Il popolo degli Umbri

CHIARA RID

IL POPOLO DEGLI UMBRI
Un itinerario alla scoperta della gens antiquissima Italiae
di Chiara Barberini

“… La gente umbra è considerata la più antica d’Italia, tanto che si ritiene che fossero chiamati Ombrioi dai Greci per essere sopravvissuti alle piogge dopo il diluvio…” (Plinio, Storia Naturale,III, 14).

E’ così che Plinio il Giovane descrive il popolo italico degli Umbri, abitanti il territorio che solo in parte corrisponde all’odierna regione Umbria, dai confini assai sfumati che spesso si confondono con quelli delle popolazioni italiche vicine. Etruschi, Piceni e Sabini contribuirono in parte alla formazione di una realtà culturale autonoma identificabile con la gens umbra.
Le aree di pertinenza in cui è possibile rintracciare testimonianze umbre sono la zona a sinistra del fiume Tevere, l’appennino umbro – marchigiano e tosco – romagnolo, l’area adriatica marchigiana a nord, l’area dell’Umbria meridionale: è quindi il territorio corrispondente alla futura regio VI augustea.
Il vero protagonista dell’itinerario proposto alla scoperta degli Umbri in verità è il paesaggio, la più grande testimonianza che questa antica popolazione ha conosciuto e di cui ancora oggi noi possiamo godere, tale da caratterizzare una tipologia insediativa che poco spazio ha lasciato ai mutamenti dei secoli. In epoca preromana i nuclei di insediamento erano costituiti da “castellieri”, piccoli insediamenti costruiti a mezza costa o su alture affacciate sulle più importanti vie di transito terrestri e fluviali, in comunicazione tra di essi. Scopo di tale ubicazione era di cercare di sfruttare tutto quello che l’ambiente potesse produrre per una economia di sussistenza e, contemporaneamente, di porsi in un ambiente facilmente difendibile da eventuali attacchi esterni.
E’ l’uomo che ha costruito la sua storia e con essa il suo modus vivendi, di cui tuttora percepiamo le tracce quando percorriamo questo itinerario alla ricerca di documenti, partendo dall’area più settentrionale di esso. Soprattutto guardandoci intorno possiamo distinguere e apprezzare la presenza degli antichi abitanti di queste terre. Non saremo soli però: la storia ci farà da guida attraverso le testimonianze dei grandi scrittori dell’antichità che ci introdurranno e ci accompagneranno lungo questa “passeggiata” letteraria, storica, archeologica e paesaggistica.

L’area appenninica
“… Abitano l’Appennino nel tratto iniziale, sopra Massalia… i Liguri… Seguono gli Etruschi: confinanti con questi, gli Umbri occupano entrambi i versanti delle montagne dette prima…”(Polibio, Storie, II, 16 4).

Nei pressi dell’area appenninica, a nord, incontriamo le cittadine di Trestina – Fabbrecce, nelle vicinanze di Città di Castello, dove è stata rinvenuta una necropoli di VII sec. a. C. con oggetti di corredo appartenenti anche a tipologie diffuse presso Etruschi e Piceni, popoli confinanti: la necropoli è un chiaro esempio di come il popolo degli Umbri nel periodo orientalizzante fosse a stretto contatto commerciale e culturale con le popolazioni vicine, tale da esserne influenzato e
influenzarne la produzione artistica artigianale. In particolare un tomba, probabilmente appartenuta ad un guerriero, mostra una stratificazione sociale già strutturata e condivisa con la cultura etrusca.
Scendendo più a sud, Iguvium, l’attuale Gubbio, è la cittadina che più di ogni altra racchiude la storia degli Umbri: presso il Palazzo dei Consoli sono conservate le “Tavole Iguvine”, documento di fondamentale importanza per la conoscenza della lingua e della cultura liturgica di questo popolo.

tavole RID
Si tratta di sette tavole in bronzo, datate al III – I sec. a. C., scoperte nel 1444, che recano inciso un lungo testo, redatto in alfabeto umbro, derivato dall’etrusco e latino in cui si delinea il quadro della struttura sacra e laica della città-stato italica: la sua topografia, i collegi, le divinità, e soprattutto la
divinazione attraverso l’interpretazione del volo degli uccelli: “…I frigi, i Pisidi, i Cilici e la nazione degli arabi osservano con estrema attenzione il significato del volo degli uccelli, consuetudine che sappiamo esistere anche in Umbria…” (Cicerone, De Divinatione, I, 92)
Il contenuto delle tavole di Iguvium fa riferimento spesso alla confraternita religiosa degli Atiedii, che aveva la funzione di “controllore” delle tradizioni religiose della “religione di stato”. Simile officio aveva a Roma il collegio dei Fratres Arvales. Questo a significare che la civiltà umbra,fortemente affine a quella sabina, ha molto contribuito al formarsi delle pratiche religiose nella cultura romana, come se queste tradizioni, autonome e dotate di una propria specificità, abbiano prevalso su quelle degli altri gruppi coinvolti nel sinecismo romano. Il luogo sacro dove avvenivano i rituali era, con tutta probabilità, il Monte Ingino, l’okri- fisio- secondo l’antica lingua umbra, tuttora sacro agli Eugubini perché sede della basilica di S. Ubaldo, patrono della città di Gubbio, e in onore del quale ogni anno viene svolta la famosissima “Corsa dei Ceri”.

E’ solo una coincidenza il fatto che la corsa dei Ceri si svolga lungo la Via Sacra che da Gubbio porta al Monte Ingino, e che nelle tavole si parli di una via mersuva, cioè di una via “secondo la regola” che doveva essere percorsa dal corteo per officiare i riti religiosi? Di certo è affascinante pensare ad una continuità storica, prima liturgica e poi tradizionale.
Poco più a sud, al confine fra le Marche e l’Umbria, ai piedi del Monte Pennino, si estende l’altopiano di Colfiorito, situato a quota 750 – 790 m, chiamato anche Plestino dal nome dell’antica città di Plestia. La sua caratteristica è la presenza di una vasta zona pianeggiante, denominata “piana”, sede dell’antico Lacus Plestinus, prosciugato dapprima in età romana e nel XV sec. definitivamente ad opera della signoria dei Varano di Camerino. Sulle sue sponde, nei pressi dell’attuale chiesa di S. Maria di Plestia, era situata un’area sacra dedicata alla Dea Cupra, venerata da Umbri e Piceni dal V al I sec. a. C. Il culto, legato all’acqua come fonte di vita e di fertilità, non a caso era situato in un luogo in cui questo elemento è presente per sua natura, tanto che spesso la piana nei periodi piovosi diventa un lago carsico temporaneo, sfruttato anche dalla transumanza e passaggio obbligato dei percorsi transappeninici est-ovest. Un luogo quindi di fondamentale
importanza per le comunicazioni ed i contatti tra popoli, che condividono difatti la sede di una delle divinità italiche più importanti. Il culto è attestato anche a Fossato di Vico, nell’area marchigiana a Cupra Marittima e Cupra Montana, e nei territori romagnoli di Covignano, nelle vicinanze dell’antico insediamento umbro Ariminum che corrisponde all’odierna Rimini.
Inoltre Colfiorito e zone limitrofe sono di fondamentale importanza per il rinvenimento di una vasta necropoli datata dal IX al IV-III sec. a. C. La fase appartenente al VII – VI sec. a. C. presenta le caratteristiche proprie dell’età orientalizzante in cui emergono manufatti tipici o rielaborazioni locali delle civiltà etrusche, picene, sabine. In particolare, la tomba rinvenuta ad Annifo restituisce pienamente l’immagine del princeps guerriero di stampo etrusco, come abbiamo già visto per la
tomba di Fabbrecce.
Altre località che hanno riportato alla luce necropoli preromane sono Nuceria – Nocera Umbra che anche restituito una necropoli longobarda di enorme valore storico, e Tadinum – Gualdo Tadino, sede anche di recenti scavi a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria: presso la località Colle I Mori sono state rinvenute le tracce di un insediamento protourbano databile dalla fine del VI al III-II sec. a.C.
La media valle del Tevere
“… L’Umbria antica mi generò di illustri natali.. là dove la nebbiosa Mevania s’irrora nel concavo piano e il lago Umbro s’intiepidisce di acque estive…” ( Properzio, Elegie, IV I, 124).

Nella media valle del Tevere, che oggi si presenta come una vallata fertile e molto urbanizzata, era anticamente presente il Lacus Umber, circondato alle sue sponde da numerosi insediamenti italici, situati a mezza costa o su di un altura, sia a scopo difensivo sia per allontanarsi dall’area paludosa a fondo valle: un paesaggio che potremmo assimilare all’attuale zona del Lago Trasimeno.
Gli insediamenti della valle del Tevere ci lasciano testimonianze soprattutto relative alla romanizzazione, avvenuta dal IV sec.a. C.: il passaggio da villaggio a città, la costruzione di mura poligonali, la monumentalizzazione dei santuari d’altura. E’ questo il caso del municipium romano di Hispellum, l’odierna Spello: sovrapposto ad un insediamento preromano, accresce le sue potenzialità attraverso la bonifica del territorio prosciugato dal Lacus Umber e attraverso la costruzione della via Flaminia, che da Roma lambiva Spello e proseguiva fino alle coste adriatiche.
Una nuova vita ebbe Urvinum Hortense, oggi Collemancio di Cannara, luogo di passaggio dell’antica via Amerina, che nel III – I sec. a. C. rende monumentale un tempio che, per la sua posizione dominante la valle sottostante, quasi certamente ebbe dei precedenti cultuali in età preromana, così come avvenne anche per il santuario d’altura di Monte Acuto nei pressi di Umbertide da cui provengo numerosi materiali votivi bronzei.
Altre città nella media valle umbra videro in questo periodo la costruzione delle mura di cinta ed ebbero una forte urbanizzazione: Vettona – Bettona, Mevania – Bevagna, Spoletium – Spoleto, Asisium – Assisi, Tuter – Todi.
Todi, città di frontiera
“… tra questi vi sono popoli forti… i Tuderti, che mai hanno rifiutato il servizio a Marte…” (Silio Italico, Punica, VIII 460-463).

L’antica Tutere, oggi Todi, che in lingua umbra significa “confine”, rappresenta la punta ad ovest del territorio umbro. Posta a controllo del fiume Tevere, era una vera e propria città di frontiera ed aveva i suoi principali contatti con le città etrusche, falische e sabine, in particolare Caere, Tarquinia, Volsinii (Orvieto) e con la città di Falerii, l’odierna Civita Castellana.
Alle botteghe volsiniesi si deve l’opera che rappresenta più di tutte la città di Todi: la statua bronzea del “Marte”, raffigurante un guerriero con una lancia nella mano sinistra e una particolare tazza nella mano destra. Fu rinvenuta nel 1835 alle pendici del Monte Santo, ed oggi è conservata al Museo Gregoriano Etrusco in Vaticano. Il periodo a cui appartiene la statua, fine V sec. a. C., corrisponde all’avanzata della stirpe celtica in Italia, che stava sottraendo agli Umbri i territori affacciati sul mar Adriatico.
Della loro presenza a Todi abbiamo notizia dall’iscrizione sulla fimbria centrale della corazza del Marte: “Ahal Trutitis Dunum Dede”, in alfabeto etrusco ma di lingua umbra, dono di un certo Ahal Truitis, probabilmente oriundo celta etruschizzato. Sempre da Todi dalla necropoli preromana in località Le Logge proviene un carro lavorato a sbalzo, datato al VI sec. a. C: questa sepoltura evidenzia una struttura sociale gerarchizzata con un alto livello sociale, sebbene ancora non urbanizzata, comune a Etruschi, Umbri e Sabini. Altri carri provengono inoltre anche da Monteleone di Spoleto, in area umbro – sabina, e da Castel San Mariano nei pressi di Perugia, in area etrusca.
“…Finchè i Tirreni, dopo avere oltrepassato molti popoli, giunsero presso gli Umbri, dove costruirono città che abitano tutt’ora…” (Erodoto, Storie, I 94).
“… Con i Romani si è peraltro mescolata anche la gente umbra, e qua e là anche quella etrusca: entrambi questi popoli infatti, prima dell’espansione dei Romani, ingaggiavano di tanto in tanto contese per primeggiare e, divisi soltanto dal fiume Tevere, lo attraversavano con facilità per incursioni reciproche…” (Strabone, Geografia, V, I 10).
Di certo Todi ebbe un rapporto particolarmente ravvicinato con gli Etruschi ed in particolare con Volsinii, considerando che dall’una all’altra città distano solo pochi chilometri. Il fiume Tevere non può essere considerato un vero e proprio confine, anzi potrebbe figurarsi come un mezzo di comunicazione vero e proprio, nel bene e nel male, portatore di influenze culturali e artistiche da una parte, territorio di contesa dall’altro. Il passaggio di molte città da umbre ad etrusche è
probabile che avvenne gradualmente e, con tutta probabilità, in tempi antecedenti alle effettive conquiste. Fu processo di etruschizzazione involontaria o, per meglio dire, incosciente, prima della conquista romana.

La conca ternana
“… Così Nequinum passò sotto la giurisdizione romana. La colonia ivi costituita fu chiamata Narnia dal fiume Nar; l’esercito tornò a Roma con un ricco bottino…” (Livio, Storie, X 10).

Durante l’età del ferro le diverse aree italiche cominciano a distinguersi tra loro e ad avere delineate le proprie peculiarità: questo è il caso della “cultura di Terni”. Ai piedi del colle di Pentima sono state rinvenute una serie di sepolture impostate su precedenti tracce di buche di pali e di focolari, che l’allora Soprintendente ai lavori di scavo E. Stefani riconobbe come un insediamento preistorico della prima comunità ternana, successivamente spostatosi, data la difficile difendibilità della conca, presso i colli circostanti, a cui si riferiscono le sepolture Per la necropoli delle Acciaierie sono state individuate tre fasi: la prima datata al X sec. a. C. vede l’uso esclusivo dell’incinerazione in urne biconiche ad impasto, poste in pozzetti cilindrici scavati nel terreno. Le altre due fasi, pertinenti ai secoli IX – VI a. C, presentano il rito inumatorio entro fosse rettangolari segnalate da un circolo di pietre, per delimitare il perimetro del tumulo. Già durante il IX sec. a. C. inizia a notarsi la differenziazione fra tombe maschili e femminili, per la presenza nel corredo di oggetti quali armi o fuseruole. Nei secoli VII – VI sec. viene occupato anche il territorio che svilupperà poi il nucleo urbano di Interamna – Terni a partire dal 672 a. C., data rinvenuta in una
epigrafe di I sec. a. C.: in località san Pietro in Campo, fra le attuali via Tre Monumenti, via Curio Dentato e il viale della Stazione. In questa fase è evidente una stratificazione sociale, inoltre il defunto è adagiato in un “ letto” di ghiaia, usanza ben attestata in area marchigiana e abruzzese.
Ancora una volta assistiamo alle testimonianze che il popolo degli Umbri, grazie anche alla sua posizione geografica, fu tramite per la comunicazione e l’influenza reciproca tra diverse culture.
Oltre alla necropoli ternana, altri insediamenti ebbero un ruolo di vitale importanza per la civiltà degli Umbri: è questo il caso di Nequinum, poi ribattezzata Narnia dopo la conquista romana; Ocriculum, come Todi anch’essa città di frontiera e di comunicazione con il mondo etrusco e sabino; Ameria – Amelia, di cui è ben visibile la cinta muraria in opera poligonale relativa all’età preromana; la località di S. Erasmo di Cesi, sovrastante la conca ternana, sito di altura che vede la costruzione di una cinta muraria monumentale già nel VI – V sec.a. C.

L’area adriatica
“… Dopo i Sanniti vi è il popolo degli Umbri, nel cui territorio è la città di Ancona…”(Scilace, Periplo, 16 f.).
“…Dopo i Sanniti vi sono gli Umbri, censi dice conducano vita effeminata, avendo costumi estremamente simili agli Etruschi. Dopo di questi vi è il mare detto Adriatico…” (Pseudo Scimno, Periegesi, 366).
“…Cominciando da Ravenna gli Umbri occupano il territorio vicino, vale a dire, procedendo con ordine, Sarsina, Ariminum, Sena e Marinum…” ( Strabone, Geografia, V, 2 10)
“… Gli Umbri, che stanno in mezzo tra Sabina ed Etruria, superando le montagne si spingono però fino ad Ariminum e Ravenna…” (Strabone, V, 2 I).

Definire i confini degli Umbri in area adriatica è pressoché impossibile, perché, come è stato più volte evidenziato precedentemente, notevoli sono i contatti tra Umbri, Piceni e Sabini, tali da non poter delineare con precisione quali territori siano di competenza dell’una o dell’altra civiltà. Si tratta più probabilmente di un’area di passaggio e di comunicazione, in cui i popoli si fusero e probabilmente convissero. La storia ci informa che nel VI – V sec. a. C il popolo italico orientale del ramo umbro, già presente lungo la valle del fiume Sapis, occupa i territori di Ravenna, Ariminum – Rimini, e Sarsina, cittadina dell’appennino tosco – romagnolo, futura città natale del commediografo Plauto nel III sec. a. C. Restano testimonianze archeologiche lungo il fiume Savio e in alcune necropoli della zona imolese.

La romanizzazione
“…saccheggiata la terra detta degli Umbri e quella dei Piceni, in dieci giorni Annibale raggiunse le regioni prospicienti dopo aver preso una quantità così grande di bottino che le truppe non riuscivano a trasportarlo…” ( Polibio, Storie, III, 86, 9)

L’interesse del popolo Romano per i territori occupati dagli Umbri iniziò nel IV sec. a. C., dapprima a scopo commerciale e successivamente, in concomitanza con il progressivo indebolimento della popolazione etrusca e umbra anche a causa dell’invasione celtica, a scopo militare e politico.
Il processo di conquista iniziò con alcune battaglie isolate portate avanti da singole città, come quella di Mevania, l’odierna Bevagna, nel 308 a C e l’assedio e la resa di Nequinum, poi ribattezzata Narnia – Narni; a volte invece la conquista avvenne con un progressivo accoglimento pacifico di Roma nei villaggi che, sentendosi più deboli, scelsero di allearsi e di essere accolti “in amicitiam” come nel caso di Ocriculum – Otricoli nel 308 a. C.
L’avanzata di Roma culminerà con la battaglia di Sentinum nel 295 a. C., in cui fu sconfitta l’alleanza di Galli, Umbri ed Etruschi. Il processo di conquista avvenne poi con la deduzione delle colonie e con la necessità di riorganizzare, e sopratutto controllare, il nuovo territorio attraverso la
costruzione della via Amerina nel 240 a. C. e della via Flaminia nel 220 a. C. La fondazione della città di Carsulae è un esempio di località nata essenzialmente con lo scopo di controllare i traffici economici lungo la via Flaminia.
La romanizzazione, oltre che come conquista territoriale, va vista anche come reinterpretazione e sanzione di sviluppi già avviati, sia nell’assetto del territorio che nell’identità dei singoli centri: la suddivisione dell’impero operata da Augusto attraverso la creazione delle regiones mostra come sia stata rispettata la precedente struttura sociale delle popolazioni italiche, e l’accoglimento delle pratiche rituali centro – italiche da parte di Roma testimonia una “unicità culturale” propria del popolo degli Umbri.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA:
Provincia di Perugia – Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, Visioni d’archeologia.
Guida ai siti in provincia di Perugia, a cura di M. Saioni, Perugia 2004
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Antichità dall’Umbria in Vaticano, catalogo della mostra, Perugia 1988
Antichità dall’Umbria a Budapest e Cracovia, catalogo della mostra, Perugia 1989
Antichità dall’Umbria a Leningrado, catalogo della mostra, Perugia 1990
Antichità dall’Umbria a New York, catalogo della mostra, Perugia 1991
M. BERGAMINI SIMONI, Todi: antica città degli Umbri, Editrice Tau, Todi 2001
L. BONOMI, Alcune considerazioni sulla situazione della dorsale appenninica umbro –
marchigiana tra il IX e il V secolo a. C., in “Dialoghi di Archeologia”, 4, 1982, 2, pp. 137 – 142
L. BONOMI, La necropoli di Colfiorito di Foligno fra il VI e ed il IV sec. a. C.,in “La Romagna fra
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1982), 1985 pp. 9 – 30
L. BONOMI, L’età protostorica, in Storia illustrata delle città dell’Umbria, IV, Terni, 1, Milano
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L. BONOMI PONZI – L. ERMINI PANI – C. GIONTELLA, L’Umbria meridionale dalla
protostoria all’altomedioevo, Provincia di Terni 1995
A. MORIGI, Carsulae. Topografia e monumenti, Roma 1997
M. PALLOTTINO, Storia della prima Italia, Rusconi Libri, Milano 1994
F. RONCALLI, Gli Umbri, in Italia omnium terrarum alumna, Milano 1988, pp. 375 – 405
Umbria – Marche, “Guide archeologiche Laterza”, Bari 1980
F. UNCINI, Antiche vie tra Umbria e Marche, ed. Quattroemme, Perugia 1995


tav 1 facciata a

 

 

 

 

 

L’alfabeto umbro-etrusco, nel quale sono incise le prime quattro Tavole, la facciata a e metà della facciata b della Tavola V, ha un andamento destrorso, cioè da destra verso sinistra.
Le Tavole Iguvine sono un documento eccezionale dal punto di vista epigrafico, per la chiarezza del tratto. È facile anche per un profano leggere: este persklum aves anzieriates enetu….