoco sulla città, farò fucilare, dopo la presa della cittadella , tanti ufficiali e soldati della guarnigione quante saranno state le vittime cagionate dal di lei fuoco sovra Messina.
4° Che i di lei beni e quelli degli ufficiali saranno confiscati per indennizzare i danni recati alle famiglie dei cittadini.
5° E per ultimo, che consegnerò Lei e i suoi subordinati al popolo di Messina,
Ho costume di tener parola, e senza essere accusato di jattanza, le prometto ch’Ella e i suoi saranno quanto prima nelle mie mani.
Dopo ciò, faccia come crede, io non riconoscerò più nella S. V. Ill.ma un militare, ma un vile assassino, e per tale lo terrà l’Europa intiera”.
Tosto s’incominciarono i lavori d’assedio e venne proclamato il blocco dal lato di mare. Ma sembra che la lettera del Generale Cialdini abbia prodotto il salutare effetto di volgere l’animo di Fergola a migliori consigli e risparmiare ogni inutile effusione di sangue.
Di fatto il comandante Fergola scrisse di nuovo a Cialdini per ispiegargli come la sua resistenza fosse dettata da sentimento d’onore militare, e dichiarargli d’impegnarsi a rispettare Messina per quanto possibile.
Cialdini rimase tocco da queste espressioni più umane e più nobili; e cedendo subito lo sdegno concepito, rispose felicitando il comandante del mutato linguaggio e dei suoi sentimenti. Suggiungevagli che ora sarebbe fortunato di stringergli la mano dopo l’assedio, perchè amava far la guerra senz’astio e finirla senza rancori.
Qualche giorno dopo, Fergola, vedendo inutile ogni resistenza, e sentendo aver adempito al suo dovere militare, intavolò trattative, il cui risultato è così espresso da un telegramma del generale Cialdini, mandato il 13 marzo al ministero della guerra:
“La cittadella si è resa a discrezione. Dopo ver sofferto per quattro giorni il fuoco del nemico, oggi a mezzogiorno ho aperto quello delle mie batterie, di cui due erano a 400 metri dalla piazza. La nostra artiglieria fu ammirabile, il suo fuoco efficacissimo. Noi abbiamo fatto scoppiare varii depositi di granate cariche e prodotto un vasto incendio.
Alle ore 5 la cittadella inalberò la bandiera bianca. Alle ore 6 rifiutai ogni capitolazione, concedendo tre ore a riflettere. Alle 9 di sera tutta la guarnigione si è resa a discrezione. La flotta ha fatto due ore di fuoco.
Sono nostri prigioni 5 generali , 150 ufficiali, da 4 a 5 mila uomini, con 300 cannoni tutto ciò approssimativamente”.
Alla caduta di Messina tenne dietro ben tosto la resa di Civitella del Tronto, e così avevano fine le operazioni di guerra nell’Italia meridionale.
Torino esultante, proponeva dar segno d’alta onoranza al Generale che s’era coperto di gloria e tanti servigi aveva resi alla patria sua; e l’Italia concorreva premurosamente nelle offerte che si raccoglievano per fare una corona d’alloro e presentarla all’illustre guerriero.
II lavoro venne eseguito a Torino dall’esimio artista cavalier Borani; nel nastro leggevasi la seguente iscrizione:

AD ENRICO CIALDINI
A PALESTRO – CASTELFIDARDO – ISERNIA – GAETA
VINCITORE SEMPRE
ITALIA 1861.

Terminata la guerra, il Generale tornava a Bologna, sede del comando del suo corpo d’armata.