Repubblica Partenopea e Bigantaggio

Snap 2015-11-10 at 15.46.01RICERCA EFFETTUATA DAL LIBRO “REPUBBLICA PARTENOPEA E BRIGANTAGGIO ” di VINCENZO MAZZACCA -RICOLO Editore
Da pag.109 A 116

CAPITOLO VIII
BRIGANTAGGIO 1861
Il 4 luglio, verso le ore 4,30, nel vicino paese di S. Lupo si sviluppava un grosso incendio nell’abitazione dell’Arc. Don Celestino De Blasio e del fratello Don Bonifacio, Comandante della Guardia Nazionale locale (La Guardia nazionale, nata in Francia prima col nome di Guardia borghese, poi Guardia nazionale, fu battuta e soppressa da Napoleone. Anche in Italia, dietro l’esempio francese, venne istituita tale guardia che prese parte,nella seconda metà del sec. XIX, alla repressione del brigantaggio meridionale.).
Il 25 dello stesso mese fu commesso un furto ai danni dei Signori Mazzaccara di Casalduni.
Tali azioni erano forse i primi segni di un diffuso stato di inquietudine che preludeva alla comparsa dei briganti nelle nostre zone. Se ne ebbe conferma nel mese di agosto con i fatti di Pontelandolfo, di cui parleremo in una nota a parte.
Non mancavano neppure segnali più generali di carattere politico-sociale. Il 31 agosto dello stesso anno l’On. Filippo De Blasio ( Filippo De Blasio (Guardia Sanframondi 1820 – Napoli 1878), avvocato eloquente del Foro napoletano e deputato. Col Ministro delle Due Sicilie, Principe di Petrella, si recò presso la corte del re Francesco II, a cui consigliò di prendere contatti col Piemonte per dare un contributo alla causa della libertà d’Italia. Fece parte della Commissione che invitò Garibaldi a venire a Napoli. Appena costituito il Governo, fu Segretario Generale del Min. di Grazia e Giustizia e poi Prefetto di Polizia. Partecipò alla deputazione che (a Torino) si presentò a Cavour per offrire il Reame a Vittorio Emanuele II. II 21 luglio 1861 fu nominato Segretario Generale del Dicastero dell’Interno e della Polizia. Eletto deputato a Napoli, fu a Torino Segretario Generale di Grazia e Giustizia nel Ministero Cavour ed ebbe, insieme ad altri giuristi, l’incarico di compilare il Codice Civile Italiano. Fu anche Governatore del Real Albergo dei Poveri di Napoli (A. DE BLASIO, op. cit., p. 124).), Segretario Generale del Dicastero dell’Interno e della Polizia, inviava al Governatore della provincia di Benevento un messaggio, che fu subito trasmesso all’Intendente del Circondario di Cerreto Sannita.
Questo il testo: “Si dice colla data di Genova 2 agosto siasi stampato a Roma un proclama con titolo “Gl’Italiani agli Italiani”
Esso comincia con le parole ” Sinora osservammo tacitamente le sventure del nostro paese ecc.” e termina ” L’ Italia – Piemontese sarà Nazione di sciagure, nazione di gelosia. Viva l’ Italia confederata. Il Comitato della Confederazione L. S. V. G. – R. A. C. N„

Un numero di tali proclami sarebbe giunto a varie persone di qui, che ne farebbero distribuzione nella provincia (di Benevento), ed io (Segretario Generale) nel renderla di ciò avvertita la prego di voler usare la massima vigilanza per colpirne i distributori»,
A Cerreto Sannita intanto molti individui venivano fucilati per ordine del Maggiore Zettiri, il quale si dichiarava rivestito di tali poteri (Lettera del Delegato Circondariale all’ Intendente di Cerreto Sannita in data 29 settembre 1861).

A S. Lorenzo Maggiore i soldati del disciolto esercito borbonico si erano presentati spontaneamente al Sindaco e prestavano servizio accanto alle Guardie Nazionali (Il Consiglio di Ricognizione di S. Lorenzo Maggiore era formato dal Sindaco Marzio Cinquegrani, dal Decurione Vincenzo De Vincentiis, dal Decurione Marzio La Fazia, dal Cancelliere Domenico Lancia ed altri. Conforme all’art. 18 del decreto 14 dicembre 1860, in data 19 febbraio 1861 nominò 136 nuove Guardie Nazionali e poi, con due elenchi suppletivi, altre 38, per un totale di 174. Citiamo alcuni nomi: Angelo Biondi, Giambattista Biondi, Gaetano Mazzacca, Lorenzo Di Libero, Vincenzo De Vincentiis(medico) Carlo Brizio, Pasquale Iannotti, Giambattista Paolella (farmcista),Lorenzo Iannotti, Nicola Ciambrelli, Vincenzo Iannotti, Simone Grimaldi (orologgiaro), Filomeno Grimaldi (muratore), Lorenzo Iannucci, Lorenzo Maglione, Raffaele Romanelli (fondachiere), Marzio La Fazia (orologgiaro),giacpmino D’Aloia, Francesco Tomasiello (maccaronaro), Ferdinando D’Addona (santone), Luigi Iannotti, Giovanni Pezzullo (panettiere), Raffaele Ciambrelli fu Ermenegildo(locandiere) Angelo Iannotti(barbiere), Pasqualq Melchiorre, Giuseppe Grimaldi, Antonio Maglione, Francesco Nonno (notaro).
Il Corpo delle Guardie Nazionali di S.Lorenzo Maggiore fu sciolto con Real Dcreto del 24 agosto 1862 e le armi furono trasportate a Cerreto Sannita. Il Corpo delle G.N.fu ricostituito successivamente).
Quando però essi furono invitati a ripresentarsi all’autorità locale per essere arruolati e avviati al Deposito Generale,disertarono e molti si diedero al brigantaggio.

Difatti il Sindaco scriveva all’Intendente: “la maggior parte dei soldati sbandati del Comune (di S. Lorenzo Maggiore) eccetto tre che stanziano in Napoli, ed un altro il cui domicilio s’ignora, si sono da me (Sindaco) presentati volontariamente da qualche tempo, e prestano un servizio giornaliero ed attivo per tenere il buon ordine. E sebbene l’istessi avrebberoro dovuto inviarsi a Lei, tuttavia, attese le scorrerie frequenti dei briganti in questo tenimento, e che potrebbero irrompere anche dentro il Comune, non ho stimato eseguirlo, essendo i soli Con i Pochi buoni della Guardia Nazionale, che tengono in suggezione i malviventi, e continuerò per tranquillità e giovamento pubblico a non spedirli, fino a che il Governo non ne avesse preciso bisogno, e purchè ella lo trovi conveniente » (Lettera del Sindaco di S. Lorenzo Maggiore, Silvio Del Buono, all’Intendente di Cerreto Sannita in data 10 ottobre 1861).
Ma l’Intendente dopo cinque giorni rispose che « i soldati sbandati presentati volontariamente debbono subito spedirsi al Deposito Generale, né possono essere adibiti in patria ad alcun servizio, qualunque sieno le circostanze eccezionali.
La incarico quindi di spedire in questo Capoluogo (di Cerreto S.) i soldati suddetti col verbale di presentazione, restando a sua responsabílítà l’adempimento di una tale disposizione. Mi farà intanto conoscere i nomi degli altri quattro soldati, che si vogliono domiciliati a Napoli, inviandomi le di loro filiazioní ». Il Sindaco così scrisse: « Giusta i di Lei ordini ho invitato i soldati sbandati ritornati in patria onde si fossero presentati in questa Casa Municipale alle ore 14 di questo giorno (18 ottobre 1861) per essere spediti in cotesto Capoluogo, ed il solo Raffaele Salvatore si è mostrato pronto a partire, e che viene accompagnato dal Consi¬
gliere Comunale Gennaro Iannotti e dall’ Uffiziale Comunale Don Lorenzo Lancia, … La prego darmi (ordini) per quelli che sonosi mostrati renitenti a presentarsi ».

Segni ancora più certi di presenza di briganti si ebbero quando il Maggiore Generale Franzini, Comandante delle truppe mobili, nell’esplorazione fatta da lui stesso nelle campagne, si accorse che « appena la truppa è uscita fuori dell’abitato, e durante la marcia, in diversi punti sonosi alzati gridi, ed uditi colpi di fucili,
e talvolta eziandio rintocchi di campane suonate a martello. E siccome Franzini(scriveva il Prefetto ai Sindaci) ha tutto il fondamento di sospettare, anzi è persuaso,che questi sono segnali convenuti coi briganti, e che coloro che vi danno mano sono spie dci medesimi (briganti), così dichiara che da oggi innanzi farà diligentemente sorvegliare, e punirà con la fucilazione chiunqite, colpito sul fatto sarà convinto essere stato esecutore di alcuno dei suddetti segni, senza che il colpvole possa avvalersi dei soliti pretesti di essere cacciatore, di aver inteso cantare e simili »(Lettera del Prefetto di Benevento,Gallarini,ai Sindaci in dataa 12 novembre 1861)
Il 20 novembre, l’Assessore delegato dell’Amministrazione Comunale di S. Lorenzo Maggiore, in assenza del Sindaco, ordinava ai cittadini la distruzione «delle pagliaia, della fabbrica delle case rurali disabitate nella montagna», dove non si poteva neppure andare a prendere la legna senza permesso. Così fu fatto anche negli altri Comuni per ordine del Prefetto di Benevento (Fig. 16)
L’emanazione di queste norme restrittive era dovuta allo stato di preoccupazione in cui si viveva (è il caso di S. Lupo) e ai gravi fatti che erano accaduti alcuni mesi prima a Pontelandolfo, a Casalduni e in altri Comuni della provincia.
PREOCCUPAZIONE A S. LUPO PER LA FESTA DEL S. PATRONO
Il 28 luglio 1861, Giovanni Saccone, 2° Eletto dell’Amministrazione comunale di S. Lupo, così comunicò all’Intendente del Circondario di Cerreto Sannita: « Domani qui si fa gran festa religiosa pel S. Protettore. Ella già lo sa per mezzo del Comandante della Guardia Nazionale (Achille Iacobelli) e di altro zelante cittadino, i quali vivono per il bene del paese e di tutta Italia. Si guardi solo di chi viene da Lei a spacciare sordida influenza, e titoli pomposi, i quali non valgono a nascondere l’obbrobrio del passato.
Creda alle autorità e funzionari che zelano il proprio, e l’altrui onore.

La prego di spedirmi un pò di truppa all’alba domani, e permettere si trattenghi almeno fino alle ore due di notte. La prudenza mi comanda farne richiesta.

Stamattina nel venire qui la banda musicale diBonito per la volta di Benevento, in questa città capoluogo volevano distoglier loro la venuta dicendo il Municipio nostro in rivolta. I Musicanti non lan creduto, e si sono messi in viaggio, quando a circa due miglia di qui un uomo ignoto vestito alla borghese diceva loro,
ritornate indietro, poiché a S. Lupo non si fa la festa. L’Arciprete è fuggito in Napoli, avendogli detto il Cav. Iacobelli che se voleva fare la festa, doveva farla colle bandiere bianche” (evidente l’allusione alla bandiera borbonica).
Tutta favola, tutte menzogne. Qui si sta tranquillissimo all’ombra del vessillo tricolore fregiato della Croce Sabauda.
Convien però stare all’erta, e vigilare; quindi la richiesta a Lei di un poco di forza regolare.
Accolga Sig. Intendente le mie prime felicitazioni pel buono arrivo di Lei, e gradisca gli attestati di mia verace stima ».
AGOSTO 1861 A PONTELANDOLFO E A CASALDUNI
Nel passato è stato dato ampio rilievo dalla stampa, e non solo da quella locale, alla reazione filoborbonica (La banda reazionaria di Pontelandolfo era formata da abitanti di quel Comune, da soldati sbandati di S. Lorenzo Maggiore, Casalduni, Campolattaro, Morcone… oltre ai noti briganti di Solopaca (cfr. A. Zazo, Nuovi documenti sulla reazione di Pontelandolfo, in Samnium, 1951, n. 3, p. 86)».
La banda spadroneggiava nella zona, anche per la momentanea assenza della colonna mobile della Guardia Nazionale comandata dal tenente colonnello Giuseppe De Marco, (Sul De Marco, Comandante dei Cacciatori irpini,fr. FLORIDANTE BIZZARRO, Paupisi nella sua storia,Ed. Gennaro Ricolo, Benevento, 1981, p. 31 e seguito) e alla rappresaglia piemontese che avvennero nell’agosto del 1861 a Pontelandolfo e a Casalduni.

Recentemente colti e appassionati studiosi(DANIELE PERUGINI, Monografia di Pontelandolfo, Campobasso, 1878; Rocco BOCCACCINO, in una precisa ricostruzione storica, Memorie dei giorni roventi dell’agosto 1861, in Samnium, 1973, n. 1-3, da p. 57 a p. 78; FERDINANDO MELCHIORRE, in Storia dei fatti di Pontelandolfo dell’agosto 1861, Ed. C. EDI. M., Milano, 1983; GIOVANNI GIORDANO, Un riesame dei fatti di Pontelandol/o in un nuovo saggio di Melchiorre, in Messaggio d’Oggi, direttore G. De Lucia, Benevento, 1984, n. 1, p. 3; il Sindaco Gíuseppe Perugini in vari convegni; sulla stampa: i giornalisti Tito Margherini, Clemente Cassese, Gabriele De Luca, Luigi Vessichelli. Quest’ultimo, in riferimento all’ultima indagine del Melchiorre, dice: «infatti, non parla lui (l’autore), ma, secondo un costume che è o dovrebbe essere di ogni storico onesto, lascia parlare i fatti, così come sono documentati dalle sentenze, dalle lettere, dagli scritti del tempo, nella cui trascrizione l’autore è di una scrupolosità e minuziosità a volte eccessive (cfr. Messaggio d’Oggi, direttore G. De Lucia, Benevento, n. 8, p. 3). si sono ampiamente interessati della vicenda riportandola nei giusti límìti della verità storica.
Ne diamo solo una breve sintesi.

II giorno 11 agosto giungeva a Pontelandolfo un distaccamento di 45 soldati piemontesi e quattro carabinieri provenienti da Campobasso, tutti comandati dal tenente Bracci.
Erano giunti per sedare alcuni disordini sorti íl 7 agosto in occasione della festa di S.Donato. Appena essi si accorsero di un imminente attacco dei briganti, ossia dei reazionari filoborbonici, pensarono di ritirarsi a S.Lupo, sede del Comandante della Guardia Nazionale Achille lacobelli(Il Cav. Achille Iacobelli fu accusato da un certo Vincenzo Iatommasi di Campobasso di essere stato uno dei promotori della reazione filoborbonica di Pontelandolfo e Casalduni (cfr. in appendice la lettera dell’Intendente del Circondario di Cerreto Sannita al Governatore della provincia di Benevento). Quasi a metà strada (Praianella – collina S. Nicola), non potendo avanzare per la presenza dei briganti, furono costretti a dirigersi verso Casalduni, ma non trovarono via di scampo. Furono tutti, eccetto uno, barbaramente massacrati.
All’alba del 14 agosto dello stesso anno avvenne la rappresaglia. I soldati piemontesi, al comando del colonnello Gaetano Negri «entrarono nell’abitato (di Pontelandolfo) tirando contro chiunque incontrassero… II paese venne dato alle fiamme(In otto secoli, era la terza volta che la cittadina di Pontelandolfo ve¬
niva incendiata (cfr. A. DE BLASIO, cit., p. 54, nota n. 2).Dopo i soldati si abbandonarono al saccheggio e ad atti di lascivia » (VINCENZO MAZZACANE, I fatti di Pontelandolfoo nel manoscritto di un contemporaneo, in Rivista storica del Sannio, a. IX, 1923, n, 3, p. 76; , cfr. anche A. ZAZO, cit., p. 94).
A Casalduni ugual ruina che a Pontelandolfo, ma meno sangue perchè quasi deserto il luogo » (DE Slvo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Viterbo, 1867, II,
p. 149; cfr. anche A. ZAZO, cit., p. 94.).
Il 15 agosto, il colonnello Negri comunicava al Governatore di Benevento: « Ieri mattina all’alba, giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduní. Essi bruciano ancora » (A, ZAZO, cit., p. 95.).

Della clamorosa vicenda se ne ebbe eco perfino nel Parlamento italiano. Il 15 agosto 1861 sulla Gazzetta di Torino si poteva leggere: « Le voci, che si diffusero ieri, sulla carneficina dei nostri, ebbero sramane conferma e schiarimento. Un distaccamento del 36° fanteria, comandato da un ufficiale, e composto di una quarantina di soldati, venne trucidato fra Pontelandolfo e Casalduni… Atti della barbarie più feroce vennero compiuti…
Ieri mattina, la vendetta di Dio ha visitato Pontelandolfo e Casalduni… Le truppe nostre si presentavano alle porte dei due paesi e venivano accolte a fucilate. Dopo vivo fuoco, entrarono a forza, e Pontelandolfo e Casalduni non esistono più. Le fiamme han divorato le case… » (SERGIO BASALISCO, Il brigantaggio, Ed. RADAR, Padova, 1969, pp.44-45.)

Questi in breve i fatti. Seguirono poi gli arresti dei colpevoli di Pontelandolfo e di Casalduni, per alcuni dei quali fu applicato « un giudizio sommario in seguito a consiglio di guerra ». Le prime fucilazioni furono eseguite a Benevento il 22 agosto, altri dodici briganti vennero giustiziati a Cerreto Sannita il 29 settembre e altri sei a Pontelandolfo il 18 ottobre. Per il massacro dei soldati furono rubricati 118 individui, dei quali 28 erano di Pontelandolfo, 53 di Casalduni, 34 di Ponte, 2 di Morcone e uno di Campolattaro (A. Zazo, cit., p. 97).

Si concludeva così una triste vicenda che ispirò al De Amicis un famoso racconto (Questo il racconto: « Era l’estate del 1861, allorché la fama delle imprese brigantesche correva l’Europa;…quando il colonnello Negri, presso Pontelandolfo, vedeva appese alle finestre, a modo di trofei, membra sanguinose di soldati; quando il povero luogotenente Bracci, ferito e preso in combattimento, veniva ucciso dopo otto ore di orrende torture; quando turbe di plebaglia forsennata uscivan di notte dai villaggi, colle torce alla mano, a ricevere in trionfo le bande ». Il racconto è riportato anche dal BOCCACCINO, cit., in Samnium, p. 64).
In esso si nota come « l’esagerazione e la menzogna avevano sconvolte anche le menti di scrittori, che le divulgavano facilmente… Non si vuole fare addebiti di maggiore o minore responsabilità; il crimine commesso fu troppo sconcertante da non meritare attenuantí, anche se niente affatto possa giustificare le barbare e abominevoli ritorsioní »(R. BOCCACCINO, cit., pp. 63-64).
La vicenda risorgimentale di Pontelandolfo, « che si affianca per tanti versi, a quella di Bronte in Sicilia, costituisce tuttora l’episodio negativo piu rimarchevole nella storia del nostro Mezzogíorno, al compimento della prima unità d’Italía… » (G. GIORDANO, cit., in Messaggio d’Oggi, 1984, n. 1, p. 3)•

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