Agli abitanti della Città e della nuova Provincia di Benevento.

XX
GOVERNO DELLA PROVINCIA DI BENEVENTO
Agli abitanti della Città e della nuova Provincia di Benevento.
” La nostra Provincia è costituita.
Il decreto de’ 17 febbraio ha svolto appieno il principio contenuto già in germe nel decreto de’ 25 ottobre 1860; ed è così compiuta la dolce promessa che da quello vi era fatta. Quegli atti segnano per voi un’epoca veramente nuova; e nella nostra storia saranno additati ai posteri come l’alba sospirata della nostra ottenuta rigenerazione.
Quando la povera Italia sperperata dal feudalismo era preda infelice del più astuto o del più forte, i nostri Padri lottarono animosi contro le superbe prepotenze e la cupidigia degli strani conquistatori.
Fieri della patria indipendenza, mal soffrivano la temuta signoria di Carlo Magno; e di poi da strenui scossero dalle loro cervici il giogo esoso degli evirati suoi successori.
Scadute ognor più le italiche sorti, il nostro Paese, come un domestico retaggio, passò di mano in mano, ceduto, barattato, venduto, non mai per le nostre aspirazioni, pei nostri interessi, o pei nostri diritti! La Provvidenza però, con arcano consiglio, o prima o poi rialza la caduta fortuna de’ popoli oppressi.
Otto secoli di oscurità e di servaggio, succeduti all’età del nostro splendore, passarono tristamente silenziosi su questa nobile contrada, la quale chiude ancora nel seno miracoli di antica grandezza. Il Nome Augusto e la spada dell’Invitto Re Vittorio Emanuele, furono gli strumenti dei quali Iddio si valse per redimerci. Quella spada e quel nome, simboli del nostro riscatto, non sarà mai che rimangano obliati da noi, da’ nostri più lontani avvenire!
Il Governo mi commise l’onorevole incarico di proporre l’assesto territoriale della nuova Provincia. Applicando l’animo, il meglio che seppi, al grave subbietto, e facendo tesoro de’ lumi di ragguardevoli personaggi, presentai un progetto, togliendo per elementi di esso le ragioni topografiche, i confini naturali, la omogeneità delle tendenze e dei caratteri, nonchè la comunanza di usi, di abitudini e di interessi. Esso ha meritato di essere tradotto in atto governativo, salvo al Parlamento Nazionale ampliare, quando che sia, le proporzioni della nuova Provincia; e mentre, voi, o Cittadini di Benevento, siete oggi lieti di entrare nella gran famiglia Italiana, io dal mio canto ne son lietissimo, e sento palpitarmi il cuore di quel soave compiacimento, onde l’agricoltore coglie le primizie di quella pianta che educò con amorose cure, e che bagnò de’ suoi sudori.
Ma se il mio compito è finito, comincia ora il vostro, o genti della nuova Provincia!
Spetta a voi sapervi affratellare per guisa da costituire quella compattezza di morali e materiali rapporti, nella quale sta la provinciale autonomia. Abnegazione di ogni spirito di municipalismo, o di esigente predominio, sentimento di legalità e di ordine, schietto amore alle conseguite libertà, temperanza di opinioni e di modi, fede e riverenza alla magnanima Casa di Savoia : ecco le virtù che possono condurvi all’agognato scopo. Siate convinti che senza sagrifici, non si raggiunge alcun fine politico o sociale; e che nessuna istituzione, per eccellente che sia, non mette salde radici tra’ popoli, i quali con l’opera loro non aiutino i divisamenti di liberali governi .
Dal Palazzo del Governo, addì 24 febbraio 1861.
Il Governatore -CARLO TORRE
Il Vice-Governatore-LUIGI DE GENNARO
XXI
La lettera inviata – nel 26 febbraio – a tutti i Sindaci della nuova Provincia era così redatta dal Governatore
” Son lieto inviarle due copie del Decreto de’ 17 febbraio 1861 col quale S. A. R. il Luogotenente del nostro magnanimo Re Vittorio Emanuele ha appagati i vivi desideri di questa popolazione, elevando Benevento a capoluogo di provincia, di prima classe.
Gli abitanti de’ paesi che vi sono aggregati, avendo stretti vincoli con questa città, da cui pur dipendevano pel Metropolita, avran caro, per reciproco vantaggio, di congiungersi in una sola famiglia.
Ella nel partecipare a’ suoi conterranei la nuova sede della Provincia, assicuri loro che saranno qui accolti con amore di fratelli. Nel rendere ad essi pronta giustizia, si farà ogni possibile di appagarli nelle loro brame, promovendo il traffico, le industrie e le risorse economiche, di cui ha tanto tesoro la novella Provincia, procurando eziandio lo esplicamento di quei beni morali e materiali che dobbiamo aspettarci dalla provvidenza dell’ottimo Principe e dalla cura de’ suoi funzionari…”.
Era diversa la lettera diretta ai Sindaci della città e del suburbio già compreso nello Stato Pontificio, cioè : Benevento – Sant’Angelo a Cupolo – Pastene – Bagnara – Montorsi – Perrillo – San Marco a Monti – San Leucio.
Il Governatore Carlo Torre scriveva
” Con soddisfazione Le spedisco un esemplare del Decreto nel quale vien fermata la circoscrizione territoriale di questa novella provincia, e La prego di farlo pubblicare.
Ella di leggieri scorge che la circoscrizione di questa novella provincia apporta innumerevoli benefizi alle popolazioni appartenenti all’antico Ducato Beneventano.
L’industria ed il commercio fioriranno in questo suolo, or dianzi segno al più duro servaggio. Le sorti del Beneventano sono cingiate…”.

XXII

I primi saluti alla nuova provincia partivano – in note al Governatore – dal colle di S. Leucio : il paesetto dove erano già i confini dello Stato pontificio e del regno di NApoli, e dove il Delegato Stefano Borgia segnò le gravi pagine della sua istoria per sorreggere il diritto dei Papi su Benevento. Lo seguiva CastelPoto, che serba ancora nel nome il ricordo del periodo dei Longobardi : così Foglianise, uno dei casali inclusi nel vecchio Stato di Vitulano – patria del sapiente Arcivescovo che benedisse a Bari le nozze dell’ultimo Re di Napoli; – così San Giorgio la Montagna, Buonalbergo, San Nazzaro, Cerreto – che affidava all’avv. Nicola Ungaro la presentazione d’un indirizzo di plauso al Governatore Torre; – così Faicchio, Cautano, Pescolamazza, San Martino A. G. P., Fojano, Baselice, Airola, Cusano, Campolattaro, Tocco – che il memorato castello, già tra le sedi vescovili dipendenti da Benevento – mandava, nell’esultanza, un vaticinio alla provincia : ” la prosperità di essa sarà per segnalare un’epoca memoranda nella patria storia! “. Seguivano Paduli, Castelvetere, Amorosi, Moiano, Civitella, Pietraroia, San Marco de’ Cavoti, San Nicola Manfredi, Sassinoro, Apice, San Giorgio la Molara.
Fra la comune letizia traspariva il dispetto di Morcone nel ” non vedere appagata l’offerta lusinga di poter essere capoluogo di distretto, e di vedersi anteposto Cerreto “. Morcone non superava Cerreto per più migliaia di abitanti? Il territorio non era di gran lunga più esteso? Non possedeva un ricco monte frumentario
• altri istituti di beneficenza? E non si opponevano le comunicazioni non agevoli? E ” l’annoso antagonismo per antico litigio per contesa di confinazione territoriale sulla montagna?…”. Dovevano perciò sollevarsi reclami alla Luogotenenza e al Parlamento.
XXIII
I segni di riconoscenza verso il Consigliere pel Dicastero dell’interno, Liborio Romano – primo tra i fautori dell’atto della Luogotenenza per la circoscrizione della provincia voluta da Garibaldi – erano dati dal Governatore di Benevento, nel 28 febbraio, dopo l’arrivo delle copie della relazione al Principe di Carignano
• del decreto
“Le azioni di grazia che rendo a Lei per la valevole iniziativa
• l’appoggio efficace, onde ha avuto compimento sì generoso ed alto provvedimento sono innumeri. Il detto mal tenterebbe esprimere la gratitudine mia e quella di tutti i buoni di questo Ducato di Benevento : solamente posso assicurare che un tale fausto avvenimento rimai`rà scolpito a caratteri incancellabili in tutti quei cuori che altamente sentono amor di patria”.
XXIV
Il più fido insegnamento che a Giuseppe Garibaldi deve la sua origine questa giovane provincia d’Italia, che a lui dovra risalire la riconoscenza di queste popolazioni deriverà dal ricordo di due tornate della Camera, nella primavera del ’61 a Torino, allorchè gli stessi avversari dell’improvvisa circoscrizione dovevano evocare il decreto della Dittatura, e dire di “rispettarne il pensiero”; deriverà dal ricordo della prima adunanza del Consiglio Provinciale – nel 7 settembre 1861, – quando qui pareva oscillassero di nuovo gli evviva dell’anno innanzi. Allora il Vice -Governatore, inaugurando il Consiglio – nel palazzo del Governo, accanto alla rocca dei Papi – esclamava : “La Provincia di Benevento ha per se il nome gloriosissimo del prode Italiano, che – come Cristo al paralitico del Vangelo – a lei disse : – Sorgi e cammina! “.
E il Consiglio, in un indirizzo a Garibaldi – raccolto sull’isola, nel gran sogno di Roma – gli diceva : ” È la vostra creatura, o Generale, la Provincia di Benevento, che, appena legalmente rappresentata, dirige a voi un accento, a Voi che le donaste vita, esistenza e libertà! “.
A quel nome si eleverà ancora un saluto da questa cerchia di monti, ove in antico migliaia di spade avvertirono Roma che il suo diritto doveva divenire il diritto italico. L’ardente anima del Dittatore era anima meridionale : aveva scelto, quasi presago, la tunica fiammante a somiglianza delle lave, dovendo spargere gl’incendi della rivoluzione sulle terre dell’Etna e del Vesuvio. Egli non giunse nella nostra città – benchè l’avesse desiderato; – ma al confine di questa provincia, quasi in mezzo ai due antichi principati di Capua e di Benevento, afferrò la vittoria che, nel primo ottobre, difese la unificazione d’Italia, ambita dal pensiero civile.
Le nuove mura elevate presso al castello pontificio per dare sede alla rappresentanza provinciale serbino nel marmo il ricordo di Garibaldi, non solo perché aiutò con le armi i destini della penisola, ma anche perchè volle che questa città, unita già per dominio a Pavia e a Milano, ad esse si ravvicinasse sorgendo a capo d’una provincia italiana : però più che nelle lapidi il ricordo di quel prode dovrebbe essere custodito nelle aspirazione verso i diritti popolari, vagheggiati – fuori di tumulti e di guerre – dall’umanità che si rinnovella. Garibaldi sui campi di battaglia sognava la pace delle nazioni : egli amava la patria come amava la madre, ed ebbe ire e non odii contro gli stranieri.
Se le grandi tradizioni non sono un inganno, in questa contrada – ove uno dei popoli più coraggiosi d’Italia non restrinse la sua virtù nelle armi, svelandola pure nei principii de’ suoi sapienti e ne’ costumi non ammolliti, – sia spontaneo invocare il rinascimento dell’onore avito meno nelle opere della guerra che della pace : in tale voto non si separa dal Dittatore il paese da lui suscitato a chiari destini. Il Sannio – di cui Garibaldi riconobbe qui la metropoli – non potrà non offrire il suo rinascente valore a tutte le speranze suscitate dall’inno che ridestò nei cuori “la fiamma ed il nome d’Italia”.