“IL VERIDICO” N. 2 Garibaldi sui gioghi di Aspromonte

TESTATA N 2 PAGINA Il_veridico

RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL GIORNALE ” IL VERIDICO ” SABATO 6 SETTEMBRE ANNO 1° N. 2 -ROMA 1862
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Da pag.14  e  15

CRONACA
Senza contrasto la notizia dominante della scorsa settimana è la nota di Garibaldi sui gioghi di Aspromonte. Questa accadde a dì 29 Agosto, quattro giorni dopo lo sbarco effettuato dal Garibaldi. Egli avea scco un tremila e quattrocento volontarii, che, vennero attaccali dal colonnello Pallavicini con milleottocento bersaglieri. Dopo due ore di combattimcnto, in cui rimasero feriti lo stesso Garibaldi, il suo figlio Menotti e quasi tutto lo stato magiore, i volontarii, in parte si sbandarono, in parte si arresero, rimanendo sul campo dodici morti e duecento feriti fra volonlarii e regii.
Non è certamente il primo sangue italiano, versato da mani italiane, nella Rivoluzione italiana. Ne fu vcrsato a Pesaro, a Castelfidardo, ad Ancona, a Capua , a Gaeta; se ne versa tutto giorno nel regno di Napoli. Ma è il primo sangue rivoluzionario versato da mani rivoluzionarie; è il primo sangue compianto dalla stampa libertina; la quale applaudì, rise, gioì di gioia infernale fino a quando trattossi di sangue effuso dalle vene della gioventù fedele al trono e all’altare; anzi ne provocò, ne sollecitò l’efflusione con le grida le più efferate e vigliacche. E noi pur deploriamo la scaramuccia di Aspromonte, riconoscendo però iu essa una conseguenza inevitabile della Rivoluzione, giacchè è impossibile trattenere la foga delle passioni che si vollero ad arte e per progettoo scatenare, come è impossibile

Il trattener lo strale
Quando dall’arco usci.

Peggio poi se lo scopo di quelle scatenate passioni è lo scopo medesimo a cui dite voi di voler tendere; quando la questione si vuol circoscrivere soltanto al modo e all’opportunità; quando si pretende esercitare quando si pretende di esercitare un potere, un’autorità contro quei medesimi, dai quali si confessa aver ricevuto il potere e l’autorità.
E’ olpa incancellabile del Governo torinese perchè o si dimostrò, o più probabilmente fu connivente, se non anche promotore della rivolta garibaldina.
Lo prova l’assoluta impunitàà concessa ai fatti di Sarnico, debole preludio di quei di Sicilia; lo prova il nessun impedimento frapposto al palese accorrere ed ingrossare dei volontarii in Sicilia, quando impedirlo era facilissimo; lo provano le ridicole mostre di repressione, e i cordoni di bambagia stretti attorno al Re­ dentore-ribelle e alle sue bande.
Il tempo e la storia svelerannno i misteri tenebrosi di questa folle politica. Frattanto è bene che si sappia quali giudizii ne recano i giornali.

V’ha chi argomenta che il Governo torinese volle studiatamente crearsi una opposizione, in apparenza formidabile, per dimostrare all’Europa che sapeva anche e poteva rintuzzarla e sconfiggerla. E così, col sacrificio premeditato di due o trecento vittime fra regii e garibaldini, dare un pegno della fortezza interna del nuovo regno, ed agevolarsi nella pubblica opinione la strada alla conquista di Roma. E un’ipotesi feroce e barbara, ma non dissonante dall’insieme della politica subalpina adottata da varii anni a questa parte.
Altri asseriscono che il movimento fu promosso dal Governo torinese nello scopo di forzare la mano dell’imperatore Napoleone, e acostringerlo a cedere Roma alla Rioluzione regia col pretesto di scampare l’Italia dalla rivoluzione demagogica: Cotesta ipotesi è molto accreditata; ma il Governo di Torino fece così male i suoi conti che riuscì al punto opposto a quello mirato. Giacchè I’Imperatore, secondo tal versione, avrebbe minacciato sul serio di occupare con le sue truppe le provincie napoletane qualora il Governo torinese non avesse immediatamente repressa e vinta la Rivoluzione demagogica.
Non è poi semplice diceria, più o meno fondata, ma è realtà, che I’imperator Napoleone dichiarò nel Moniteur, considerarsi ora più che mai obligato a difendere il S. Padre, ogni dubbio sulla sua condotta in questo frangente essere impossibile.
Finalmente pensano taluni che la spedizione di Garibaldi, promossa e favorita dal Governo torinese, fosse diretta al Montenegro in sostegno della rivolta di quei montanari da estendersi a tutti i Principati, sperando che col ridestare la questione orientale si giungerebbe a risolvere la questione italiana secondo i voti degli unitarii. L’Inghilterra però, che nella questione orientale teme uno scacco alla sua potenza nel mediterraneo da parte della Russia, avrebbe insinuato scaltramente dei sospetti nell’animo di Garibaldi e sovvenutolo di cospique somme lo avebbe indotto a rivolgere leee sue forze alla conquista di Roma.
Avrebbe cos’ inteso l’Inghilterra a porre in grave imbarazzo L’imperatore Napoleone, serrandolo fra l’impegno assunto verso i cattolici di difendere ad ogni costo il S. Padre, e l’osservanza del principio famoso del non intervento che lo avrebbero legato ad aspettare la Rivoluzione trionfante fin presso le porte di Roma. Ma tutte coteste mene sarebbero state sventate dalla vigilanza e risolutezza deli’imperatore Napoleone, il quale V611e ad ogni patto sconfitto il Garibaldi da quelli stessi che l’avevano slanciato nel tenebroso e vituperevole arringo.
Siasi però quel che si voglia la vera spiegazione dei fatti svolti nel recentissimo dramma di Sicilia e Calabria, è sempre vero che quel Garibaldi medesimo il quale nei fatti di Sarnico si dichiarò con la più audace arroganza unico colpevole della tentata spedizione e rimase impunito, anzi non mentovato affatto dalle requisitorie fiscali;qul Garibaldi che sceso inaspettatamente in Sicilia desinò e dansò alla pari coi principi reali, che con la scoperta e senza il minimo riserbo fecero appello ai suoi volontari e ne adunò senza il minimo ostacolo le migliaia in Sicilia; che girovagò a suo grand’agio per mezzo ai battaglioni Piemontesi; che sfuggì tanto facilmente dal cordone di Mella edi Ricotti, che prese Catania senza colpo ferire, si imbarcò a vista della flotta italiana, discese in Calabria co’tremila de’suoi; egli medesimo in soli tre giorni, fu inseguito, raggiunto, battuto in formidabili posizioni, da una colonna di milleottocento bersaglieri! ferito, fatto prigioniero e condotto a La Spezia.
Io credo che Rattazzi pagherebbe un occhio della sua fronte se, col centuplo dei sacrifizi sostenuti nel domar Garibaldi, potesse riuscire a domar la reazione.
Eppure i sacrifizii furono immensi; perchè si calcola a trenta milioni la spesa occorsa al Piemonte in questa impresa!E pensare che con soli milleottocento hersaglieri e con un sol Colonnnello tutto sarebbe, finito! Bisogna dunque ammettere che Chiavone e i reazionari son osso più duro di Garibaldi e dei garibaldeschi, se con sessantamila uomini di truppe e due anni di tempo, de’quali ogni giorno segna fucilazioni e stragi, non si è riuscito a domarli e disperderli.
Ma povero Rattazzi! se da una parte non riesce a domare la reazione, dall’altra gli si scatena contro tutta la Demagogia schiumante di rabbia per la rotta del loro capo, o a dir meglio del suo braccio. Tutta l’ltalia è in tumulto, se ne togli queste poche spanne di terra lasciate al S. Padre, che sono una vera oasi di pace e di tranquillità. Fuori di qui a Firenze, a Milano, a Brescia, a Genova, a Monza, a Como, a Napoli, a Palermo, a Messina, a Catania da per tutto sommosse, grida, sollevazione, scandali, e imprecazioni al Governo torinese, evviva a Mazzini , a Garibaldi, e ferimenti, e uccisioni.
Immaginatevi l’affanno del Rattaazzi, che non sa dove battere il capo. Mi danno per certo che abbia stabilita la sua dimora all’officio de’telegrafi per corrispondere sollecitamente e contemporaneamente alle dimande dei commissarii ordinarii e straordinarii, dei governatori, prefetti, sotto-prefetti ecc. a questo orduna carica di cavalleria, a quello una scarica di fanteria contro il popolo tumultuante; in una città comanda l’attacco alla baionetta, in altra fa puntare i cannoni o le bombe. Smania, trafela, si dimena, fa assolutamente compassione a vederlo !

“Il Redentore” – Ribelle fu tradotto a La Spezia, dove gli sono prodigate le più squisite cure richieste dalla sua sublime sventura.

Nel tempo medesimo per purgarsi il Goverrno torinese da ogni sospetto di connivenza, ha fatto fucilare tutti i soldati dell’esercito che erano passati nelle file del nemico.

Assicurasi che il Senato piemontese verrà costituito in alta corte di giustizia per processare Garibaldi. Il fisco, affin d’evitare una scabrosa discussione di titoli baserà l’accusa unicamente sull’assioma legale che “etiam fur est manutenendus”, ossia in italiano: il possesso anche nel ladro, deve essere rispettato. Per contrario il Garibaldi, richiamando la questione ai prmcipii, poggerà la sua difesa sul titolo del digesto “quod quisque juris in alterum statuerit, ut ipse codem iure utatur”:
e significa: dal diritto cche invochi contro gli altri, non puoi esimerrti quando l’altro l’invoca contro te.

Il governo torinese si è purgato dalla taccia di connivenza con Garibaldi. Lo dichiara inappellabilmente il Times che ne deve saper qualche cosa.

La Marmora, secondo la Stampa, ha risposto a Torino che non è ancora tempo di togliere lo stato d’assedio dalle provincie napoletane.

Scrivono alla Discussione da Parigi 25:
” Mi si narra d’un colloquio molto caratteristico che ebbe luogo tra l’Imperatrice e il Marchese Pepoli. – Si parla dell’Italia.

“Io, disse L’Imperatrice, non amo far politica del vostro governo -mi è più simpatico Garibaldi, almeno cammina diritto al suo fine.- Egli ha detto Roma o morte – e noi pure diciamo: Roma o morte !
“Il marchese Pepoli, visto che la conversazione pigliava una tal piega si levò per uscire. – Quando fu alla porta, l’Imperatrice nuovamente replicò: Roma o morte !
ricordatevene, signor Pepoli.
“Mi permetto di darvi queste particolarità dietro alle scene , perchè, il Marchese Pepoli non ne fece mistero”

Il campo di Chalons è stato disciolto e le truppe rimandate alle guarnigioni .


 

L’ORDINE COMINCIA AD ESSERE TURBATO !
Da tre anni la Rivoluzione ha messo tutta l’Italia sossopra, cacciali i legittimi Sovrani, scannati i loro difensori, fatto man bassa di ogni diritto, cacciata l’autorità nel fango; ma ogni notizia di tali fatti chiude­vasi costantemente con la dichiraziono obligata: l’ordine uon fu punto turbato.
Oggi, a chi non sapesse gliel dice la “Discussione”, l’ordine vien turbato. I nnzziniani, a sentir lei, non rifuggono da ogni mezzo più turpe e scellerato mezzo per ottenere il loro turpissimo e scelleratissimo scopo che sapevamo, come sappiamo che in ciò somigliano perfettamente ai loro fratelli rivoluzionarii in livrea di piemontesisti e rattazziani.
Ma che turbassero l’ordine! . . in nome del cielo è egli mai possibile turbar l’ordine dove niun ordine regna, ma sempiterno orrore ?


E’ U N O !

Si legge nella Nazione N. 246
Roma 30 Agosto.
” Un gran fenomeno, nuovissimo per quest’alma città cattolica apostolica romana è apparso jeri. Finalmenle si trova in Roma un Veridico giornale delle cattoliche apostoliche, e romane bugie, in aggiunta a quelle del mio sempre onorato amico il “Somarone”.
E Noi in risposta ripetiamo: Popolani, all’erta!