Il Brigantaggio alla Frontiera Pontificia – Chiavone

Pagine da ilbrigantaggioa01saingoog_Pagina_2Ricerca e elaborazione testi del Prof.Renato Rinaldi Da: “Il Brigantaggio alla Frontiera Pontificia dal 1860 al 1863” Milano 1864

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SORA,

Questa città fu e sarà sempre il fomite più incandescente e il centro più attivo e irrequieto ed agitato di reazione.
Essa consta di 12,000 abitanti.
Della Guardia Nazionale non si può far nessun calcolo, perrchè pronta per lo meno a gettare le armi, nel caso di doverle adoperare, seppure in parte non si rivolgessero contro di noi. Nessun uffiziale ha ancora un oggetto di vestiario militare.
Gl’impiegati e funzionarj governativi tutti mediocri, se non cattivi, dei quali parlerò più a lungo in uno speciale capitolo.
Luffiziale di Finanza è sotto sorveglianza della polizia, come sospetto reazionario e per aver altra volta seguito Lagrange.
I doganieri bisogna tenerli continuamente d’occhio, perchè non diano le loro armi ai briganti, e fecero tutti parte della banda di Lagrange.
Tutte le altre Autorità o tremano o patteggiano coi briganti, e la truppa deve contare su sè solamente, perché di loro natura inerti per paura e solo intente alla loro personale sicurezza. Le Autorità di questo paese non contano, seppur non fanno male.
La popolazione è tutta brigante o per affezione, o per natura, o per paura.
Sora bisogna guardarla fortemente, o con poteri eccezionali, perché è un popolo dedito per sua natura, per educazione e per tradizione al brigantaggio; facinoroso, violento, insofferente di qualunque giogo, anelante della vita dei monti e delle venture, spaventevolmente ignorante e bigotto e superstizioso; non può diventare onesto e morale cosi su due piedi e colla legalità.

Qui ci vuole un efficace e vigoroso rimedio militare e civile, perché il male non diventi incurabile.
So che si vive da taluni nella fiducia, che perseguitando ed inseguendo i briganti si giungerà ad estinguerli; ma io sostengo e sosterrò sempre che con il mezzo di sopra indicato, qui non si è fatto e non si farà mai nulla. La truppa si ammazzerà e non raggiungerà lo scopo. Qui il brigantaggio bisogna batterlo in città; ed a tal uopo il militare non ha nè modi, nè mezzi, e manca assolutamente ciò che ci vorrebbe, cioè chi governi, o per meglio dire, chi agisca per il Governo. In una parola, che il Governo sia un fatto, ed a ciò può concorrere potentemente il militare, ma solo non basta.
Il capo-banda Matteo taglieggiò il cassiere del paese di Morino in valle Roveto, il quale pagò il Maggiore Marsuzzi del 44° Regg. avvisato molto tempo dopo operato il pagamento dal sindaco di Morino, disse a questi cbe un’altra volta lo avvisasse prima di pagare: Venuta una seconda intimazione del Capo-banda Matteo, il predetto cassiere pagò un’altra somma e poi ne ha avvisato il maggiore Marsuzzi sopraddetto, comandante in Civitella Roveto, col solito mezzo del Sindaco. Il Sindaco medesimo in altre precedenti occasioni lasciò invadere il paese, lasciò prendere viveri alla banda Chiavone, avvertendone sempre la truppa molte ore e qualche volta anche alcuni giorni dopo. Vedendo in questa subdola condotta una esplicita connivenza coi briganti,e volendo farla finita con questi scandali e queste spudorate intelligenze delle Autorità civili coi nemici del paese, si sono fatti arrestare il Sindaco ed il Cassiere di Morino.
Un Consigliere del Municipio di Meta è pure stato arrestato per aver tenuto due giorni in sua casa un brigante, conosciuto sotto il nome del Calabrese e non lo ha denunciato.
Nella Valle Roveto vi sarebbe l’urgente necessità di avere un numeroso nucleo di buoni Carabinieri e non ve n’è neppur uno. Ivi sono tutti briganti, l’ho detto già e lo ripeto, a cominciare dai Sindaci e dai Consiglieri; li sbandati vi fanno tutto il loro comodo, e nessuno parla, se non che per avvisare li sbandati stessi dell’arrivo della truppa.
Il giorno 14 gennaio 1862 le Autorità civili e giudiziarie di Sora denunziavano all’Autorità militare un fatto di stupro violento sopra una ragazza di quattordici anni, a carico di un artigliere del presidio di Sora. Fatta un’accurata inchiesta dal generale Govone in persona, il fatto si ridusse come segue:
Un artigliere essendo alquanto preso dal vino, la sera del 13 gennaio, incontrò due borghesi che lo invitarono ad andare con essi in un casino di prostitute. Colà trovaroqo la ragazza in questione che venne fuori con loro, e l’artigliere trattò colla stessa in un angolo delle via e poi i due borghesi. La giovane istigata, non si sa da chi, portò una seria querela di stupro violento contro il soldato d’artiglieria: la quale non si capisce come venisse accettata dal Giudice, e senza esame di sorta vi desse corso.
Cercato dell’artigliere e subilo rinvenutolo, disse aver avuto commercio con donna pubblica e non aver mai violentato la ragazza, e tanto meno supporre ch’essa fosse vergine e pura;solo esser sorpreso di aver dato nell’ubbriachezza cinque franchi, mentre invece credeva di aver dati soli cinque grana. Appurata la cosa emoltiplicate le Indagini con quella severità e quella tenacità di proposito che è tutta propria al generale Govone, si venne a sapere indubbiamente, che l’accusa di stupro era stata una bella invenzione della ragazza per carpir danaro, e che al Giudice stesso constava la immoralità della pretesa vergine, ed il Sindaco aveva avuto preghiera pochi giorni prima dal parroco di far allontanare la giovanetta dalla sua parrocchia, che per la sua oscena e cinica condotta era origine di scandalo e di mal esempio.

Se non fosse troppo vecchia e rancida la esclamazione dei Latini: “o tempora, o mores” me ne vorrei proprio servire con lettere cubitali per finale di questo aned­
doto con parecchi punti esclamativi grossissimi, perché fo’ a cappello a guisa di breve ed eloquente corollario a queste litanie di sozzure e di turpitudini; ma è troppo vecchia la esclamazione latina, essa sa di pedagogo, di saccente e di dottrinario, cosi la lascio in pace.
Antonio Sacobelli, cancelliere (segretario) comunale di Casalvieri, Circondario di Sora, distribuiva in giugno 1862 dei falsi congedi ai militari sbandati, procurandosi così illecito e vituperevole guadagno. Dal Delegato di Pubblica Sicurezza di Sora riconosciuto colpevole venne arrestato e messo a disposizione del Procuratore Generale di San Germano, e poco dopo il Tribunale lo mandò libero ed assoluto !
In questo stesso Comune si venne a scoprire dall’Autorità militare che alcuni Consiglieri comunali nasconde­vano l’esistenza in paese di due sbandati. Quando gli uffi­ ciali se ne accorsero, gli sbandati furono provvisti di falso passaporto, ed emigrarono nel Pontificio.

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Sora è patria di Chiavone, e da Sora e dintorni le sue bande furono rinforzate da buon nerbo di briganti.
l contadini della Selva e delle contrade San Rocco e San Giorgio hanno pressoché tutti fatto parte delle masnade Chiavonesche.
un giorno, nell’agpsto 1861, il colonnello Lopez faceva perquisire, da un distaccamento di Carabinieri e Guardie Nazionali di Sora, quarantadue case nelle regioni sopraddette, cominciando dal convento dei Passionisti sino alla Madonna della Figura, nelle quali si trovarono donne e fanciulli, non un uomo ! tutti avevano raggiunto Cbiavone. Questi briganti vivono rubando bestie bovine che macellano nei loro accampamenti di Fontana brecciosa, o altrimentl detto il Fico, o a Monte Sant’Elia, o Monte Sant’Angelo, delle quali poi fan parte alle loro famiglie in San Giorgio. Il pane se lo procurano, o facendolo venire da Rendinara, o facendolo fare dalle proprie famiglie col grano rubato. In ultimo è provato, che molti briganti la notte vanno a riposare presso le loro famiglie, ed anche di giorno rimangono nei loro poderi o colonie ad accudire i loro affari.

Mi si permetta un aneddoto che meglio d’ogni altra cosa darà un’idea esatta degli usi e del carattere e spirito di questi paesi.
Nel luglio 1861 quattro Carabinieri andavano in perlustrazione per la montagna di Sora. A metà della salita videro un uomo, vestito nel costume del paese, che non si mosse affatto al loro avvicinarsi, anzi loro diresse la parola dicendo: Chè, cercate del nostro generale !
I Carabinieri avvedentlosi di un qualche equivoco sulla loro essenza per parte di quell’uomo (difatti poi compresero dal discorso che erano stati creduti Gendarmi del Papa) risposero di si.
Allora l’uomo replicò: Ebbene vi ci condurrò io; ma aspettate un momento; si avviò nel cosi dire ad un albero vicino, lo ascese, ne distaccò un fucile ed una car­ tucciera ivi nascosti, poi si avviò verso la cima della montagna a guida dei Carabinieri; ma questi fatti pochi passi lo disarmarono e lo condussero a Sora . Questo prova come i contadini di queste contrade siano spesso briganti, e come questi siano in relazione d’ amicizia coi Gendarmi santissimi.
Sora finalmente era il sogno dorato,la monomania di Chiavone: invadere Sora, saccheggiar Sora, farsi il Cal gola, l’Eliogabalo, il Diocleziano di Sora, tutta la scarsa mente del Chiavone in questi due o tre scopi era assorbita, e nessun’altra idea che all’infuori della conquista di Sora fosse, poteva in essa capire.
Questa idea fissa, che per sé stessa e per le circostanze particolari di Sora non era tanto stolta, passò come tradizione negli amici e seguaci dell’ antico capo banda a tal punto che Sora è diventato l’obbiettivo di tutti gli altri capi banda che al Chiavone succedettero; e ancora oggidì ogni conato brigantesco ha per iscopo palese o celato l’invasione di Sora e lo scannamento di quella guarnigione. Perché essendo paese pessimo e molti i loro aderenti e fautori, vi possono avere l’accesso probabile per un colpo di mano………. [omissis]