La battaglia di Cassino giorno per giorno

copertina BATTAGLIA DI CASSINO
PRESENTAZIONE

Molto è stato scritto sui tragici fatti che interessarono Montecassino e Cassino durante l’ultimo conflitto mondiale.
Ci verrebbe spontaneo pensare: “Che cosa è rimasto da dire che non sia già stato scritto, documentato e divulgato?”.
Eppure l’opera di Emilio Pistilli ha una caratteristica tutta propria: l’autore, attraverso una prosa semplice, mai compiaciuta, riesce a dare una visione d’insieme agli avvenimenti politici e militari, legandoli alle vicende dolorose e spesso strazianti della popolazione di Cassino e del Cassinate.
È un diario ricavato dagli scritti degli organi di stampa dell’epoca, dalle testimonianze di persone del popolo, dei comandi militari: l’opera pertanto evidenzia le visioni parziali e di parte, a seconda della posizione politica, di coloro che scrivevano. Proprio per questo l’autore riesce a dare bene e quasi con completezza la misura della tragedia che si abbatté in quel tempo sulla nostra terra.
“Il far memoria” è sempre cosa lodevole e sacra.

Ricordare la dolorosa distruzione delle nostre terre e delle nostre case e costatare oggi la coraggiosa, miracolosa rinascita di Cassino e Montecassino è motivo di orgoglio per la tenacia con cui i nostri padri hanno lottato per non essere del tutto “cancellati e sconfitti”.
“Dalla morte alla vita” canta la liturgia! E questo emblematicamente ce lo ricorda la foto della copertina di questo volume.
Oggi di fronte al dilagare dell’indifferenza, del disinteresse, della “non appartenenza” il fare memoria delle nostre radici puó aiutare an- cora le giovani generazioni a guardare indietro per trovare il coraggio di puntare in alto verso il futuro.
La Terra di S. Benedetto è grata a tutti coloro che dedicano mente e cuore a rinsaldare legami con tanto struggente glorioso passato.
Grazie Emilio!
† Bernardo D’Onorio Abate Titolare di Montecassino

INTRODUZIONE

Avevo iniziato raccogliendo degli appunti per uso personale; ma a mano a mano che andavo avanti, consultando tutto quanto mi capitava sotto mano, e non era poco, mi rendevo conto che un quadro completo sugli avvenimenti bellici a Cassino, tra il 1943 e ’44, non si aveva in nessuna pubblicazione, tranne che in qualche sommario resoconto locale – quale I cannoni di Cassino di D. Tortolano –.
Le opere di Nardini, di Majdalany, di Böhmler, di Piekalkiewicz, ecc. danno informazioni dettagliate su quanto avvenne sui campi di battaglia, ed è già molto, ma nessuno si sofferma sulle vicende della popolazione civile locale, che pure dovette subire innumerevoli tribolazioni.
Abbiamo il diario dettagliato dei monaci Grossetti e Matronola su quanto avvenne nel monastero di Montecassino fino alla sua distruzione, pubblicato, insieme ad altre annotazioni e documenti, solo nel 1980.
Vi sono poi i diari personali di cittadini di Cassino, come Grossi, Tari, Miele, ecc., ma questi non si inseriscono nel contesto degli avvenimenti bellici veri e propri se non per quanto abbia interessato direttamente gli autori e i loro familiari.
Vi è un recente lavoro che si propone di raccogliere in gran quantità le testimonianze dirette della popolazione civile locale, delle sue vicissitudini, con uno sguardo anche allo sviluppo delle operazioni militari, è La Linea Gustav di C. Jadecola; è un’opera ormai fondamentale per la storia della seconda guerra mondiale in provincia di Frosinone; tuttavia, per abbracciare un ampio bacino quale è la Ciociaria, non riesce a dare una visione d’assieme degli avvenimenti che interessarono la città di Cassino.
Dunque è proprio quest’ultimo aspetto che questo lavoro si propone: segnalare giorno per giorno quanto avvenne in ambito militare e politico in stretto legame con le vicissitudini dei civili di Cassino e dell’immediato hinterland.
Vuole essere, insomma, un diario, il più puntuale possibile, scritto dai soldati, dagli organi di stampa dell’epoca, dai comandi militari, e dalle persone comuni che si ritrovarono a vivere quei tragici fatti.

Naturalmente qui non si prescinde dalle numerosissime ed autorevoli testimonianze, militari e civili, di cui parlavo prima; anzi, ad esse rinvio – anche se non detto esplicitamente – per ogni approfondimento; dirò di più: su di esse si basa l’intera ricerca, almeno per tutto quanto va oltre le testimonianze locali.
Per non appesantire la lettura ho evitato, per quanto possibile, l’inserimento di note bibliografiche, in compenso ho dato, in appendice, una vastissima rassegna bibliografica su tutto ciò che mi è parso essenziale per uno studio sugli avvenimenti bellici in Italia – e non solo a Cassino –, con i necessari agganci con il quadro complessivo europeo e mondiale.
A tal riguardo va rilevato che molti studiosi della seconda guerra mondiale, tra loro anche autori di pubblicazioni che oggi sono considerate dei classici, non danno eccessiva importanza ai nove mesi di guerra sul fronte di Cassino; c’è addirittura chi non ritiene neppure di dover citare Cassino o Montecassino o la Linea Gustav: per tutti si vedano le opere fondamentali di Andreas Hillgruber, La seconda guerra mondiale (Laterza, 1995), e Michel Henri, Storia della seconda guerra mondiale – La vittoria degli alleati (Mursia, 1997), oppure l’italiano Giorgio Bonacina, che, nel libro Le bombe dell’Apocalisse (Fabbri, 1973), tra i grandi e piccoli bombardamenti alleati in Italia, “dimentica” quelli di Cassino e Montecassino.
Preferisco pensare che tali omissioni siano dovute solo a scarsa informazione da parte degli studiosi: sarebbe molto triste, infatti, per gli uomini di questo secolo dover ammettere che i nove mesi di inferno a Cassino, con il sacrificio delle varie centinaia di migliaia di vite umane, con le apocalittiche distruzioni di centri abitati e di monumenti unici dell’ingegno e della cultura, siano serviti solo a scopi tattici, a preparare, come scriveva Churchill, lo sbarco in Normandia o ad al- lentare la pressione germanica sul fronte russo. In tal caso dovremmo veramente definire “inutile” la guerra in Italia, come suggerisce il titolo del libro di Erik Morris (La guerra inutile. La campagna d’Italia 1943-45, Longanesi).
Ho evitato, in questo lavoro, commenti personali preferendo lasciar parlare le fonti dell’epoca: i bollettini ufficiali dei quartieri generali, la stampa degli alleati e quella tedesca, la stampa italiana, che, salvo qualche rara eccezione, è apertamente e, mi si consenta, pietosamente schierata su posizioni filogermaniche, infine i diari privati già pubblicati e qualcuno ancora in attesa di pubblicazione.

Questo lavoro, per la sua inevitabile incompletezza, è destinato ad un pubblico di “non addetti ai lavori”, di un pubblico che vuole solo farsi un’idea di quanto accadde nel Cassinate durante la seconda guerra mondiale; però il procedimento di ricerca è quello storiografico: grazie al confronto delle fonti è stato possibile, per esempio, rettificare alcune date errate, talune confusioni geografiche e toponomastiche (come quella relativa al fiume Gari, che viene quasi sempre denominato Rapido: sappiamo invece che si tratta di due corsi d’acqua confluenti, ma ben distinti) oppure “scremare” quanto di romanzato è stato scritto da alcuni autori.
Viste le posizioni contrastanti delle molteplici citazioni inserite nel testo, lascio al lettore il compito di scegliere tra esse quelle che ritiene più veritiere e credibili, con una sola avvertenza: i paragrafi introduttivi ai capitoli delle battaglie di Cassino (dalla prima alla quarta) sono citazioni da Winston Churchill, il quale, si sa, per essere stato un protagonista, dà una lettura decisamente filo occidentale degli avvenimenti di cui si occupa; tuttavia esse servono ad inquadrare con una certa chiarezza lo sviluppo delle operazioni belliche.
***
I resoconti giornalistici della stampa estera dal fronte risentono delle rispettive fonti di informazione, dunque tendono a minimizzare gli insuccessi dei combattenti della loro parte e ad enfatizzarne le vittorie, anche le più insignificanti. Nonostante ciò si puó rilevare un certo distacco dei corrispondenti stranieri di guerra dalle drammatiche vicende – a volte si ha l’impressione di leggere una cronaca sportiva –, distacco che consente di acquisire una informazione abbastanza attendi- bile.
Per contro il lettore si renderà conto dell’assoluta inaffidabilità della stampa italiana dell’epoca, schierata com’è con l’una o con l’altra parte in guerra, soprattutto con il regime nazista, strumento efficace di propaganda di parte presso l’ignara popolazione italiana: valgano ad esempio le esaltanti notizie di successi tedeschi nei momenti in cui le pur gloriose truppe di paracadutisti erano costrette ad arretrare; valga altresì il poco edificante annuncio dato dal periodico socialista “Avanti!”, nel mese di dicembre, sul “saccheggio” della biblioteca monumentale di Montecassino e sul “trafugamento” del tesoro del Museo di Napoli ad opera dei tedeschi, che, come ora sappiamo, ne hanno invece assicurato la salvaguardia: che fine avrebbe fatto quel prezioso materiale se fosse rimasto nell’abbazia ancora per qualche mese?

Purtroppo quella cultura giornalistica e quella generazione di operatori dell’informazione italiana hanno continuato a far sentire il proprio influsso sui tempi successivi della Repubblica e, ahimé, anche sui tempi odierni: sono ancora viventi ed operanti non pochi di quei giornalisti, alcuni anche di grande fama.
E pretendono di fare scuola!
Non parliamo poi di quei giornalisti che si sono improvvisati storici della seconda guerra mondiale: passino le testimonianze dirette delle loro vicende personali durante il conflitto – queste sì hanno valore storico in quanto documenti –, ma non è accettabile che le loro opere, talvolta monumentali, sugli eventi bellici, realizzate con tecnica e criteri giornalistici, senza adeguata conoscenza delle fonti e senza il dovuto controllo sulle stesse, senza il dovuto “distacco” dagli avvenimenti narrati, con la tentazione costante dello “scoop” destinato a colpire il lettore, siano considerate opere storiche, specialmente quando gli stessi autori “bisticciano” in continuazione con i protagonisti bollandoli o esaltandoli con giudizi morali e politici: mi riferisco a gente come Biagi, Montanelli, Bocca, Petacco, troppo politicizzati e troppo emotivamente coinvolti.
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Sulla questione della presenza militare tedesca tra le mura di Montecassino ritengo di dovermi schierare con decisione sulla posizione tedesca, perché mi pare inconfutabilmente attendibile la testimonianza dei diretti protagonisti della vicenda: i monaci e i numerosi civili che tra quelle mura trovarono asilo. Gli Inglesi ancora oggi non accettano tale realtà, e ne hanno buoni motivi, vista la gravissima responsabilità che discende da quelle terribili decisioni che partirono dalle richieste dei pur valorosi combattenti neozelandesi in quel nefasto inverno del ’44. Le loro certezze si basano sulle – presunte? – dichiarazioni di piloti e di ufficiali alleati, che da notevole distanza avrebbero visto cannocchiali alle finestre o addirittura soldati tedeschi all’interno del sacro recinto: dichiarazioni palesemente di parte, che hanno come contrappeso quelle contrarie dei militari tedeschi, e che sono destinate ad essere decisamente smentite dalle testimonianze di chi sul luogo era presente, e non come combattente, ma come testimone forzato, come vittima, come martire – vedi l’abate Diamare, che firmò una dichiarazione in tal senso –.

SOMMARIO
Dopo lo sbarco a Salerno delle truppe alleate il primo obiettivo fu la presa di Roma.
Prendere Roma era senz’altro un gesto dall’alto valore simbolico e di grande potenziale propagandistico. Ciò valeva, naturalmente, anche per i tedeschi, per i quali la cessione senza colpo ferire della capitale dell’alleata Italia avrebbe avuto un impatto decisamente negativo.
La caduta del governo Mussolini consentì al re ed al nuovo ministro incaricato Badoglio di fare una nuova scelta di campo nelle alleanze dell’Italia. Dunque l’otto settembre 1943 si annunciò l’armistizio tra l’Italia e le forze alleate ma ciò scatenò la prevedibile ira germanica, con il risultato che i soldati tedeschi e italiani, che fino a quel momento erano stati alleati, si trovarono l’uno contro l’altro, anzi, si trovarono il tedesco a dare la caccia al “traditore” italiano in rotta.
L’inserimento dell’Italia nel nuovo scenario militare, accanto alle forze alleate, non fu indolore: si dovette affrontare la naturale diffidenza degli americani e degli inglesi, si dovette ricostituire un esercito che non esisteva più, si dovette combattere all’interno con i fascisti, rimasti fedeli collaborazionisti dei nazisti.
Un primo contingente di soldati italiani più o meno organizzato fu il 1° Raggruppamento Motorizzato, costituitosi nel settembre 1943, che prese parte alla battaglia di Montelungo.
Fu proprio a Montelungo che i tedeschi organizzarono una prima linea di difesa, la “Linea Reinhard” che aveva come cardini di forza il Monte Sambucaro ed il Monte Camino. Fu qui che la X Armata di Kesselring impose i suoi tempi all’avanzata alleata per rinforzarsi in un sistema difensivo assolutamente impenetrabile quale fu la “Linea Gustav”, che, dall’Adriatico al Tirreno, tagliava l’Italia centro meridionale in due parti. Il punto di maggior forza fu Cassino con i suoi monti retrostanti e con le sue abbondanti acque del Rapido, del Gari, del Liri, del Garigliano. Perché proprio Cassino? Perché la città da sempre è stata la porta di accesso all’unica possibilità di passaggio di eserciti dal sud verso Roma, la valle del Liri: dunque Cassino a guardia di Roma. Fu questo suo ruolo che la rese martire ma che le consen- tì di affermare con orgoglio di aver salvato la città eterna.
Non v’è alcun dubbio, infatti, che se i tedeschi si fossero attestati in difesa di Roma, alla città del Campidoglio, del Colosseo, del Vaticano, alla città “caput mundi”, sarebbe toccato il destino di Cassino e di Montecassino: il bombardamento a tappeto; qualche segnale in tal senso si era già avuto a metà luglio del ’43 con il bombardamento del quartiere di S. Lorenzo e zone limitrofe; le esigenze militari … lo avrebbero imposto, come lo imposero a Cassino, a Montecassino, in numerose altre città italiane ed europee, come lo imposero ad Hiroshima e a Nagasaki.
I primi bombardamenti su Cassino si ebbero il 10 settembre 1943 e le vittime furono ingenti, perché la popolazione civile era tutta lì: non vi era motivo per andarsene!
Da quel momento le bombe caddero quotidianamente sulla città e su tutto il Cassinate. Gli abitanti cercarono rifugio sulle alture circostanti, sulla Costa, a Monte Maggio, a S. Michele, a Portella, a Terelle, a Montecassino, nei casolari di campagna. I rastrellamenti del mese di novembre finirono per spopolare il territorio: molti civili furono trasferiti nei centri del nord della provincia di Frosinone, altri furono portati nel nord-est d’Italia, altri ancora, su vagoni ferroviari, deportati in Austria, in Cecoslovacchia, in Germania, a lavorare nei campi d’aviazione o nelle industrie tedesche.
La battaglia di Cassino si è soliti suddividerla in quattro fasi, denominate “le quattro battaglie di Cassino”, sviluppatesi tra l’11 gennaio 1944 ed il 18 maggio successivo. Le prime due furono determinate dai tentativi di conquista di Montecassino e delle alture circostanti, e si conclusero con la distruzione del monastero. La terza fase vide gli sforzi alleati per prendere la città di Cassino e la strenua difesa dei paracadutisti tedeschi: culminò con il bombardamento a tappeto della città. L’ultima fu un attacco corale su tutto il fronte, dai piedi del monte Cairo alla foce del Garigliano, con lo sfondamento delle difese tedesche sui monti Aurunci e sul fiume Gari.
Subito dopo i tedeschi cercarono inutilmente di rallentare l’avanzata alleata con l’allestimento di una seconda linea difensiva, arretrata di qualche chilometro rispetto alla Gustav, la “Linea Hitler”, poi ribattezzata “Linea Dora”, tra Piedimonte Sangermano, Pontecorvo ed i monti Aurunci.
Le date da ricordare sono il 15 febbraio 1944 per la distruzione del monastero di Montecassino, il 15 marzo per l’analogo destino della sottostante città di Cassino, l’11 maggio per l’inizio della grande offensiva finale, il 18 maggio per lo sfondamento della Linea Gustav e il termine delle operazioni belliche nel Cassinate.

Solo dopo la liberazione di Roma, il 4 giugno, dopo il passaggio delle truppe alleate con il seguito di giornalisti, inviati speciali ed operatori cinematografici, i cittadini di Cassino fecero le prime coraggiose e pietose visite alle macerie di quella che era stata la loro città. Ma non tutto era ancora finito: li aspettavano i numerosi cadaveri putrefatti, le mine e le bombe inesplose, li aspettavano le tribolazioni per la fame, per la mancanza di ogni cosa, per la malaria che fece ancora molte e molte vittime.
Ma questa fu la seconda guerra di Cassino, che iniziò insieme alla miracolosa ricostruzione, impegno della nuova Italia repubblicana.

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World War II, Battle of Monte Cassino

This multi-faceted battle marked one of the longest and bloodiest engagements of the Italian campaign during World War II. After attempts to overcome the Germans in the Liri Valley and at Anzio ended in stalemate, the Allies struggled to capture the western anchor of the Gustav Line and the Roman Catholic abbey of Monte Cassino. Two more offensives, which resulted in the destruction of the abbey and aerial bombardment of the region, again failed to produce the desired result. Only with the launch of Operation Diadem in May 1944 did the Gustav Line finally collapse, with the Second Polish Corps succeeding in capturing the abbey.
Allied strategy in Italy during World War II centered on keeping the Wehrmacht fully committed so that its veteran divisions could not be shifted to help repel the cross-Channel invasion. However, the Allied high command mistakenly believed that the determined German defense of the invasion beaches of Salerno in September 1943 masked their preparations for retreat to the north. They never reckoned that the Germans would effectively use the weather and the terrain to turn the Italian campaign into a costly stalemate at the Gustav Line.

Mark Clark’s disastrous attempt to split the Gustav Line in the Liri Valley died on the banks of the Rapido River (“the bloody Rapido”) in January 1944, and when the Allied end run at Anzio also failed, there was now a stalemate on two fronts. In early February the U.S. Thirty-fourth Infantry Division failed to capture the western anchor of the Gustav Line, and one of the holiest shrines of Roman Catholicism, the abbey of Monte Cassino. A second offensive in mid-February again failed and resulted in one of the most hotly debated incidents of the war–the destruction of the abbey by Allied bombers.

The Third Battle of Cassino in mid-March was preceded by a thunderous artillery barrage from nine hundred guns and a massive aerial bombardment of the town. Follow-up ground attacks by New Zealand troops once again ended in failure. Only with the launch of Operation Diadem in May 1944 did the Gustav Line finally collapse when the Second Polish Corps succeeded in capturing the abbey on May 17, thus ending one of the longest and bloodiest engagements of the Italian campaign.

The Reader’s Companion to Military History. Edited by Robert Cowley and Geoffrey Parker. Copyright © 1996 by Houghton Mifflin Harcourt Publishing Company. All rights reserved.