La storia del gruppo folk di Pontelandolfo: Ri Ualanegli

QUESTA DANZA HA UN’ANIMA.
“Questa danza ha un’anima”. Con questa frase, un noto presentatore televisivo, qualificò la Tarantella Paesana di Pontelandolfo. In quella serata di circa venticinque anni fa, il Gruppo Folk “Ri Ualanegli” si accingeva a ricevere presso il teatro Politeama di Napoli, il Premio Nazionale Consegniamo la Maschera. Questo è uno dei tanti riconoscimenti ottenuti da “Ri Ualanegli”, certamente non il più importante, ma quell’episodio e quel commento, sono rimasti impressi nella memoria e nel cuore dei componenti del Gruppo all’epoca e rimarrà una delle pagine più belle scritte dal sodalizio pontelandolfese, unitamente a tanti altre, tra cui spicca il magnifico trionfo al Festival Mondiale del Folklore a Monaco di Baviera. Nell’estate del 1985 infatti,con la stessa danza, il Gruppo ottenne il più grande riconoscimento della sua storia: il 3° posto assoluto nella sezione danza. Tanto per dare un’idea dell’importanza di quella rassegna folklorica che si tenne in terra di Germania, basta dire che ad essa parteciparono ben 156 gruppi folk, provenienti da quasi tutte le nazioni del mondo. Ad arricchire il fantastico palmares de “Ri Ualanegli”,ci sono stati altri riconoscimenti, tipo il premio ottenuto a Zakopane, in Polonia, o quelli ottenuti a Palma di Maiorca, in Spagna; altre rassegne mondiali,queste,dove il nostro Gruppo ha avuto affermazioni oltremodo importanti. Senza contare le svariate apparizioni televisive e le altre rassegne nazionali ed internazionali che hanno sempre visto la nostra formazione ergersi a protagonista assoluta, lasciando ovunque ricordi straordinari e piacevoli.
Ricordare le esperienze più belle, fa sempre bene; farlo quando cade una ricorrenza, aiuta a capire l’importanza di quello che si è riusciti a fare. Ricorre infatti quest’anno, per il nostro Gruppo un doppio anniversario: partiamo da dove ha avuto origine la tradizione folkloristica di Pontelandolfo. Era l’anno 1928, e quell’anno vide la nascita del Gruppo Folkloristico di Pontelandolfo. Mitica formazione che visse i suoi anni più belli, nel periodo in cui era Don Emilio Matarazzo a tenerne le redini; nel 2008, quindi, cade l’80° anniversario della nascita delle tradizioni folkloristiche pontelandolfesi. La seconda e più importante, vede il 30° anniversario del debutto nella nuova veste di Gruppo Teatrale Folk, avvenuto ad Agropoli (Salerno), nel luglio del 1978. Da quel giorno, è partita l’avventura di una delle realtà più belle in assoluto, di cui può vantarsi Pontelandolfo. Il valore di queste affermazioni, è ancora più alto, considerando che il Gruppo, porta in giro per il mondo, unicamente canti, balli e tradizioni, originali della gente zampittara, senza subire influenze dalle realtà limitrofe o dal proprio ambito territoriale. Per festeggiare il doppio anniversario, l’Associazione sta approntando una serie di iniziative, oltre all’ormai tradizionale Meeting Internazionale del Folklore che quest’anno assumerà una veste diversa e verrà chiamato: Festival internazionale delle culture folcloriche in terra sannita. L’idea è quella di coinvolgere nelle varie iniziative, tutti coloro che hanno fatto parte dell’Associazione, in una sorta di percorso storico che ha visto succedersi tante generazioni di giovani. Ed a questo discorso, ci si può allacciare, ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile questa fantastica avventura, consapevoli che il senso di appartenenza al Gruppo, è ancora fortissimo, anche per quelli che hanno abbandonato la scena ormai da diversi anni. In questo contesto, sarà bello ed emozionante vedere i figli o i nipoti delle prime generazioni di “Ualanegli”, vestire i costumi che sono stati dei loro genitori o addirittura di nonni o zii.
Altre iniziative in cantiere, prevedono una mostra sulla storia del Gruppo arricchita da aneddoti ed episodi simpatici accaduti durante questi trent’anni; la produzione di un libro e di un filmato monografico, oltre all’avvio delle procedure per la fondazione di un Museo etnografico e del folklore.

Gianpaolo De Michele

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La storia del gruppo folk di Pontelandolfo: Ri Ualanegli 

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La Memoria
Risorto dall’avvilimento e dalle ceneri del Feudalesimo il talento della gioventù di Pontelandolfo ha potuto finalmente emergere; ed in questa costatazione c’è tutto il rimpianto storico di un popolo spesso dimenticato e lontano da quelle occasioni che elevano l’uomo alla dignità dell’essere umano.
Nella gente di questo paese, quindi, si coglieva la volontà di riscattare il proprio destino molto spesso crudele, tanto che, dimenticare la stanchezza per il duro lavoro nei campi ed affogare le amarezze e le delusioni in canti e danze sfrenate, diventava un’esigenza naturale.
Con questi presupposti e con la freschezza della giovinezza, intorno al 1920 nasce, con spontaneità di intenti, il Gruppo Folcloristico di Pontelandolfo. I componenti, di ogni estrazione sociale, hanno sempre valorizzato, con amore e devozione, le tradizioni di canti e balli della loro terra: memorabile la sua partecipazione ai festeggiamenti del matrimonio di Umberto II, Principe di Piemonte, e l’esibizione a Venezia, durante il Carnevale.
Comunque dopo i facili entusiasmi e l’emotività contagiosa, vennero fuori quelle malattie umane difficili da curare, quali l’avidità e la smania di protagonismo che, dopo anni di esibizione e crescente successo, portarono inevitabilmente alla cessazione di ogni attività (siamo intorno agli anni’ 50).

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All’ ombra di un tiglio che non esiste più…
Con Un’emorragia Irreversibile.
Questo il titolo che apparve sul quotidiano “Il Mattino” del 1961. In quegli anni infatti venne a Pontelandolfo, quale Parroco, don Emilio Matarazzo, personaggio di notevole spessore culturale ed umano.
Con la sua attività pastorale egli fu protagonista degli avvenimenti piu importanti della vita sociale della nostra comunità, in quegli anni in cui si parlava di BOOM Economico e la nostra gente emigrava oltreoceano a ritmi frenetici: sembrava che Pontelandolfo fosse destinato a scomparire con un’ emorragia irreversibile come quel secolare tiglio che caratterizzava la grande piazza del paese “sott’a la teglia” (oggi piazza Roma) che aveva vissuto per anni per poi cedere per… vecchiaia.
La personalità di don Emilio Matarazzo fu per alcuni ritenuta “difficile”, per i più “meravigliosa” ed encomiabile.II suo amore per Pontelandolfo fu fin dall’inizio sviscerato ed esclusivo, come l’amore che ognuno ha per la terra natale, rifiutando compromessi ed ambiguità orientò la sua missione verso il benessere materiale e morale della nostra comunità.
Dopo anni di ricerca appassionata nei meandri degli usi e costumi, riscoprendo i canti, i balli, il modo di vestire e gli attrezzi di maggior uso – nei suoi sogni c’era la costituzione di un museo dell’arte contadina -, don Emilio ripescò quella tradizione del Gruppo Folk risalente attorno al 1920.
Alle varie opere ed attività realizzate da questo “prete” modello, la scoperta della ricchezza e bellezza di questa “sua” terra, nelle cose semplici degli usi e dei costumi dei contadini, erano e sono il suo fiore all’occhiello. Ritrovò nelle “antiche carte” la partecipazione del Gruppo Folk di Pontelandoljo al matrimonio di Umberto II, Principe di Piemonte, e la storica esibizione al Carnevale di Venezia, amareggiandosi nel costatare che tanta bella tradizione fosse stata interrotta e rischiava di essere dimenticata e perduta. E’ in questo modo che rinasce il Gruppo Folk la “Torre” di Pontelandolfo.
Furono gli anni più belli in cui videro il Gruppo protagonista di performances esaltanti in Puglia (Monte S. Angelo), nel Lazio (Minturno), nel Molise e nei paesi della Campania. Gli usi e i costumi del nostro popolo non avevano ceduto per “vecchiaia” come la “teglia” (il gigantesco tiglio della piazza Roma) ed al suono delle Fisarmoniche di Iris Rinaldi e di R. Elda Rubbo, degli organetti di Pellegrino Mancini e Mario Testa riprendevano vigore ed allegria “sott’ a la teglia”.
Ci pare ricordare di quel gruppo il dottor Pasqualino Vessichelli (all’epoca il presentatore), Ezio Baldini (il direttore dei balli), Maria Vittoria Guerrera (interprete mirabile di “Maria Vttò”) e i ballerini: Ilde Boccaccino, Giuseppe Guerrera, Angelina Calabrese, Rocco Longo, Antonietta Lese, Giuseppe Guerrera, Teresa Sforza, Nicola Albini, Clementina Santoro, Giuseppe Ciarlo, Lina Guerrera, Giovanni Polletta, Anna Maria Santoro, Giovanni Ruggiero… e tutti gli altri che ne fecero parte. Una citazione doverosa per questi precursori degli attuali “ualani”, con una punta di malinconia per quelli che adesso risiedono all’estero ed un dolore impotente per coloro che ci hanno prematuramente lasciati.
Detto oggi, potrebbero sembrare imprese di poco conto, ma va rilevata l’importanza e la rarità delle occasioni rapportate all’ epoca in cui avvennero. Tanto meno possiamo sottacere e dimenticare… Suor Concetta… Questa suora che con capacità sorprendenti e pazienza certosina seppe comporre ed adattare canti e balli alle capacità espressive nascenti dei bambini dell’epoca (ora valenti padri e madri di alcuni attuali “ualanegli”),formando il primo Gruppo Folk di bambini. Comunicativa, capacità organizzative,pazienza ed abnegazione di questi due grandi “paladini” del folclore che diedero lo spunto e l’avvio dell’attuale Settimana Folcloristica a Pontelandolfo.
Una nota di rimpianto per queste persone che ancora oggi esercitano il loro fascino e sono ricordati da quella generazione che con essi è cresciuta e formata, compreso chi scrive. Il “trasferimento” di don Emilio e suor Concetta segna una ulteriore pausa per il Folk di Pontelandolfo.

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IL G.T.F.
Dopo alcuni anni, chiamiamoli di “riflessione” si ricostituisce il Gruppo, denominandolo “Ri Ualanegli” (la denominazione deriva da Ualano, colui che conduceva l’aratro; ualanegli, i garzoni che aiutavano a condurre l’aratro, in senso lato tutti i lavoratori dei campi).
Le più disparate esperienze, la ricerca di spazi espressivi e scenici segnano il punto di partenza di questa nuova formazione che nel 1978 assume una nuova veste sociale e diviene “Associazione Artistica – Gruppo Teatrale Folk “Ri Ualanegli” di Pontelandolfo.
Il coinvolgimento di persone quali Pasqualino Vessichelli, Ezio Baldini, Corrado De Michele, Carmine Ruggiero, Mario Testa, Antonio Varrone e Nicola Lopez (che è l’attuale Presidente del Gruppo) fu quasi istintivo e passionale. L’entusiasmo dei partecipanti al Gruppo Folk fu travolgente, tanto da indurci ad elaborare una sorta di spettacolo che non aveva avuto precedenti in Italia: un’ opera teatrale folk.
Era un progetto ambizioso che presupponeva lo studio di ricerche approfondite sulla cultura del nostro popolo per poter evidenziare quell’ enorme patrimonio di usi e costumi, che avrebbero fatto da filo conduttore al nostro racconto.
Nacque, così, lo spettacolo “UN GIORNO…LA VITA” che narra una storia che si snoda nell’arco delle quattro stagioni, ciascuna delle quali rappresenta un periodo preciso della vita, nell’interezza del suo ciclo.
I canti e i balli che si succedono, sono gli originali dell’epoca ed hanno ritrovato nuova linfa vitale nella trascrizione polifonica curata dal maestro Mario Orlando De Concilio, del Conservatorio di Frosinone.
Intanto “Ri Ualanegli” erano cresciuti, maturati; cominciavano ad essere conosciuti ed apprezzati a livello nazionale.
Ad un lancio internazionale ci avrebbe pensato, poi, il nuovo direttore dell’ Associazione.
Infatti, nel 1983, per varie vicende personali, il Gruppo si rinnova ulteriormente; raggiunge con coraggio e spregiudicatezza, obiettivi mai sfiorati prima: a quel punto diveniva un’esigenza naturale ricercare spazi espressivi e culturali di nuove dimensioni.
Varie esperienze, consumate con grande entusiasmo, ci hanno portato sulla scena del Folk Mondiale e …”oggi Ri Ualanegli sono una grossa realtà che va attentamente curata e gelosamente custodita” da ogni sedicente contaminazione progressista.
In questa frase vi è tutto il programma futuro della nostra Associazione Artistica, che può puntare anche più in alto, diventando un sicuro punto di riferimento per il rilancio di Pontelandolfo.
La nuova formazione ha l’intento di rappresentare, con passione ed orgoglio, il retaggio di una civiltà antica e mai vecchia, se pure filtrata dalle nostalgie: I miti della nostra cultura popolare e gli echi della nostra tradizione sono patrimonio integro di un popolo che tanto ha tributato alla storia, perciò va salvaguardato gelosamente, pur di non farlo affondare nel vortice del progresso tecnologico.
Anche qui si fece l’Italia sulla pelle degli innocenti.
Infatti Pontelandolfo, nel 1861,conobbe l’onta dell’eccidio.
Dopo disordini e tumulti popolari (insorti a causa di partigiani filo-borbonici per gli uni, e tristemente noti come briganti per gli altri, che si opponevano al costituendo Regno d’Italia e che, con Pontelandolfo e la sua gente avevano avuto poco a che fare) si ordinò la distruzione del paese, che era allora il più grande del comprensorio: donne violentate, case incendiate, le porte della chiesa strappate e bruciate.
Pontelandolfo,così,pagò il suo tributo all’Unità d’ItaIia con una storia sanguinosa, che poteva essere evitata, conoscendo l’amaro sapore della distruzione; vittima illustre del potere dell’arroganza e del terrorismo savoiardo, che non tenne conto dei desideri e delle speranze di gente semplice e umile, che non amava la violenza e che nulla sapeva di politica e di strategie storiche.
L’ambizione del Gruppo si è sem­pre riferita alla tradizione pura e a quanto sia testimonianza (utensili, ceramiche ed attrezzi vari) degli usi e dei costumi, delle manifestazioni di pensiero e di sentimento della gente contadina e di tutto ciò che riguardi intrinsecamente il passato di Pontelandolfo, nella volontà di recuperare,
per intero, le proprie radici, che troveranno la loro collocazione storico­scientifica nel museo del Fo1klore e di Cultura Popolare di Pontelandolfo, di prossimo allestimento.
La conservazione dell’ enorme patrimonio di usi e costumi, retaggio del passato,viene tradotto dal G.T.F.Ri Ualanegli in uno spettacoloteatrale di folk puro,studio di approfondite ricerche sulla cultura popolare dal titolo “UN GIORNO…LA VITA!!!”.

Lo spettacolo
E’ una storia che si sviluppa nell’arco delle quattro stagioni, ciascuna delle quali rappresenta un periodo preciso della vita: La Primavera: il risveglio della natura, coincide con la nascita, la stagione dei giochi, la fanciullezza;L’Estate i primi amori, il fidanzamento e il matrimonio;L’Autunno la vita coniugale, le abitudini;
L’Inverno: la vecchiaia, la fINe della vita, la conclusione di un ciclo che, però riprende subito dopo con l’avvento della nuova Primavera.
In quest’arco di tempo, tutti quei lavori dei campi che ad esso appartengono, stagione per stagione, come la mietitura, la semina, la vendemmia ecc. a cui si accompagnano le musiche e i canti originali dell’epoca, che trovano nuova linfa espressiva nella traduzione polifonica del maestro Mario Orlando De Concilio, del Conservatorio di Frosinone.
L’interpretazione resta comunque rigidamente legata ai canoni del folklore puro, soprattutto nei costumi femminili, che sono gli originali dell’epoca; ogni indumento indossato ha una sua storia e un suo simbolismo.
Dalla camicia ricamata ai mutandoni merlettati, dalla cinta intessuta a mano al grembiule multicolore (“mantera”) dal fazzoletto dai disegni semplici ai caratteristici calzati (“zampitti”) in pelle di vacca o bufala tenuti aderenti dalla caviglia al polpaccio mediante un intreccio di corde. Persino gli ori testimoniano l’artigianato locale e sono talmente importanti e radicati negli usi, da rendere impossibile l’immagine di una tradizione esistente, da essi slegata: primo fra tutti la “stella” che è il simbolo dell’ amore e del riscatto della gente di Pontelandolfo.
Le più disparate esperienze, la ricerca di spazi espressivi e scenici, segnano l’itinerario di questa Associazione. I ricordi, le nostalgie, i rimpianti e le certezze, le ansie e le soddisfazioni vengono filtrati e diventano momenti di riflessione per fare di più e meglio. .
A dodici anni di distanza dalla fondazione, e a trenta dalla riscoperta, le cose da fare e realizzare restano ancora tante… troppe per testimoniare e rendere viva quella genuinità e quella vitalità che ha caratterizzato gli “scarpitti” di Pontelandolfo. Il compito assunto dal Direttivo dell’Associazione non è dei più facili, e l’augurio che ci facciamo è di non deludere le aspettative ed i ricordi di quanti il folk lo hanno vissuto da vicino.
Nota: Ci scusiamo con il lettore se qualche nome è rimasto nello “stipo” dei nostri ricordi.

Pagine a cura di Nicola De Michele con la collaborazione di Antimo Albini e Nicola Lopez.
Un particolare ringraziamento va a Tonino Masella che ha procurato l’incontro con le Comunità di Pontelandolfo d’oltreoceano.
La Tarantella
Un discorso particolare merita la “Tarantella” che è il ballo di maggior effetto coreografico e spettacolare. Ma cos’è e quale significato ha questa danza per i Pontelandolfesi? !
La tarantella è un genere di danza molto diffusa nel napoletano ed è chiaro che la vicinanza ha inciso nella omogeneità dell’area.
La caratteristica gioiosa e i movimenti rapidi ed ariosi fanno pensare alle convulsioni provocate dal morso della tarantola, da cui, pare, derivi, e su cui la tarantella avrebbe avuto proprietà terapeutiche; comunque le sue radici, partendo da queste credenze popolari, si perdono nei tempi. Di certo si sa che veniva danzata in occasioni particolari, come il carnevale o dopo i duri lavori nei campi, per alleviarne la stanchezza e per dimenticare le amarezze e le delusioni della vita.
Un vorticoso ballo di coppia dall’andamento figurativo alternante e a tratti aggressivo, il cui ritmo è scandito dal tamburello (strumento principe di questo genere musicale) confortato dalla sovrapposizione melodica dell’organetto.
Il motivo centrale ritorna sempre, dopo un andamento iniziale moderato, e assume toni sempre più accesi, con accelerazioni che conducono al parossismo.
Un gioco fantastico di terzine ed una tramutazione di tempo in quattro e dodici ottavi che diviene opprimente, irritante, ossessivo come il Bolero di Ravel, come il destino della V sinfonia di Beethoen, solo che questo motivo è nato secoli prima, forse millenni. Negli intervalli delle otto battute musicali si inserisce il grido del capoballo che manda il pubblico e gli stessi ballerini in eccitazione: più che un urlo, è un segno improvviso di “phonè” che riconduce all’istante frenetico; un incantamento vocale che trasforma persino il dolore in delirio.
La scena si carica di mille figurazioni diverse, ora a cerchio, ora a punta, ora a stella, in un magico caleidoscopio di disegni e di colori, per la ricchezza dei costumi femminili, sopravvissuti all’usura dei tempi perché non sono mai usciti dalla storia, e pur sempre splendidi e pieni di fascino.
Questa danza ha dato al G.T.F. “Ri Ualanegli” tantissime soddisfazioni ed è, oggi, divenuta il nostro passepartout culturale negli scambi con gruppi di diversa nazionalità, e non a caso è stata premiata al I° Festival Mondiale del Folklore a Monaco di Baviera: e la Tarantella è forse una delle pochissime cose che rappresentino ancor oggi l’orgoglio del pontelandolfese.


 

UNA NUOVA DIMENSIONE UMANA E CULTURALE
“… Probabilmente il nostro paese risente il retaggio storico che ha chiuso ciascuno sulla propria cultura, facendo perdere quello stimolo che porta ad una diversa visione del mondo e ad una nuova dimensione umana, consentendo la parità mentale… che ci consente di dialogare senza divisioni profonde e di partecipare alla vita senza egoismi e pregiudizi…”
“…ed è singolare che i giovani “Ualanegli” richiamino a vere forme di “grand-jeu” con uno spirito di partecipazione che va dall’amore per le tradizioni all’interesse per i linguaggi dell’arte, della musica, della poesia e del teatro…”
questo scriveva di noi il compianto Angelo Zara, uomo di grandissima cultura, tra i grandi del giornalismo italiano, che ha anche lasciato la sua personalissima impronta nella pittura, nella scultura, nello sport, nel teatro. Nelle disquisizioni letterarie (o saggi) e soprattutto nelle attentissime “analisi” sulla tradizione. Angelo Zara, degno figlio di Pontelandolfo, desiderava trascorrere almeno l’ultima parte della sua vita nella propria terra natale “…se si intende che cultura è aiutare a capire, non significa lavorare solo in funzione dell’immagine di una sineddoche, ma nell’intesa innovativa di tutto un contesto… cultura è moneta della mente che va continuamente scambiata con chiunque senta il bisogno di arricchirsi e di arricchire… i giovani del Gruppo Folk, nel loro programma, intendono per cultura quel genere di conoscenza che non si appaga dell’effimero, del fantastico, del “bello”, del seducente, della ragione obnubilata dai sentimenti, cioè di quegli ingredienti che rappresentano le grandi falsificazioni di questo genere di moneta, che mortificano l’intelligenza… e tutto ciò induce a gravi errori di gusto che, sono certo, questi giovani non commetteranno mai… Perché per loro non è solo folclore o teatro o altro per sfuggire alla monotonia dei ritmi paesani… è assicurare il confronto dialettale con altri dialetti, è confrontare esperienze e culture… è ridare alla gente la sua anima tradizionale…”. Probabilmente queste furono le ultime riflessioni fatte da Angelo Zara sul suo paese e la sua gente: è morto improvvisamente.

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