Ruzzola del formaggio

Ruzzola del formaggio

RUZZOLA (2)
LA LEGGENDA DELLA RUZZOLA DEL FORMAGGIO
Narra la storia che a Pontelandolfo, c’era una volta un ricco Barone, proprietario di molte masserie e tante terre coltivate, ma anche, in parte, tenute a pascolo d’armenti.
Questo barone, amava il gioco. Nel tempo di carnevale era aduso ad andar per cantine ad ingaggiar partite di tressette con chiunque gli capitasse a dar la sfida.
Una sera di carnevale, per l’appunto, si era già fatto tardi e nella taverna si era al lume di candela, quando il barone si attaccò con un suo lavorante, di nome Pasquale, a giocare a tressette.
Pasquale era ritenuto un campione, ma il barone neanche scherzava. Le vincite si distribuirono dapprima equamente da una e dall’altra parte, e l’alea del giuoco andava ad aumentare l’accanimento dei giocatori e di chi li stava a guardare.
Poi, Pasquale, cominciò ad avere fortuna.
Il gioco durò tutta la notte. Alle prime luci dell’alba, il barone aveva perso due masserie e un buon pascolo tenuto a quel tempo ad erba medica.
Il barone era un uomo d’onore e tenne fede ai debiti del gioco, le masserie e il pascolo furono di Pasquale.
Ma le vecchie vacche del Barone della stalla alta, abituate al vecchio pascolo, non ebbero notizia del cambio di proprietà e vennero a pascolare dove, da sempre, avevano più gusto a mangiar erba. Ma il pascolo era ora di Pasquale e lui lo venne a sapere.
Pasquale era un uomo di carattere, non ebbe a tenersi tale affronto: si recò dal Barone all’ osteria del paese, e pretese il suo:
“Le vostre vacche sono scese a pascer la mia erba – disse al Barone – e a me ora tocca parte del formaggio che da loro ne avrete “ .
Il barone reagì alla arrogante richiesta di Pasquale: “Giammai, te lo darò. La terra si che ti spetta ma la prima erba che era là, sul campo, gia prima della vincita, e’ ancor mia!”
Naque la contesa.
Ci furono partigiani per l’una e per l’altra parte. In breve la cosa diventò grossa. I nobili dell’ epoca davan ragione al barone. Gli umili e senza casato furon subito con Pasquale.
Il Barone non si tenne la cosa e una notte mandò un fidato ad appendere una forma di cacio al balcone di Pasquale in segno di sfregio, perché tutti vedessero.
Non poteva finire così e Pasquale non gradi l’omaggio. Ci pensò, ci ripensò e da uomo accorto quale era, non voleva che tutto volgesse al peggio.
Chiamò alcuni amici fidati e mandò, al barone questo messaggio: “Quello che e’ nato dal gioco, nel gioco finisca. Ci vediamo domenica mattina sotto alla piazza della Teglia.
Il Barone non aspettava altro.
Era un uomo forte e preciso e la partita di formaggio fu uno spettacolo che, dicono, non s’è più visto.
Vinse il barone al’ammonte. Al sott pattò Pasquale. Continuò così per tutta la notte e i giorni appresso.
Narra la leggenda che la partita non e’ mai finita e ancor oggi nelle notti di carnevale Pasquale e il Barone continuano la partita di formaggio che non avrà mai fine, fino a quando questo gioco resterà vivo nel cuore, nella mente e nell’anima di chi nasce a Pontelandolfo.
E ogni anno, il gioco si rinnova.
Durante il carnevale i Pontelandolfesi più gagliardi scendono sul viale per emulare le gesta di Pasquale e del barone nell’antica tenzone.
Carlo Perugini

CENNI STORICI SULLA RUZZOLA DEL FORMAGGIO

discoIl lancio della ruzzola o ruzzolone è uno sport tradizionale di antichissime origini praticato in Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Marche, Umbria, Lazio e Calabria
ORIGINI: Il gioco era praticato già dagli antichi Etruschi. Nella tomba dell’Olimpiade di Tarquinia è raffigurato il cosiddetto discobolo, la cui posizione in realtà è quella tipica di chi stia lanciando una forma di formaggio. Infatti, in origine oggetto del lancio era una forma di formaggio pecorino stagionato, molto duro e resistente, che i pastori lanciavano lungo i tratturi.
REGOLE: La ruzzola è solitamente un disco in legno duro con diametro molto variabile in funzione del regolamento adottato, solitamente da 13 cm per la ruzzola a molto di più per il ruzzolone. Al posto del disco viene a volte usata, come in passato, una forma di formaggio stagionato. Il gioco consiste nell’avvolgere uno spago intorno alla ruzzola e quindi lanciarla trattenendo un capo dello spago in modo da imprimerle una veloce rotazione. Lo scopo del gioco è di fare giungere il più lontano possibile la ruzzola con un numero prefissato di lanci, oppure raggiungere un traguardo con il numero minore di lanci possibili. Spesso è un gioco di squadra: i giocatori, divisi in squadre di eguale numero, si alternavano cercando di lanciare il più lontano possibile il formaggio, senza farlo uscire dal percorso stabilito, partendo dal punto preciso in cui era arrivati col tiro del precedente compagno di squadra (una specie di staffetta in cui il cacio fungeva da testimone). La squadra che terminava il percorso col minor numero di colpi vinceva il premio consistente nella forma di cacio utilizzata per il gioco. Le gare si svolgono su campi delimitati, chiamati treppi, appositamente attrezzati per rendere il gioco più movimentato, con salite, curve, ostacoli ecc. In alternativa il gioco, che intuibilmente può avanzare per chilometri, viene praticato anche su strade (asfaltate oppure no). La precedenza del tiro spetta sempre al giocatore in svantaggio ed è obbligatorio seguire il percorso prefissato, sono nulli i lanci che taglino le curve al di fuori del limite tracciato.

RIFERIMENTI: La ruzzola è stato da sempre uno sport praticato in prevalenza pastori e contadini, più rara la partecipazione di nobili, ecclesiastici o intellettuali.
Il pittore e illustratore romano Bartolomeo Pinelli fece, nel 1809, un’incisione in cui rappresentava giocatori di ruzzola.

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Il poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli scrisse un sonetto intitolato Er gioco de la ruzzica:

Sta cacca de fà a rruzzica, Dodato,
Co la smaniaccia d’abbuscà ll’evviva,
Nun è ggiro pe tté, cche nun hai fiato
De strillà mmanco peperoni e oliva.

Come sce pôi ggiucà, tisico nato,
senza dajje ‘na càccola d’abbriva?
Nun vedi la tu’ ruzzica sur prato
c’appena ar fin de ‘na scorreggia arriva?

Co ddu’ pormonettacci de canario,
d’indove mommò er zangue te se sbuzzica,
tu protenni de prennete sto svario? (7)

Stattene in pasce: ggnisuno te stuzzica;
si ppoi vôi vince tu, vva’ a Montemario,
pijja la scurza e bbutta ggiú la ruzzica.

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La ruzzola è citata perfino nel Dialogo sopra i Massimi Sistemi di Galileo, il quale a proposito del moto rotatorio cita a sua volta Aristotele

SAGREDO Questo primo depende da un altro; il quale è, onde avvenga che, tirando la ”ruzzola” con lo spago, assai piú lontano ed in conseguenza con maggior forza va, che tirata con la semplice mano.

SIMPLICIO Aristotile ancora fa non so che problemi intorno a questi proietti.

SALVIATI Sì, e molto ingegnosi, ed in particolare quello onde avvenga che le ”ruzzole” tonde vanno meglio che le quadre.

SAGREDO E di questo, signor Simplicio, non vi darebbe l’animo di sapere la ragione, senza altrui insegnamento?
(ecc.)

 

ALTRI CENNI STORICI

Il RuzzoloneUna tradizione frignanese con antiche origini
Il lancio del formaggio è gioco antichissimo e ha un’origine incerta. La più antica documentazione la si deve agli Etruschi: su un affresco nella “tomba dell’Olimpiade” di Tarquinia si scorge un lanciatore, la cui posizione induce a ritenere che stia lanciando una “forma”. In effetti, l’oggetto di lancio era, in origine, una forma di durissimo formaggio pecorino stagionato, che i pastori si divertivano a far rotolare lungo i pendii e i tratturi. Nel 1598 il podestà di Villa Minozzo (RE) stabilì che la posta da porre in gioco doveva essere “non più del valore della forma di formaggio” e che il premio per il vincitore era la forma dell’avversario perdente. Famosissima l’incisione (1702) del pittore bolognese Giuseppe Maria Mitelli, sulla quale, insieme ad altri 19 giochi (trottola, bocce, birilli a 9, pallamaglio, pallacorda, pallone con bracciale, lippa, etc…), è chiaramente indicata la “ruzzola”.
A Sestola (maggio 1761) il Governatore Luigi Sforza, per limitare i danni materiali che tale usanza provocava e per rispondere alle lamentele della comunità di Fiumalbo, proibì di giocare “alla ruzzola, tanto con il legno quanto con il formaggio”, consentendola solo nel periodo di Carnevale. Il pittore romano Bartolomeo Pinelli (1781-1835) fece, nel 1809, un’incisione in cui rappresentava “giocatori di ruzzola”. Il famoso poeta romanesco Gioacchino Belli (1791-1863) scrisse il sonetto “Er gioco de la ruzzica”. Il periodico mensile “IL MONTANARO”, edito a Pievepelago, pubblicò (marzo 1884) il racconto di “Gran partita al ruzzolone da Pievepelago a Barigazzo”, in cui fece anche i nomi dei giocatori, tra i quali i migliori erano Battista Grandi (telegrafista di Pievepelago), Pellegrino Nannini (S.Anna Pelago), Anacleto Preti, Domenico Stefanini e il cappellaio Giovanni Azzi.
La forma di formaggio è stata poi gradatamente sostituita (tranne in qualche area ancora conservatrice) con il classico attrezzo in legno (“il ruzzolone”), regolamentato in un disco di legno di 26 cm. di diametro e 6 cm. di spessore, con il bordo esterno liscio e rastremato per circa 2 cm., del peso di 2,3 Kg. (ora ridotto ad un minimo di 2 Kg.). E’ lanciato con una robusta fettuccia di canapa (“la cordella”), molto resistente, lunga circa 3,5 metri e larga 2 cm., alla cui estremità c’è un anello per infilarvi il braccio.
Tra la fine del secolo scorso e i primi del ‘900, primeggiavano, nell’Appennino Modenese, due giocatori leggendari: Casimiro Gualandi, di Montese, e Giovanni Galassi, di Pavullo nel Frignano. Erano imbattibili e, per trovare avversari, dovevano concedere vantaggi di ogni specie (lanciare con la mano sinistra, assegnare loro uno o più lanci, lanciare con i piedi legati o stando in ginocchio etc…). Epici i loro scontri diretti nei dintorni di Pavullo, dove il Casimiro spesso si recava a cavallo, avendo sposato una Benedetti di Pavullo: spesso prevaleva proprio il Casimiro, specie per la sua indiscussa precisione nei lanci.
Altro personaggio più recente è stato Giovanni Guidotti, di Montese, che continuò fin quasi all’età di 80 anni con innumerevoli vittorie: lo si vedeva in azione tutti i lunedì, al mercato di Montese.

GIOCO DEL RUZZOLONE
DENOMINAZIONE: Ruzzolone, Buzzica, Rutolone
ZONA OVE VIENE PRATICATO: Italia
TIPO DI GIOCO: Gioco itinerante con disco di legno
NUMERO GIOCATORI: Due, ognuno per se, oppure due coppie o squadre contrapposte
MATERIALE DI GIOCO: Un disco di legno (ruzzolone) per ciascun giocatore, una fettuccia con il rocchetto e maniglia per il lancio
TERRENO DI GIOCO: La strada o un percorso naturale dì almeno 500 (cinquecento) metri
OBBIETIVO: Vince chi, a parità di tiri prestabiliti, supera l’avversario
ORIGINI: Molto antiche, sicuramente antecedenti il XV secolo

Regole di gioco:

1. Il gioco del ruzzolone, derivato dal lancio della forma di formaggio, viene effettuato con un disco di legno assomigliante la forma di formaggio, ed una cordella.
2. Le misure del “ruzzolone” sono le seguenti: diametro 26 cm., spessore 6 cm., peso non inferiore a 2 Kg.
3. La cordella, normalmemte di cotone, ha dimensioni a piacere. Ad una estremità presenta un anello del medesimo o di altro materiale, per infilarvi il braccio ed uno zeppo, o rocchetto o croccolo, per impugnare più saldamente l’attrezzo al momento del lancio.
4. Si lancia il ruzzolone con la cordella in senso verticale (di “coltello”) oppure a mano libera a scelta del giocatore.
5. Si sorteggia il giocatore che comincia e si effettua un lancio ciascuno, alternativamente, lungo la strada o il percorso prescelto.
6. I lanci seguenti il primo vengono effettuati dal punto dove si è fermato il ruzzolone nel lancio precedente.
7. La lunghezza minima del percorso non è inferiore di solito a quella raggiungibile con una media di quattro lanci (normalmente 500/600 metri).
8. La partita consiste nel lanciare il ruzzolone dal punto di inizio del percorso al punto di arrivo, con il minor numero di lanci; in caso di parità di lanci vince chi ha oltrepassato il traguardo (con l’ultimo lancio valido) per una distanza maggiore di quella dell’avversario.
9. La partita consiste in genere di 2 “giochi”: andata e ritorno; in caso di parità si effettua un terzo gioco.
10. Vince la partita il giocatore che per primo si aggiudica 2 “giochi”.
11. Nel ruzzolone la strada, o pista di gioco percorso naturale, è croce e delizia per il giocatore: egli deve seguire le curve rendendo magicamente parabolico l’attrezzo; i fossi, i greppi, le buche, sono vere e proprie trappole per il povero ruzzolone, ma il bello del gioco è proprio questo. C’è da dire poi che alcuni ostacoli sono artificiali e costituiscono dei traguardi, o “biffi”, che il giocatore deve obbligatoriamente superare (per esempio far passare il ruzzolone fra due picchetti piantati lungo il percorso) per rendere valida la propria partita. Tutti gli ostacoli, naturali o artificiali, non è permesso rimuoverli, e vale la regola del “senza levare e senza mettere”.
12. Durante il gioco, il compagno di coppia o l’accompagnatore del singolo, possono dare indicazioni o suggerimenti a chi sta per effettuare il lancio.

BREVI CENNI SUL GIOCO DEL RUZZOLONE

In una ricerca effettuata dagli alunni della Scuola Media “Pietro Berrettini” di Camucia (AR) sui giochi praticati nella zona dalla fine ‘800 alla metà del nostro secolo, a proposito del “barutolone” o ruzzolone si legge: “Nella versione più antica si usava lanciare una forma di formaggio, successivamente il barutolone fu costruito in legno, perché molto più duraturo e più agile. I giocatori a turno, secondo l’ordine stabilito, avvolgevano la corda o la cinghia intorno ad esso e lo lanciavano sulla strada. L’abilità consisteva nel dargli molta spinta, affinché giungesse il più lontano possibile, ma anche nel guidarlo in modo che potesse superare le difficoltà del terreno. Se ad esempio, c’era una curva a destra, i giocatori arrotolavano la corda sulla sinistra e dosavano la forza del tiro in modo tale che il barutolone, arrivato alla curva rallentasse e curvasse; anche se cadeva subito dopo, il lanciatore aveva il vantaggio che l’attrezzo non fosse uscito di strada, cosa che poteva comportare una penalità o la squalifica.Vinceva, naturalmente, chi riusciva a giungere per primo al traguardo stabilito. Ma le regole del gioco avevano spesso delle varianti, talvolta, quando il percorso presentava molte curve strette, era consentito “cavare” la rulla cioè lanciarla in aria per raggiungere la strada dall ‘ altra parte. Ovviamente se il tiro non riusciva il giocatore era costretto a tornare al punto di lancio.

Ruzzolone, Cappio di cuoio, Fettuccia di canapa, Rocchetto di legno

… Il ruzzolone grande (si giocava con ruzzoloni di ogni dimensione) era un disco di legno duro, 35 o 40 centimetri di diametro, erto 7 o 8, che poteva pesare fino a 5 chili. Lo si gettava dopo avervi attorcigliato per due o più giri (le tecniche variavano) una fettuccia di canapa, attaccata con un cappio di cuoio all’avambraccio, con su l’estremità un rocchetto di legno che veniva trattenuto con l’indice e il medio piegati a uncino. Dopo un attento studio del fondo stradale e una serie di evoluzioni che rassomigliavano a quelle di un lanciatore di pesi, il giocatore liberava il ruzzolone sganciando le dita dal rocchetto. La fettuccia, snodandosi imprimeva al disco un moto rotatorio sicchè, toccando la strada, esso continuava la sua corsa per decine, e spesso per centinaia, di metri.

SCHEDA TECNICA DEL LANCIO DEL FORMAGGIO
DENOMINAZIONE: Forma, Pizza, Formaggio
ZONE IN CUI VIENE PRATICATO: In Italia
TIPO DI GIOCO: gioco itinerante con forma di Formaggio
NUMERO DI GIOCATORI: 2 ognuno per se o coppie o squadre
MATERIALI DI GIOCO: Forme di Formaggio uguali,cordelle o fettucce
TERRENO DI GIOCO: strade campestri o piste in terra
OBIETTIVO: vince chi, a parità di lanci programmati supera l’avversarlo
ORIGINI: molto antiche, probabile periodo etrusco.

Regole di gioco:

1 II gioco del lancio della forma di formaggio viene effettuato con forme di formaggio dello stesso peso e dimensioni (diametro e spessore) ed una cordella o fettuccia per effettuare il lancio;
2 Poiché le forme di formaggio (pecorino, asiago, parmigiano ecc.) sono create con i pesi e misure notevolmente diverse, le gare vengono suddivise per categorie (leggera fino a kg 1,500, media leggera fino a kg 3, media fino a kg 6,500, pesante fino a kg 16 e massima oltre kg 25) secondo il peso, nell’ambito di ciascuna categoria debbono essere scelte forme uguali che dopo ogni gioco vengono scambiate tra i contendenti: per facilitare il lancio, il lanciatore avvolge intorno alla forma una fettuccia o cordella sia per facilitare la presa sia per imprimere una maggior forza rotativa;
3 II campo di gioco in genere è una strada campestre oppure delle piste in terra battuta;
4 Ogni gara consiste nel lanciare la forma il più lontano possibile con un numero prefissato di lanci;
5 Ogni partita o gara viene disputata in più giochi; por ogni. gioco vengono effettuati vari lanci a seguire, si aggiudica il gioco il lanciatore o la squadra che, dopo il numero di lanci prefissato ha percorso la maggior distanza;
6 Le origini di questo gioco, per le gare amatoriali non di campionato, impongono il rispetto delle regole tradizionali locali che diversificano nel numero di lanci e nel modo di percorrere la strada. La regola comune per tutte le gare di lancio della forma di formaggio è quella che il vincitore riceve in premio la forma di formaggio giocata dall’avversario;
7 In caso di rottura della forma durante il gioco, la parte maggiore determina il segno per ripartire con il tiro successivo, mentre i rimanenti pezzi sono a disposizione degli spettatori che seguono la gara per essere subito mangiati. Inoltre è tradizione che il vincitore, in segno di rispetto ed amicizia, al termine della gara oltre a stringere la mano al vinto offre a questo un bicchiere di vino. Per tutte le norme di gara, vale l’apposito Regolamento del lancio della Forma di Formaggio.

CENNI STORICI-GIOCO D’AZZARDO-

Come per i birilli, il lancio della forma di formaggio era sovente un gioco d’azzardo, la cui posta andava ben al di là della “forma” in palio, o di una merenda con uova sode o vin brulé. Si racconta che un certo Baraccani in un pomeriggio di metà quaresima, lanciando una forma stagionata di cacio pecorino, perdette insieme alla maggior parte dei beni e dei possedimenti della famiglia, anche il castello di Monterastello nella vallata di Pavullo (Modena). In Garfagnana (Lucca), si lanciano tuttora le forme di formaggio in gare estemporanee, praticamente tutte le domeniche estive, a Pieve San Lorenzo (frazione di Minucciano) nel torrente Tassonaro (informazioni dal presidente del gruppo sportivo, Marco Biscioni), dove si lanciano forme di pecorino di un pastore di Sassalbo; a Carèggine, Borsigliana (Piazza al Serchio) Piano di Coreglia e soprattutto a Gallicano dove c’è un’ottima pista di lancio della forma (vicino al campo sportivo) e si gioca (con scommesse) ogni domenica pomeriggio di bel tempo, da aprile a tutto ottobre. Nell’alto parmense (a Via Mozzola, alta Valle del Taro e a Corniglio del Bosco, via Parma), il lancio del formaggio si è ridotto a gioco infantile: erano infatti i pastorelli che il giorno di San Giovanni (solstizio d’estate e giorno particolarmente importante per le religioni naturali d’Europa), lanciavano il formajen de San Zvan appositamente preparato per loro. Mentre le aree più conservative continuano a praticare un originario e prezioso lancio della forma di formaggio (collegato tuttavia al gioco d’azzardo popolare), la progressiva sostituzione dell’attrezzo con la ruota disco in legno ha portato ad un coordinamento e ad una pratica “sportiva” delle attività agonistiche che sono via via andate regolamentandosi in un contesto che non sempre è di sagra paesana spontanea.

CONCLUSIONI
Si può ben dire che l’origine del gioco della ruzzola si perde nella notte dei tempi, quando fu inventata … la ruota. Nobile antenato ne fu certamente il lancio del disco cantato nei poemi omerici e dai poeti greci. Praticarono questo sport gli antichi romani che chiamavano la ruzzola “tubo” o, più tardi, “tronchus” indicando con questi termini tutto ciò che si muove velocemente in giro, ed era un divertimento specie per i ragazzi. Nei secoli del medioevo il lancio della ruzzola faceva parte dei giochi di abilità e di fortuna: lanciare dischi di legno o di altro materiale era chiamato giocare “ad ruellas”. Numerose sono le testimonianze che ci rimangono di questo gioco nei secoli XIV e XV nelle campagne dell’entroterra marchigiano e dell’Umbria. Attualmente il gioco della ruzzola ha una diffusione nazionale coinvolgendo, oltre l’Umbria e le Marche, anche la Toscana, l’Abruzzo, il Lazio, l’Emilia Romagna dove non mancano memorie secolari della sua pratica.
La ruzzola, chiamata anche “rotola, formella, rotella, rota ecc.”, poteva essere di formaggio pecorino in forme ben stagionate, (si diceva “giogà a formaggio”), di legno di quercia, di laccio ecc. , in genere legno abbastanza duro e resistente. Anche la forma poteva essere più o meno grande, (“Ruzzolone”). Quello della ruzzola è stato da sempre uno “sport dei poveri”, praticato cioè in prevalenza da gente di campagna, non disdegnavano comunque di parteciparvi nobili ed ecclesiastici anche se quest’ultimi in varie circostanze ne ebbero il divieto da parte dei superiori. Ad esso si interessarono le pubbliche autorità, vescovi e governatori, regolamentandone la pratica con la proibizione nei giorni festivi o nelle immediate vicinanze dei monasteri per non turbarne la quiete.
Da queste dettagliate disposizioni si può vincere la popolarità del gioco con il relativo largo coinvolgimento di praticanti e di spettatori. Altrettanta popolarità conosce oggi questo sport sapendo coniugare una sana competitività fatta di forza, intuizione, destrezza e di … fortuna, la vita all’aria aperta, l’amore per la campagna, il rispetto per l’ambiente ed una gratificante aggregazione. Il presente regolamento del gioco della ruzzola aggiornato ed approvato da un congresso e dato alle stampe, intende tracciare una normativa generale cui attenersi nelle gare ufficiali a livello regionale e nazionale. Le peculiarità del gioco che affondano le radici nella tradizione e che possono esservi in singole località e regioni non vengono abolite, debbono anzi essere mantenute e valorizzate ritrovando in esse una notevole ricchezza ed una memoria storica che caratterizzano specifiche identità.
Con pari evidenza comunque in un contesto di organizzazione di gare regionali, interregionali o nazionali era necessario avere un preciso punto di riferimento ed una normativa unica da osservare. Il momento unificante rappresentato da questo regolamento non vuole così togliere spazio e respiro alla promozione ed alla pratica di uno sport nato e sviluppatosi tra la gente e che ne ha messo in linea di volta in volta elementi ed aspetti caratteristici.

19LA RUZZOLA DEL FORMAGGIO A PONTELANDOLFO

A Pontelandolfo il Carnevale viene celebrato, oltre che come tradizione che si rinnova e sano divertimento, come momento sacrale delle manifestazioni mitiche. Lo storico locale Daniele Perugini, nella sua Monografia del 1878, colloca il gioco “del cacio”, il tiro alla palla, la lotta ed il pugilato (attività non praticate più nel paese) fra le rievocazioni ludiche in onore del mitico Ercole, dio della cultura romana. Misurare la forza e l’abilità era non solo sfoggio di vigore e salute fisica, ma era anche dimostrazione di benevolenza e protezione del dio Ercole.

03Per capire meglio questa sagra della “Ruzzola del formaggio” ci avventureremo nella descrizione delle regole essenziali, facendo riscoprire il fascino del pittoresco linguaggio. Il gioco consiste nel fare “ruzzolare” una forma di formaggio, e ciò comporta una certa forza ma ancor più una grande abilità. La sfida si consuma fra due, quattro o sei giocatori, lungo un percorso predeterminato e fissato ormai da secoli. La sagra si svolge dalla Piazza Roma alla cappella di San Rocco, defilandosi lungo il Viale dell’impero. Le regole sono le stesse da sempre: ad ogni lancio il posto raggiunto dal formaggio viene segnato; chi fà il tiro più corto dovrà (nel secondo tiro) tirare per primo; colui che copre l’intero percorso (di andata e ritorno) coi minor numero di lanci è il vincitore.

Ai giocatori veri e propri si possono unire nel gioco ‘I’ vaccarèll’ ” che, parteggiando per una squadra, ne seguono la sorte: in caso di vincita partecipano alla divisione del formaggio, nel caso di sconfitta ne partecipano al pagamento. Sono costoro gli “ultras del gioco” che fanno sentire le loro grida ad ogni tiro, rimbrottando, sbeffeggiando, criticando ed osannando ora l’una ora l’altra squadra, rincorrendo la forma di formaggio con l’eterno grido esortativo “lelè… lelè… la pezza r’ f’rmagg’… lelè… a vuia lota… lelè…”. Il linguaggio dialettale ed il gergo particolare che si potrà ascoltare nell’assistere alla sagra è il seguente: -“La pezza ‘r f’rmagg’ “: è la forma di formaggio, di peso che varia dai 5 ai 18 Kg. ed è la posta in palio dei contendenti.

– “R’ ‘nzavagliatòr”: è colui che assiste il giocatore: è un pò l’allenatore, il mister del gioco. Questi si riconosce dal fazzoletto legato al ginocchio. Egli studia nei minimi particolari la “forma di formaggio” e la prepara per il tiro avvolgendo “la ‘nzavàglia” tenendo conto dell’ “àut”, del percorso e degli ostacoli da superare. Per vincere è fondamentale avere un ottimo `nzavagliatòr”.
-`rizavàglia”: è il filo di spago doppio, munito dello “spròccul’ “, che avvolgendo la forma di formaggio serve a lanciare e dirigere la stessa e viene legata al polso.
– “R’ spròccul’ “: è un pezzo di legno cilindrico di completamento della “‘nzavàglia”, funge da impugnatura della forma.
– “T’appènn ‘la pezza”: è la sfida lanciata da uno o più giocatori ad altri contendenti. La posta in palio è la stessa forma di formaggio utilizzata nel gioco.
– “Scurt’cà la pezza”: con doppio significato che può voler dire la preparazione della “forma” di formaggio, consistente nella scorticatura dei grassi esterni, o in senso allegorico dare filo da torcere all’avversario.
-“Appèlla”: è l’inizio del gioco. È il primo dei lanci che viene effettuato sia all’andata che al ritorno del percorso.
-“La rèsta”: indica lo spigolo della casa o del muro che è il punto di riferimento e di delimitazione del gioco.
-“R’ tèrmn’ “: è il punto di riferimento che delimita la fine del gioco di ritorno e dell’intera sfida.
– “R’ maccatùr”: è un pezzo di stoffa doppio che viene avvolto intorno al polso del giocatore, sia per evitarne la slogatura o la scorticatura, sia per dare maggiore aderenza e fermezza della `nzavàglia”.
– “R’ cànt’ “: è il lato in cui la “forma” rotola o si appoggia nel momento del lancio.
-“L’ àut”: è la parte più grossa della “forma” che viene corretta da “R’nzavagliatòr” avvolgendo la “‘nzavàglia” in modo da compensare sia la malformazione del formaggio, sia la direzione da percorrere in considerazione delle malformazioni geofisiche del percorso (curva, salita, argine, fosso).
– “R’ lèmt’ “: è il limite dei tre passi permessi al giocatore per prendere la rincorsa per il lancio. Viene tenuto o delimitato dall’avversario di turno.
– “Caccià la ‘nzavaglia”: indica l’operazione di rimettere sul giusto itinerario il giocatore o la squadra. Infatti se nel precedente tiro la “forma” si è fermata lontana dal percorso, misurando la lunghezza della `nzavàglia” ed il massimo allungamento del giocatore, considerando le esigenze del tiro, si può correggere e riportare il gioco nella giusta direzione.
– “Mpattà”: sta per pareggiare. Risultato che si verifica quando le due squadre vincono l’una nel percorso di andata e l’altra nel percorso di ritorno o viceversa: in questo caso la sfida si ripete. Se viene rimandata ad altro giorno la sfida viene dichiarata “Appésa”.
– “Attòrna”: è la parola usata quando “la pezza”, raggiunto un punto del percorso, ritorna indietro su se stessa, per il dislivello incontrato o per mancanza di forza.
-“Lelè… a vùia lota”: sono le parole di esortazione a fare spazio e togliersi dal percorso per l’arrivo della forma di formaggio