Brigantaggio a Solopaca – Giuseppe Cutillo

CANELLI RICERCA EFFETTUATA DAL Prof.Renato Rinaldi sul libro “BRIGANTAGGIO A SOLOPACA” note inedite di storia sannita 1860-63 di Vincenzo Canelli -collana di studi storici 1976-
PREMESSA
Del brigantaggío meridionale, della sua genesi, natura ed attività, molto è stato scritto.
Non è, pertanto, mio intendimento entrare nel merito di un discorso già così largamente portato avanti.
Presentando queste poche ma inedite note sull’attività del brigante Giuseppe Cutillo, che infestò Solopaca e paesi limitrofi tra il 1860-63 e di altre bande che ebbero rapporti, sia pure indiretti, con questa zona, intendo offrire un modesto contributo all’arricchimento storiografico del brigantaggio sannita e colmare, mi si conceda, una lacuna.
L’attività del Cutillo è infatti sfuggita agli studiosi precedenti, forse preoccupati di presentare i più celebri tra i briganti sanniti quali ad es. il Giordano, come campioni del brigantaggio politico filo – borbonico e oppositori ad oltranza del nuovo regime.
Ci fu, invece, da noi anche un brigantaggio di tipo comune che convisse con quello socio – politico.

A questo tipo di brigantaggio appartiene appunto il Cutillo, le cui “gesta” posso presentare grazie anche ad un prezioso diario – manoscritto, opera del Notaio Giovanni Romanelli testimone oculare e puntuale annotatore di questi fatti, come di avvenimenti della vita solopachese dell’800.
Il manoscritto mi fornisce pure l’occasione di arricchire, con particolari spesso utili, certamente interessanti, le già esistenti monografie intorno ad altri banditi locali.
Anche se l’attività criminosa del Cutillo ebbe il movente, come per altri briganti, in un “incidente” personale, essa si svolse successivamente sul piano del banditismo mafioso che trova una sconcertante similarità, anche nei particolari, con quella dei nostri giorni.

Nota
Il solopachese Giovanni Romanelli fu nominato Notaio con Reale Decreto dei 2 giugno 1866.
Il 7 novembre della stesso anno, dopo aver prestato giuramento, fu immesso nella aurica notarile del distretto di Frasso Telesino.
Il 16 ottobre 1865 si unì in matrimonio con la sig.na Clorinda Mosiello di Frasso.  La Clorinda morì il 6 gennaio 1867.


EPISODI DI BRICANTAGGIO A CASALDUNI E PONTELANDOLFO

Nella seconda metà del 1861, il brigantaggio, fenomeno di sempre, dilaga anche per le particolari situazioni socio-politiche determinatesi in seguito alla caduta della Monarchia borbonica e all’avvento dell’Unita d’Italia (San Lorenzello e la valle del Titerno-pag.125.L.E.R.Napoli1968).
Le montagne di Solopaca, di Cerreto Sannita e di Frasso Telesino costituiscono un covo sicuro per i briganti, considerati dai Governanti italiani del tempo, per lo più piemontesi, delinquenti comuni da eliminare con spietata severità.
Dappertutto esso ha un nome.
A Cerreto Sannita: Cosimo Giordano; a Pontelandolfo: Filippo Tommaselli.
A Solopaca si chiama: Giuseppe Cutillo.
Questi paesi, particolarmente Pontelandolfo e Casalduui, diventano oggetto di vessazioni e inauditi soprusi.
Il 7 agosto 1861 una cinquantina di briganti, giunti a Pontelandolfo, saccheggiano, incendiano, ammazzano.
La casa dell’esattore del luogo, Michelangelo Perugini, come quelle di tanti altri, vengono date alle fiamme. Lo stesso percettore viene ammazzato, mutilato e dato nudo alle fiamme. Il settuagenario Filippo Lombardi è ferito mortalmente II Sindaco don Lorenzo Melchiorre, preavvertito, sfugge a sicura morte.
Il popolo è dalla parte dei briganti: 3000 “mascalzoni” filo-borbonici costituiscono il nuovo governo del paese.
I briganti sarebbero stati chiamati, secondo il Monnier, da cinque Canonici e da un Arciprete! (M.Monnier-Notizie storiche documentate sul brigantaggio nelle Province napoletane, pag.108,Napoli 1965)
II giorno seguente, un drappello di piemontesi, inviati da Benevento per arrestare i briganti, viene da questi massacrato con l’aiuto del popolo.
Un vero eccidio!
Fatti analoghi si verificano a Casalduni, protagonisti sempre i briganti, favoriti dalla stragrande maggioranza del popolo.
Incidenti cosi gravi non possono passare sotto silenzio.
Il 13 agosto 1861, infatti, un contingente di 350 bersaglieri proveniente da Napoli, staziona a Solopaca.
Sulla sera dello stesso giorno, le penne nere lasciano Solopaca e si dirigono verso San Lupo. In pari tempo altri contingenti muovono da Benevento e da Cerreto Sannita. Tutti puntano su Casalduni e Pontelandolfo con l’intenzione di punire esemplarmente quelle popolazioni che, con l’aiuto dei briganti, si sono ribellate al Governo Nazionale (Romanelli-Diario manoscritto; M. Monnier o.c., pag.109.).
E’ la vigilia del ferragosto 1861 : agli occhi delle popolazioni della Valle del Calore, Pontelandolfo e Casalduni appaiono come un immenso falò.
« Giustizia è fatta » è il laconico dispaccio inviato dal Colonnello Negri al Governatore di Benevento (A.Di Biasio Guardia Sanframondi pag.54, Gentile, Napoli 1961; M.Monnier, o.c., pag. 110).
Compiuta l’operazione, i bersaglieri ritornano a Solopaca carichi di bottino: oro, posate d’argento, bracciali ed anelli di valore, capi di biancheria pregiata, oggetti sacri tra cui un ostensorio d’argento.
Nel cortile dell’allora Ducale, il cui spazio antistante viene saltuariamente usato per il mercato paesano, i militari aprono una vendita cosi come avevano fatto a San Lupo.
E i briganti?
Assistono alla vendetta e alla strage dai sicuri rifugi montani covando propositi di rivincita.

Nota:
La sede del mercato a Solopaca era la piazza: il primo mercato ci fu il 5 gennaio 1851.
Il piano superiore del Palazzo Ducale fu adibito ad ospedale per i militari di passaggio, fin dal 1844.
Il 13 febbraio 1824 la galleria del Palazzo fu danneggiata da un incendio causato dalle fiamme che si sprigionarono dalla ciminiera. Il danno si aggirò sui 70 ducati.
Detto Palazzo fu costruito nel 1660. Vi lavorarono molti forestieri, principalmente Telesini, chiamati da Antonio Ceva Grimaldi.


IL BRIGANTE CIUSEPPE CUTILLO

Nacque a Solopaca, ridente ed ospitale cittadina del Sannio dal vino generoso e dall’olio pregiato, il 16 marzo 1838.
Arruolato nell’Esercito borbonico, era divenuto “sbandato” dopo la battaglia del Volturno.
Profittando di questa circostanza, il solopachese Giuseppe Tancrcdi di Luigi – che nutriva per il Cutillo vccchi rancori originati da “gelosia d’amore” – mette sulla sua pista le Guardie nazionali Mennato Tancredi e Pasquale Di Carlo che lo arrestano.
Ma il Cutillo riesce a fuggire, mentre viene tradotto sulla Via di Melizzano, dalle mani dei distratti militi.
Comincia così l’avventura di Ciuseppe Cutillo.
Formata una banda di uomini dal grilletto facile, il bandito si rifugia, di volta in volta, sul noto monte della “Palommella” e della “Ternità”; nel fortino di “Rottaruotolo”; a “e .. . ssette sierri”; a “Vallone d’Utro”; a “u … cchiano u milo”; a “Costa manca” come “a . . . santa Maria”.
Le prime attività della banda sono a scopo di estorsione.
Il 31 agosto 1861 un gruppo di 6 elementi, dopo aver sparato a scopo intimidatorio alcuni colpi di fucile, si appropria dei capi di bestiame che il proprietario Pasquale Tancredi pascola sulla Montagna del “Roseto”.
(Solopaca, agli inizi del sec. XIX, aveva avuto un altro capobrigante: Nicola Tancredi, fu Angelo, ammazzato il 14 aprile 1814. Il 16 luglio 1806 era stato ammazzato Vincenzo Franco, brigante assai terribile, ad opera della truppa civica di Cerreto Sannita).

E’ il primo sequestro di … bestiame in questo periodo.
Il Tancrcdi avrebbe riottenuto le vacche dietro pagamento di un’abbondante somma e di altrettanto abbondante vitto.(i banditi preferivano: prigiotti, caciocavallo, dell’ottimo vino e pane bianco)
E così avvenne!
Seguono altre ruberie.
Nonostante che i “Piemontesi”, impegnati nella soppressione del banditismo, avessero dato una lezione esemplare con la spietata fucilazione all’imbocco del vicolo “Tazzi” di Solopaca di Gabriele Forgione fu Bernardo, pericoloso malvivente, detenuto per «vari furti e ricatti di persone sia nel nostro paese che di questi contorni » e la cui morte non fu compianta da nessuno perchè « se n’è creduto meritevole »(G. Romanelli Diario – manoscritto citato) la vita degli operosi solopachesi non cessa di essere meno turbata.
Ai sequestri, di bestiame seguono infatti quelli di persone.
Alle ore 16 del 15 novembre 1861,18 briganti « calando dalla sala » si portano, per il ponte Maria Cristina sul Calore(I lavori per la ricostruzione del Ponte di ferro, opera dell’Ing. Cav. Giuri, inizîarano il giorno 11-6-1832. Il primo dei 4 leoni posti “a guardia” del ponte, fu “sistemato” il 17-1-1835. Il secondo il 22-1-1835. Gli altri due il 27 gennaio dello stesso anno. Tutti e 4 furono lavorati a Napoli. I felini marmorei furono portati a Solopaca il 15-10-1834), nella masseria di Giuseppe Fuschini, agricoltore del luogo e lo sequestrano insieme al figlio.
Dopo averli legati e forse anche imbavagliati, li trascinano nella zona montana di « S. Maria delle Grotte » – già Badia benedettina del X sec. di cui restano ruderi e solo ruderi – e li tengono in ostaggio (I solopachesi chiamano la Badia di S. Maria delle grotte con l’espres
sione tipicamente paesana : “e … ccelle i moneci”).

Il giorno dopo a Tancredi padre viene concessa la libertà provvisoria perché deve racimolare la somma del riscatto per sé e per il figlio.
Il pover’uonto, mortificato ed avvilito, fa tenere ai briganti 18 “piastre” (Piastra: equilaveva a 12 carlini. Il carlino equivaleva a 10 grana. La grana a 20 tornesi. Il tornese equivaleva a 1/5 della cinquina. La cinquina equivaleva a 1/4 del carlino).
La somma è irrisoria. I briganti non l’accettano. Deve sborsare di più, altrimenti…
L’addolorato e afflitto genitore prepara la congrua somma 150 ducati (Il ducato equivaleva a 10 carlini). I briganti si accontentano e la notte del 18 novembre, dopo tre giorni di dura prigionia, liberano anche il figlio.
Le trattative famiglia Tancredi – briganti vengono condotte con estrema delicatezza.
Ieri come oggi, in era di avanzata società industriale e consumistica, un’imprudenza nei sequestri di persona, sarebbe stata pagata a prezzo molto caro.
Via via che passano i giorni l’aria di Solopaca diviene sempre più pesante e le pagine di letteratura criminale crescono, purtroppo, a dismisura.
Ai sequestri e furti di vario genere si aggiungono i conflitti a fuoco sulle montagne specie nella zona di « S. Mennato », che non risparmiano con le loro vittime, altri dolori ai Solopachcsi.
La nostra cittadina è ormai divenuta una vera e propria zona di operazioni. Le forze piemontesi la pattugliano di continuo.
Ma per il Cutillo è giunto il momento di regolare i conti con la spia – rivale Giuseppe Tancredi.
E’ il 28 novembre 1861. Il Tancredi, proprietario di un fondo ii contrada Bagno (…ngoppa u agno) si reca, come al solito, al lavoro.
Entra nella sua masseria, raggiunge la cucina. A questo punto tre uomini armati ed a viso scoperto, capitanati dal Cutillo, lo immobilizzano e lo trascinano ben legato alla volta della montagna.
Giunti in contrada “Acqua morta” ovvero alle “Fornaci” ove i Moccia dell’epoca : i « fornaciari » Canelli alias “Iacuni” lavorano 1’argilla, i banditi aggrediscono e catturano Salvatore, il figlio di Vincenzo Frascadore, che diventa così compagno di viaggio e di sventura del Tancredi `
I due malcapitati, come Dio vuole, raggiungono, tra insulti e maltrattamenti, il monte della « Trinità » e qui, nonostante i « prieghi e le suppliche » vengono abbondantemente bastonati.
Ne ha di più il Tancredi « che anzi quei forsennati volevano troncargli un orecchio e mandarlo al padre ».
Nella notte, però, la tragedia ha lieto fine.
Cogliendo l’occasione del sonno profondo in cui sono caduti i terribili custodi e lo stesso Cutillo per la lauta cena consumata e resa ancor più gioiosa dal vino e dall’ebbrezza che il bandito aveva provato nel vedersi dinanzi, tremante, il suo nemico, il Tancrcdi se la svigna.
E’ comune opinione – annota il Romanelli – che « se il Tancredi non avesse colta la propizia occasione di fuggir la notte il Cutillo dopo che avesse ottenuta una buona somma di denaro l’avrebbe ammazzato, dapoichè il Cutillo Conserva verso il Tancredi un odio implacabile » (Anni prima, nella zona delle fornaci di proprietà di Michele Canelli, a poca distanza dalla fontana di “Santo Vecienzo”, fu ammazzato dai briganti, Vincenzo Tancredidi alias Cappelluzzo).
Destatisi finalmente dal sonno e scoperta la fuga del Tancredi, i banditi avvertono il capo, il quale, in un eccesso di rabbia, si morde nervosamente le mani, poi, quasi fuori di sé per la svanita possibilita dl Vendetta ,già sadicamente assaporata, stranamente mette in libertà il Frascadore, casuale Compagno di sventura del Tancredi.
Ma i solopachesi, sempre più turbati, tirano un forte respiro di sollievo quando apprendono che il famigerato capobrigante Filippo Tommaselli di Pontelandolfo, arrestato sarebbe passato per Solopaca.
Il colpo certo é grosso!
Il 6 dicembre, intatti, transitano ammanettatí per la via nuova di Solopaca il Tommaselli e i briganti Bartolomeo DI Crosta da Cerreto Sannita e Pasquale Meoli da Casalduni.
Sono stati arrestati durante una fortunosa operazione di Polizia in Caivano.
I tre banditi solevano, appunto, frequentare travestiti un’osteria di quella città.
Una sera, però, nell’ebbrezza del vino, i briganti si tradiscono. Pronunciano « parole sospette » che destano prima la curiosità, poi l’attenzione di alcuni carrettieri, abituali avventori.
Questi infatti si accorgono che i tre sono persone « mica oneste»» per cui sentono il bisogno di scambiare le loro impressioni con la moglie dell’oste, avvertendola che « quelle tre persone davano non pochi indizi di lor cattiva portata » (G. Romanelli – Diario – manoscritto).
La donna dopo aver affermato di condividere i sospetti,ne die’ avviso ad un Sergente: siccome Caivano sta senza Guardia Nazionale ».
Il Sergente, forse appartenente alla Pubblica Sicurezza, radunata molta gente « con scuri, ronche ed altro si reca all’osteria mentre quei signori stavano mangiando » .
I tre banditi si turbano in viso. Ma il Sergente senza esitare chiede loro i documenti.
I1 Tommaselli risponde « che col presente Regno d’Italia non v’è bisogno di passaporto e però essi ne sono sforniti »
Il Sergente soggiunge che « s’ingannavano molto se così la pensavano e, postegli le mani addosso » fa scattare le manette. Li traduce quindi, tutti e tre, dinanzi al Giudice di Caivano il quale domanda al Tommaselli « chi si fosse egli ». Il Tommaselli, facendo il furbo, declina le generalità di Angelo Tommaselli nativo di Guardia Sanframondi che, in realtà, é un galantuomo.
Il Giudice non resta troppo convinto per cui, trattenuti in carcere i tre, chiede al Giudice di Guardia informazioni su Angelo Tommaselli.
La richiesta desta sospetto nel Giudice di Guardia Sanframondi « meravigliatosi come si potesse andar cercando indagini del detto Tommaselli, quando costui si trovava in Guardia», fu che si accorse chi poteva essere il Tommaselli incappato nelle mani della giustizia.
Vengono inviati, pertanto, a Caivano don Raffaele Pigna e don Luigi Assini i quali scoprono l’inganno e, tra lo stupore e l’esultanza, attestano al Giudice che si tratta « del più famigerato brigante, autore di far incendiare Pontelandolfo e Casalduni, di colui che, vestito da Generale borbonico aveva ordinato che tutti gli abitanti di Pontelandolfo avessero, al far del giorno, distesi i tappeti per passare egli ad andare a cantare il Te Deum per il preteso ritorno di Francesco II »
Il passaggio dei tre banditi desta grande meraviglia tra la gente di Solopaca « stupita che si avesse potuto prendere quel giovine biondo e di gentile aspetto, dell’età dei 26 ai 27 anni, tanto audace che aveva mantenuto coi suoi assassinii tutta questa provincia in sentore e che aveva diretto il conflitto a fuoco contro le forze dell’Ordine sulla montagna di « S.Mennato » e anche il Meoli ed il Di Crosta che timidò don Annibale Piccirillo in Guardia »
Ma ormai la sorte del « mostro » di Pontelandolfo e degli altri due: banditi è segnata:
Essi vengono fucilati.
Ma la violenza non si spegne!
Dopo un breve silenzio, il Cutillo si fa sentire.
La mattina del 10 dicembre, infatti, nella zona montana di Solopaca detta « u… cchiano u… milo » che si trova tra « a Palommella » e « a costa e… nnuci », fredda con nn preciso colpo di fucile, il povero Angelo Napoletano, àlias « Cinfulinfuta ».
Ha pagato, si dice, per aver pronunziato parole ingiuriose contro il guappo.
Ma la biblioteca del crimine doveva dare, purtroppo, ancora spazio ai fogli della cronaca nera.
Nonostante che dal 13 dicembre 1861 fosse stata istituita in Solopaca una Stazione di CC. con la forza di 4 militi comandati da un appuntato, una non molto identificata banda di circa 40 elementi, invade, la sera del 14 gennaio 1862, la taverna di Francesco Di Massa(Vi era a Solopaca anche “la taverna- dei sigg. Cacchillo, sulla via nuova, alla Crocella; come pure quella degli eredi di Francescangelo D’Onofrio, nonché quella dei Goglia. E come tacere la Taverna del Duca in quel di “Terranova”?
Terranova: villaggio edificato dai profughi Telesini, scampati al terremoto dei 9 settembre 1349, nel luogo ove è attualmente il cimitero).
I briganti, dopo avergli involato quanto avea, gli catturano il figlio Pasquale con dieci carrettieri abituali avventori e li trascinano con loro sulla montagna precisamente a « Vallone d’Utro » – altro posto tappa — in una notte da cani per la neve che, abbondante era caduta nella notte e per una freddissima bora.
Pasquale, il figlio del tavernaio viene rilasciato dopo due notti di prigionia. Il padre aveva inviato ai rapitori un tomolo e mazzo di pane.
Ma i banditi hanno puntato grosso.
Tra i carrettieri sequestrati, ce ne sono due ricchissinni di Miano per il riscatto dei quali chiedono ed ottengono una ingente somma.
I solopachcsi sono veramente smarriti!
« Noi altri galautuomini – afferma il Romanelli — a tali notizie abbiamo di ogni nostra casa fatto una prigione, non potendo più uscire.Ah! che non pensavamo mai di ottenere dietro tanti sacrifici di sangue e denaro tanta libertà! »
Il Cutillo frattanto, intimidito e surclassato dalle bande rivali che ormai gli toglievano la piazza, viene abbandonato dalla maggior parte dei suoi e si aggira solitario tra i campi in cerca di cibo, braccato dalle forze dell’Ordine.
Il Romanelli ci informa di aver notato la mattina del l8 marco 1862, in contrada « S. Pietro » a quel punto “dove incomincia il precipizio tra il fondo nostro e quello dei fratelli Giannetti », uno sconosciuto inerme che, al vederlo si « era accostato alla rupe e si era
precipitata da essa » .
Solo al suo ritorno in paese il Romanelli si era reso conto che si trattava del famigerato Cutillo. Gli fu riferito infatti che il brigante, « mentre stava bevendo del latte con altri suoi quattro compagni in contrada S. Stefano, era stato intercettato dalla Guardia Nazionale. Gettate via le armi ed altri oggetti personali il Cutillo, passato il fiume, si era rifugiato appunto in Contrada San Pietro » . -.
La storia del Cutillo assume, a questo punto, un sapore leggendario.
Imbattutosi una mattina sulla via di Frasso in quattro Carabinieri che gli avevano chiesto le generalità, il Cutillo si dà alla fuga.
Al vederlo fuggire i Carabinieri « Invece di tirargli, per cui avrebbero potuto forse ottenere qualche risultato, lo inseguirono ».
Il brigante, sempre braccato, guadato il fiume nella zona dell’« isola »(Isola: zona lungo la strada che, da Solopaca, attraverso “e… cciraselle » porta al Torello, frazione di Melizzano) `si diresse verso la piana di Telese, indi su Monte Pugliano (Zana collinare che sovrasta i bagni di Telese.) « dove non fu più possibile il ritrovarlo »


ALCUNE NOTE SUL BRIGANTE GIUSEPPE ”O’ PAGLIACCIO” DI SAN LORENZO MAGGIORE ED ALTRE BANDE
Qualche storico locale ha attribuito l’epiteto di « pagliaccio » al suddetto brigante Cutillo (L.Sangiuolo Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860- 1880. pag. 270, De Martini, Benevento).
Dal manoscritto del Romanelli sembra invece che tale epiteto debba attribuirsi al bandito Laurentino.
Ed ecco i fatti.
La mattina del 12 giugno 1862 si presenta a Solopaca un giovane di bell’aspetto, aitante anzi che no, età 19 anni.
E’ il picciotto Giuseppe che è stato uno « dei più terribili di questi luoghi e compagno indivisibile del nostro Giuseppe Cutillo soprannominato Chiaccone, o pagliaccio » (G.Romanelli Diario manoscritto.).
I solopachesi dapprima stupiscono nel vedere che il brigante, immaginato almeno dai soprannomi, piuttosto goffo, sembra invece essere uscito da una « boutique » cittadina « tanto erano puliti e decenti i suoi vestiti » (G.Romanelli Diario manoscritto).Fu pure a Solopaca l’arcinoto « fra diavolo » pedinato dalla truppa civica di Cerreto e di San Lorenzo Maggiore.

Si rallegrano, poi, ritenendo che il terribile bandito sia venuto per costituirsi ai Carabinieri.
Ma si sbagliano di grosso, anzi debbono stupirsi an cora di più!
Giuseppe « il pagliaccio », infatti, viene stranamente ospitato dal Sindaco e dorme quella notte con il servo di questi.
Profittando, però, di un momento di distrazione del servo, il brigante, impadronitosi di un fucile « che balordamente si faceva stare in sua disposizione », fugge.
Frattanto altre bande locali filo – borboniche si fanno vive a Solopaca, aumentando la strategia della tensione cui fa riscontro quella dell’attenzionc da parte delle forze dell’ordine.
Mercoledì 2 luglio, corre voce che una ottantina di briganti sono sulla « Cappella del Roseto a mangiare, bere, cantare e divertirsi »(G.Romanelli Diario manoscritto). Qualche giorno dopo 8 di essi si portano fin su le prime case di « Capriglia » e vi si fermano per « buona pezza del giorno»(G.Romanelli Diario manoscritto).
Sparando e gridando viva Francesco II, ritornano sulla montagna.
Un altro gruppo, sempre di quei famosi, si scontra in contrada «Acqua morta » con una trentina di soldati in un conflitto a fuoco terminato per fortuna senza vittime.
Intanto viene approntato un piano di accerchiamento della Cappella, ritenuta dai briganti luogo fuori di ogni sospetto.
Circa 200 soldati da «… ngoppa i chiani » si portano a distanza ravvicinata dal Santuario del « Roseto » ed aprono il fuoco.
I militari, tra i più ardimentosi e sprezzanti del pericolo, scavalcano le mura ed entrano nell’eremo (Santuario del Roseto: antichissima Abbazia benedettina in cui si venera limmagine della B. V. M. del Roseto, statua lignea del XII XIII sec. I lavori per la costruzione dell’attuale chiesa, ebbero inizio il 14-5-1853. L’appalto fu preso da Giancamillo Aceto per carlini sette e mezzo per ogni “canna” di fabbrica. La chiesa doveva essere 60 palmi per 30).
Dei briganti nessuna traccia se non avanzi di salsicce, maccheroni, insalata. Non mancano boccali di vino.
Chi fornisce tanto vettovagliamento ai briganti?
La risposta la dà il Romanelli: « le parenti e le donne di Capriglia (Capriglia: rione sito nella parte alta di Solopaca. Noto è il suo ponte: ponte di Capriglia, àlias « u ponte u… saùcolo» rifatto nel 1841. Il torrente « saùcolo » divideva « capriglia » dalla contrada chiamata: «lo morillo ». Questa abbracciava anche quella zona dove attualmente è la parrocchia di « S. Mauro».) sotto gli occhi dell’autorità senza che questi minghioni osassero cacciarle in prigione » ( G. Romanelli Diario manoscritto).