Civitella e l’eroica resistenza delle fortezze borboniche

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Civitella e l’eroica resistenza delle fortezze borboniche

 

 

 

15 Ottobre 1860.L’esercito piemontese al comando del generale Enrico Cialdini viola i Confini di Stato senza alcuna dichiarazione di guerra ed entra nel Regno delle Due Sicilie. Il maggiore Luigi Ascione, comandante della Guarnigione borbonica di stanza nella fortezza di Civitella del Tronto, dichiara lo stato d’assedio. Ai suoi ordini ci sono 530 uomini appartenenti ai diversi corpi (gendarmeria, fanteria di riserva, reali veterani, artiglieria) con una forza di fuoco di 21 cannoni, 2 obici, 2 mortai e 1 colubrina in bronzo del museo. 6 Dicembre 1860. Dopo gli infruttuosi attacchi alla fortezza effettuati nel mese di novembre da parte della “Legione Sannita”, il Governo piemontese ordina lo sgombero di tutte le montagne intorno al forte e di aumentare l’aggressione contro i resistenti. Il gen. Ferdinando Pinelli giunge a Ponzano di Civitella con diverse compagnie di linea e con una sezione di artiglieria forte di 4 cannoni rigati di cm. 6, 4 cannoni rigati di cm. 12 e 2 obici da montagna. Inizia una durissima battaglia a colpi di artiglieria, ma la fortezza non si arrende. 8 Gennaio 1861. Vista l’imbarazzante situazione di stallo, i piemontesi sostituiscono il corpo dei “volontari” con truppe speciali, confermando che, per il Governo di Cavour, la mancata caduta di Civitella è un problema di rilevanza internazionale. Il Gen. Pinelli, pressato ed irritato per il mancato successo, emette alcuni durissimi bandi contro i civili che suscitarono proteste tali da costringere il Governo a sollevarlo dall’incarico e ad assegnarlo al gen. Luigi Mezzacapo. 13 Febbraio 1861. Capitola la fortezza di Gaeta e l’ultimo Re di Napoli, Francesco II di Borbone, è costretto all’esilio a Roma presso il pontefice. Nel forte di Civitella inizia una disputa fra coloro che vogliono arrendersi (come il colonnello di fanteria Giovine) e quelli che vogliono continuare a resistere, capitanati dal II Sergente di artiglieria Domenico Messinelli. Prevalgono questi ultimi, forti anche dell’esaltazione che la stampa europea stava facendo della resistenza civitellese. Anche la regina Maria Sofia di Baviera, moglie di Francesco II, ebbe a dire: ”piuttosto che stare qui, amerei morire negli Abruzzi in mezzo a quei bravi combattenti”. 15 Febbraio 1861. Il gen. Luigi Mezzacapo inizia un violentissimo bombardamento con i nuovi potentissimi cannoni a tiro veloce progettati da Cavalli. Ma la fortezza, nonostante i danni, non dà cenno di resa. 12 Marzo 1861. Dopo Gaeta si arrende la piazzaforte di Messina. Oramai rimane solo la fortezza di Civitella del Tronto ad innalzare il Vessillo del Regno delle due Sicilie e, di fatto, a rappresentare ancora il legittimo Stato borbonico. L’ultimo anelito della Patria Napolitana. 17 Marzo 1861. A Torino, alle ore 11, viene solennemente proclamato il Regno d’Italia con l’incoronazione a re di Vittorio Emanuele II che resta “ II”. E’ la conferma che non si è unita l’Italia, ma la si è annessa al Piemonte. A Civitella, però, si continua a combattere. Per questo fu ulteriormente rafforzato lo schieramento piemontese che arrivò a 3.379 soldati, 167 ufficiali e 20 cannoni. Nelle stesse ore il generale borbonico Della Rocca viene fatto entrare entro le mura di cinta, recando ai difensori il messaggio di Francesco II con l’ordine di deporre le armi. I soldati, però, non conoscono la firma del re e non credono al generale e, quindi, non si arrendono. 20 Marzo 1861. Dopo due giorni di terrificanti bombardamenti (alla fine dell’assedio l’artiglieria sarda avrà tirato qualcosa come 7.860 proiettili per kg. 6.500 di polvere utilizzata), all’alba del 20 marzo i piemontesi entrano attraverso una breccia ricavata alla base di piazza mercato. Alle ore 11 del mattino il maggiore Raffaele Tiscar, vice-comandante del Forte, firma la capitolazione congiuntamente al ten. col. Pallavicini per la parte sabauda. I Bersaglieri possono entrare nel paese da Porta Napoli. Alle 13.45 viene fucilato, senza processo, il sergente Messinelli, reo di aver disobbedito all’ordine di resa del gen. Della Rocca. Alle 17.00 tutto lo Stato Maggiore sardo, con in testa Mezzacapo e la fanfara, entra in Civitella. Ma sul forte sventola ancora la Bandiera Borbonica: nell’ultima cinta muraria si sono asserragliati gli ultimi Soldati napoletani che attendono il comando di resa dal loro sergente Messinelli. Comando che non potrà mai arrivare. 21 Marzo 1861. Cavour può comunicare alle corti inglese e francese della caduta di Civitella. Anche l’ultimo ostacolo per il riconoscimento da parte delle potenze europee del nuovo stato piemontese era stato eliminato. Ma la questione non era stata ancora risolta completamente: c’era ancora chi resisteva. 22 Marzo 1861. Irretito da quell’incredibile eroismo, il ministro della guerra piemontese Manfredo Fanti, pur di far arrendere gli ultimi soldati asserragliati nella parte alta della Fortezza, ordina di distruggere il Forte con cariche di esplosivo posto alla base delle mura. In questo modo barbaro si faceva pagare la fedeltà alla Patria Napolitana a quella coraggiosa guarnigione. Mentre i soldati catturati i giorni precedenti furono deportati nelle carceri piemontesi di Alessandria, Torino e Fenestrelle, da dove non fecero più ritorno, gli irriducibili Eroi di Civitella morirono dilaniati dalle esplosioni dell’ultimo assalto. Caduta l’ultima piazza, tutto è finito: Civitella del Tronto è ridotta ad un ammasso di rovine, i resti dei suoi ultimi difensori dispersi tra le pietre e la polvere della Fortezza, glorioso baluardo della Nazione Napolitana. ALESSANDRO ROMANO (articolo completo e immagini www.reteduesicilie.it)

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