La verità sulla morte di Cavour

RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “MEMORIE PER LA STORIA DEI NOSTRI TEMPI ” TERZA SERIE -torino-1865 
Da pag.86 A 90
LA VERITA SULLA MORTE DEL CONTE DI CAVOUR
Il marchese Gustavo di Cavour ha indirizzato la seguente alla ” Nationalités”  in risposta ad un articolo della Gazette de France:
Turin, 20 juin 1861.
Monsieur le Rédacteur,
“L’article de la Gasette de France que vous m’aves signalé, contient de graves inexactitudes sur les circonstances qui ont accompagné les actes religienx par lesquels mon bien aimé frère a voulu consacrer le dernier jour de sa vie mortelle.
Il est absolument faux qu’il sit fait, ou que l’on ait exigé de lui avant sa mort, une retactation formelle en présence de deus temoins,
Il est faux pareillement qu’on ait fait demander par le télégraphe à Rome une dernière absolution pour lui au Souverain Pontife. .
Il est faux que notre curé qui l’a admirablement aesisté a son lit de mórt, se soit ensuit rendu à Rome. •
Ce digne ecclésiastique, auquel mon frère accordait beaucoup d’éstime et de sympatie, n’a pas quitté Turin depuis le jour fatal de 6 juin,: et il célébrera,
demain dans son église paroissiale un service solennel en mémoire de son ancien paroissien.
Veuillez aggréer, monsieur, l’expression de mes sentiments de parfaite oonsidération.
“G. De CAVOUR”
IL CONFESSORE DEL CONTE DI CAVOUR
( Pubblicato il 9 agosto 1861 ).
E la quinta o sesta volta che la Gazzetta del Popolo si occupa ne’ suoi prini articoli del Padre Giacomo da Poirino, amministratore della Parrocchia degli Angioli in Torino e ne piglia le difese, e ne scrive il panegirico; e unita col Siècle di Parigi lo dichiara venerabile. Quest’episodio della nostra rivoluzio ne merita un cenno. E dapprima è da sapersi che cosa sia questo giornale intitolato la Gazzetta del Popolo, che così all’improvviso mostra tanto zelo, tanto affetto, tanta devozione ad un prete, anzi ad un frate, e ad un frate mendicante, un di quei frati che si vollero di preferenza abolire, perché còme diceva in Senato il conte di Cavour, favorivano l’accattonaggio ( Nella tornata del Senato del 9 maggio 1855 il conte di Cavour si sbracciava contro i frati e gli Ordini mendicanti. Fra le altre cose disse : Io credo, o signori, di dover dichiarare che, a parer mio, tutti gli ordini religiosi…… che riposano sul principio della mendicità, sono ora radicalmente inutili, sono ora dannosi» (Rendiconto Ufficiale, N° 147, pag. 515). E più innanzi, dopo aver detto che il governo doveva sbandeggiare l’accatonaggio, soggiungeva :   “Ora, o signori, come potete sperare che si consideri l’accattonaggio come atto riprovevole, quando tanti stabilimenti, i quali sono considerati come rispettabili; e che debbono, finché esistono, essere rispettati, quando, dico, tanti stabilimenti sussistono sul principio dell’accattonaggio” (Loc. cit.)).
Noi non andremo a cercare che cosa dicesse della Gazzetta del Popolo il signor Brofferio. Descrivendo tre soli mesi delle sue pubblicazioni, scriveva dei suoi compilatori che altro non fecero se non ” calunniare, denunciare, prostituire, corrompere, maledire, infamare, deludere, falsificare, non per trenta monete come Giuda, ma per cinque centesimi, senza l’onore del fico e della corda”  (Voce nel Deserto, N°20 del 29 dicembre 1850).
Non andremo a cercare come i suoi, compilatori un giorno protestassero di non essersi confessati, di non volersi confessare, e che non si confesserebbero nemmeno a termine di vita.
Non andremo a cercare come chiamassero l’ostia consacrata un gnocco, come muovessero la più aspra e insolentissima guerra al P. Ignazio, parroco della Madonna degli Angioli, e poi a tutti i frati in generale ed ora principalmente al Papa.
Lascieremo tutto questo da parte, contentandoci di citare quello che dei poeti, dei frati e del Cattolicismo scriveva la Gazzetta del Popolo l’11 di luglio del 1861, nel suo n° 190. Leggete e inorridite :
“Coi preti noi non crediamo che sia punto bisogno di bazzicar mai, nè nascendo, nè vivendo, e tanto meno morendo, perchè per solito, in quest’ultimo periodo non si ha troppa voglia di mascherate. — E i preti vestiteli col tricorno, o berlindottescamente, col cilindro; strangolateli col colletto a uso cane, o col pezzuolo a uso bambinello, che non vuol macchiarsi mangiando la pappa; vedeteli parati da messa o da vespro, da vivo o da morto, son sempre maschere anche se non si incollino un volto di cartone sulla faccia, perchè già la faccia dei preti è sempre artificiale. – Peccato che ce ne sia qualcuno ancora di galantuomo. — È quello che rovina il negozio, perchè fa credere alla possibilità di una CIARLATANERIA, che un po’ alla volta, roan mano che si van squarciando le tenebre, va via dileguando all’apparir della luce.
“Tanto e tanto, tutto in una volta non si può avere. Per piantare sodamente il dominio di grandi verità, s’è dovuto pur troppo passar sempre attraverso lotte terribili, perché i bastioni dell’ignoranza fortificati in quiete da secoli, da¬vano molto a sudare, e ne daranno ancora per Dio sa quanto, ai soldati della intelligenza ».
Capite? Il Cattolicismo è una ciarlataneria, preti e frati sono ciarlatani e un po’ alla volta, come dice il titolo dell’articolo, bisogna disfarsi della religione e del sacerdozio. Or bene la Gazzetta del Popolo è divenuta improvvisamente amica di uno di questi preti e di questi frati, e ben lungi dallo strangolarlo col colletto a uso cane, lo vuoi mettere in un Panteon. .
Leggete ciò che la Gazzetta del Popolo scrive nel suo numero 218 dell’8 di agosto, e voi vedrete come i suoi panegirici vengano ricambiati colle più rare confidenze e preziose comunicazioni.
RITORNO DI PADRE GIACOMO , Oggi padre Giacomo sarà di ritorno a Torino.
La città intiera gli dirà con effusione di cuore : ” Padre, siate il benvenuto ! La vostra condotta è il più eloquente elogio della vera religione. Alla vera religione voi avete fatto un gran bene coll’esempio della incrollabile vostra fermezza, colla vostra rassegnazione a qualsiasi maltrattamento piuttostochè tradire il vostro dovere ». .
Ma, con quali termini fu chiamato a Roma il padre Giacomo, e in quale scopo ?
Coa quali termini?
Eccovi la lettera che gli scriveva da Roma il ministro generala dell’Ordine per invitarlo a nome del Papa:
Lettera del Ministro Generale dell’Ordine al R. P.  Giacomo.
  Molto Rev. Padre stim.mo,
Il Santo Padre mi incarica di invitarla a venire a questa Metropoli, perchè brama abboccarsi con lei, e mi promette da quel che è di assicurarla da qualunque ombra di timore. Io poi son persuasissimo  che lungi dal riportarne nè pur un solo rimprovero, ne ritornerà pel contrario consolata, tranquilla e contenta, e sarà ciò di gloria per l’ordíne, e soprammodo per cotesta custodia. Mi dia ascolto e venga, che se per circostanze che da qui non possiamo tutte prevedere, non potesse venire di persona, basta anche che venga in vece di lei un qualche padre esperto e di valore. Ella conosce poi di quanta  importanza sia questo comando. La benedico con paterno affetto e mi raffermo di V. P. Molto Rev.
Roma, Araceli 13 luglio 1861 .
Aff.mo servo nel Signore
Fra S.Bernardino, ministro generale.

A. P. Giacomo amministratore della parrocchia
degli Angeli in Torino.

“Il prelodato generale in un’altra sua in data 13 luglio al P. Provinciale, cosi ei esprimeva: “Le accludo una lettera per consegnarla al P.Giacomo da Poirino. Esorto lei a far si che venga, o mandi persona di fiducia ed esperta, e senza neppure ombra di timore, perchè il Santo Padre promette la sua parola di non bramar altro che udire col vivo della voce l’affare. Porto opinione che ciò sarà di molto onore per cotesta custodia e decoro dell’Ordine”. .
In un’altra, in data del 23 luglio, soggiungeva allo stesso provinciale : “Attendo con piacere il noto Padre, e giunto che sarà io stesso lo accompagnerò, lo assisterò in ciò che potrà occorrergli, e potrà star certo che verrà accolto con vero affetto ed amore paterno ».
Malgrado queste melliflue e paterne assicurazioni, l’Europa intiera conosce come sia stato trattato  il povero Padre dalla Corte di Roma!
Ed Ecco il P. Giacomo divenuto un nuovo Galileo! Povera vittima! La Gazzetta ha detto che oggi sarà di ritorno in Torino. E noi vedremo le traccie dei suoi patimenti, vedremo i segni delle torture, delle tenaglie, delle corde, dei cavalletti, dei flagelli, dei cilicii !… Se il P. Giacomo è un galantuomo, al dire della Gazzetta del Popolo, se è un peccato che tra parrochi ce ne sia qualcuno ancora di galantuomo,  come essa diceva l’11 di luglio di quest’anno, dovrebbe essere contentissima che gli sia stata tolta l’amministrazione della parrocchia della Madonna degli Angioli.
Imperocchè sembra che tutte le torture inflitte al P. Giacomo si riducono a questa. Il Papa non gli ha torto un capello, ed ha Iasciato che le cose procedessero gerarchicamente. L’Opinione del 7 di agosto ci disse che « il Padre Provinciale, dell’Ordine dei Minori Riformati sospese P. Giacomo dall’ufficio di amministratore della parrocchia della Beata Vergine degli Angioli ». Oggi, 8 di agosto, corregge la notizia e soggiunge: « Il Provinciale non c’entrà per nulla,ed il provvedimento non potrebbe essere stato preso che dal Generale dell’Ordine ». Comunque sia, è sempre una provvidenza interna dell’Ordine istesso, e, cosa singolare! gli apologisti del P. Giacomo combattono l’Ordine a cui appartiene!.
Ma perchè sospenderlo dalla parrocchia? Qui la menzogna e l’impudenza rivoluzionaria oltrepassano ogni confine. La Gazzetta del Popolo e la Gazzetta di Torino osano stampare che si voleva costringere P. Giacomo a rivelare la confessione di Cavour! Chi scrisse queste parole sa d’aver mentito, e se il Padre Giacomo vorrà fare il suo preciso dovere, egli stesso protesterà contro tanta calunnia. La Chiesa ha un così grande rispetto pel sigillo sacramentale che tutto tollera, tutto permette, innanzi che offenderlo menomamente, ed ha posto sugli altari Giovanni di Nepomuceno, vittima della sua fedeltà al segreto della Confessione.
Non è come confessore che il P. Giacomo fu interrogato, ma come amministratore della parrocchia. Egli non aveva nulla da dire quanto al Sacramento della Penitenza, bensì quanto al Viatico. Questo era un fatto pubblico, che non poteva avvenire se non sotto certe condizioni che sono gli elementi della morale cattolica. Il Generale dell’Ordine, a cui appartiene il P. Giacomo, l’ha stretto con questa argomentazione : o voi non avete studiato de Re Sacramentaria, o non avete voluto mettere in pratica ciò che la Chiesa prescrive. In un caso o nell’altro non siete atto all’amministrazione della parrocchia, e vi sospendo. Che cosa hanno a ridire i fautori della Chiesa libera in libero Stato? Lo stesso conte di Cavour, se fosse vivo, non riconoscerebbe i diritti della Chiesa e dell’ordine?

Ma la rivoluzione si affretta a cogliere questa circostanza per rendere odiosa la Confessione. Si è per ciò che i signori della Gazzetta del Popolo, i quali protestarono di non confessarsi mai, gridano al sacrilegio, ed esclamano ; “Oh rendiamo onore al P. Giacomo! Egli ha separata e salvata la religione da questo immenso scandalo, che sarà eternamente l’obbrobrio del governo papale!”.
Ma nessuno invidierà questi onori venuti da chi scrisse un mese fa: « Coi preti noi non crediamo che sia punto bisogno di bazzicar mai, nè nascendo né vivendo, e tanto meno morendo ». Ed eccoti onorato il P. Giacomo come salvatore della religione da chi negò perfino la necessità del Battesimo!