Mongiana

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RICERCA EFFETTUATA DAL Prof. Renato Rinaldi su : “GOOGLE LIBRI” DA:”Dizionario corografico dell’Italia ” del Prof.Amato AMATI -VOL V-Milano 1878

Da pag.255 a 257

MONGIANA. – Comune nel Napoletano, prov. di Calabria Ulteriore Il, circond. di Monteleone di Calabria, mand. di Serra S. Bruno. La sua popolazione di fatto, secondo il censimento del 1861, contava abitanti 1319 (maschi 680 e femmine 639); quella di diritto era di 1339.
La sua guardia nazionale consta di una compagnia con 89 militi attivi.
Gli elettori politici sono inscritti nel collegio di Serra S.Bruno; nel 1863 erano 54.
L’ufficio postale è a Serra S. Bruno. Appartiene alla diocesi di Squillace.
Il suo territorio, tutto montuoso, è sparso di pascoli, di faggi, di abeti e di altri alberi, e nelle parti coltivate produce legumi e patate.
Mongiana è un villaggio situato in ampia e spaziosa vetta fra le ramificazioni della catena principale dell’Appennino.
Il suolo su cui è edificato, consiste in un vasto lembo di terra e cinto da due corsi di acqua, l’Alaro e il Ninfo, i quali vanno ad unirsi in un solo, a circa 2 chilometri e mezzo più sotto dell’abitato, sotto il nome di Alaro fino alla foce nel mare. Esso deve la sua vita allo stabilimento ferriero, quivi esistente, di proprietà del governo, che da qualche tempo vi ha sospeso i lavori.
Mongiana dista 41 chilometri da Monteleone di Calabria e comunica con la marina del Tirreno presso Angitola, poco al settentrione del Pizzo, per mezzo d’un tronco di via carrettiera di 18 chilometri, aperto non sono molti anni, il quale spiccandosi dal villaggio e toccando Serra, Brognaturo, Spadoìa, s’immette al monte Cucco nella nazionale antica che riunisce i due mari tra Angitola e Soverato. Invece la comunicazione tra Mongiana e la miniera di Pazzano ha luogo per strade appena abbozzate ed impraticabili ai carri. Da Mongiana alla miniera si contano 29 chilometri di strada.
Lo stabilimento siderurgico di Mongiana fu incominciato nel 1781 per ordine del Governo sul disegno dello spagnuolo Conty, indi ampliato nelle epoche successive. I diversi governi che si succedettero nelle provincie napoletane, compreso il Murattiano, sempre più o meno si occuparono di mantenere ed accrescere la lavorazione di questo stabilimento, che offre circostanze assai favorevoli al suo sviluppo, quali sono la vicinanza di molti centri di popolazione, le copiose acque, gli estesi boschi nei circostanti monti e i vasti giacimenti d’ottimo minerale. Sino a quest’ultimi tempi uffiziali d’artiglieria dirigevano le varie lavorazioni: i prodotti, consistenti in ghisa da getti, projettili e poca quantità di ferro in verghe, venivano spediti agli arsenali di Napoli per diversi usi della guerra e della marina. Ma l’amministrazione di simile stabilimento giovando assai al ministero della guerra, al principiare del 1863 passò sotto la dipendenza del regio demanio, ossia del ministro delle finanze, che come vero proprietario poteva meglio disporne, sia amministrandolo, sia provvedendo al passaggio di esso a mano di privata industria.

Mongiana trae la sua origine dalla fondazione dello stabil!mento ferriero. La sua popolaz1one si andò formando a poco a poco da persone raccogliticce che venivano da vari paesi dell’una o dell’altra provincia, adescate da vari vantaggi che venivano loro offerti dal Governo, quali erano l’esenzione della leva l’immunità di alcuni delitti e la sicurezza di rinvenire lavoro, e mezzo di sussistenza. Colla sospensione del lavoro da alcuni anni a questa parte, molti e molti paesi dell’una e dell’al­ tra provincia delle Calabria ne hanno risentito i tristi effetti, ma in particolar modo gli abitanti di Mongiana, perchè, privi di territorio e di qualunque altro ramo d’industria, ritraevano la sussistenza da’soli lavori dello stabilimento, ed ora sono caduti nella più squallida miseria. Lo stabilimento di Mongiana in generale si componeva di varie altre dipendenze, come quella delle miniere di ferro, quella della Ferdinandea, consistente in altro vasto stabilimento fatto fondare dal Governo francese allo scopo di formare una vasta fonderia di cannoni, di cui allora sentivasi tutto il bisogno; ma cessato questo si cessò di portarlo a compimento e si ritenne per semplice succursale della fonderia di Mongiana; quella di Olivadi, ove vi era una miniera di ottima grafite, ed ultimamente quella di Agnana e di Aspromonte: la prima di combustibile fossile, da alcuni voluto litantrace, da altri lignite, e la seconda di ottimo minerale di ferro di quella varietà detta specolare magnetico. Lo stabilimento della sola Mongiana è distribuito sopra una lunghezza di due chilometri e mezzo, luugo il corso dell’Alaro e del Ninfo. Esso consta delle seguenti parti:

1° Una grande fonderia di prima fusione, situata poco sotto l’abitato, con tre alti forni, due dei quali sul tipo di quelli di Thomas e Laurens, e l’altro a massiccio con rivestimento di pietra granitica. Essi possono produrre da 40 a 50 quintali di ferraccio al giorno per ognuno e sono soffiati da trombe eoliche in ferro fuso, animate dalle acque dell’Alaro e del Ninfo insieme, oltre di una macchina a vapore sussidiaria, della forza di 50 cavalli, i cui generatori sono animati da gas degli alti forni. Questi in tempo d’inverno, in cui la forza motrice delle acque è esuberante, possono venire impiegati a diversi altri usi, come alla cuocitura di mattoni, pietra da calce, all’abbrustolimento, alla cimentazione dell’acciaio ed altro. A questa fonderia è annessa un’altra fonderia di seconda fusione, situata alquanto più sotto: vi sono annessi una officina da staffare e modellare; una carpenteria; un locale per piccole fucine, ove si confezionarono ultimamente pesi e strumenti da pesare; una sega idraulica; un locale per l’ufficio della direzione; diversi magazzini, oltre due più vasti nella parte superiore per la conservazione del carbone e del minerale. La caduta delle acque che servono alla detta fonderia è di metri 23. I minerali che in essa già trattavansi consistevano in diverse varietà di perossidi idrati o linconite, provenienti tutti dal monte Stella in Pazzano, ove giaciono in un vasto banco racchiuso fra due formazioni antiche, l’una di scisti ardesicei su cui riposa, e l’altra di calcareo dolomitico che lo ricopre. I prodotti consistevaoo in ghise di varie tinte più o meno pure, che a seconda della loro diversa qualità venivano gettate in forme per pane di zavorre, pezzi di sostegni, proiettili pieni ed altri oggetti che non richiedevano alcun lavorìo di lima o cesello per essere ultimati. Le ghise di color più fosco e più trattabili venivano impiegate alla fusione di proiettili vuoti, i cui fori per la spoletta dovevano essere trapanati ed impanati: con siffatte ghise si fabbricavano pezzi di macchine e tutti quegli oggetti che abbisognavano di lavoro di lima, tornio o cesello per essere ultimati.

2° La fabbrica d’armi, altra parte importante dello stabilimento: è un vasto locale chiuso dell’abitato stesso, composto di tre principali edifici, su di un terreno alquanto in pendio, ma ben disposti e messi in facile comunicaziooe con rampe comode ed agevoli. Le macchine sono mosse da due ruote idrauliche a cassette in ferro fuso di una costruzione svelta ed elegante. Esse sono disposte su due diversi piani, e vengono animate alla loro volta dalle acque del Ninfo sotto due diverse altezze di caduta di metri 10,50 ognuna. Le officine sono fornite di sufficienti macchine da forare, tornire, spianare e rigare, ma altre se ne richiederebbero per rendere la sua produzione più attiva e meno costosa. Essa nello stato attuale può produrre da 3000 a 3500 armi bianche all’anno. Questa fabbrica sarebbe suscettibile di molto maggiore sviluppo; e per verità con questo intento il passato governo fece compilare apposito progetto, corredato di corrispondenti disegni che dovranno trovarsi nel Ministero della guerra, e fece venire una bellissima macchina a vapore, che tuttora esiste, per aumentare la forza motrice. I ferri bisognevoli per le armi che in essa si confezionavano erano fabbricati in Mongiana stessa: anche gli acciai potevansi avere nella stessa Mongiana, se si fosse voluto.

3° Due raffinerie, con due fuochi coverti in ognuna di esse, ed un grosso maglio. In quella detta Santa Teresa, oltre i due fuochi di raffinaggio vi è pure una fucina di opere grosse, ove si costruivano sale, sopra e sotto orecchioni ed altri pezzi per affusti. Le ghise che si trattavano nelle due dette raffinerie erano per lo più i bocchini risultanti dalle diverse fusioni, rottami e pezzi di oggetti fusi da scarto.

4° I due distendini o maglietti poco più sopra dell’abitato, con due fuochi, ognuno di semplice riscaldo: sono animati dalle sole acque del Ninfo. Essi servono a tirare il ferro proveniente dalle raffinerie a più piccole dimensioni: trovansi in cattivo stato , perchè quando vi era la macchina tiraferri non si avea bisogno di essi e perciò si lasciarono inoperosi e senza alcuna cura.
È questo uno stabilimento di prima produzione che ritrae tutti i suoi elementi dal proprio suolo, e sotto il rapporto militare è il migliore d’Italia, perchè trovandosi lontano da ogni attacco marittimo, può somministrare facilmente i suoi prodotti alle diverse piazze da guerra lungo il Tirreno ed il Jonio per mezzo delle due strade rotabili, una che mena alla marina del Pizzo e l’altra a quella di Soverato. Sotto il rapporto commerciale esso non può divenir tale che a condizione di grande trasformazione, o almeno col ridurre le ghise tutte in ferro ed in acciaio, per la qual cosa si dovrebbe costruire una grande officina
tiraferri con trafile e fuochi di raffinaggio col metodo così detto misto e francacentois, non potendo adottare l’inglese per mancanza di combustibile fossile, ed in pari tempo introdurre gli apparecchi di Besemer per gli acciai fusi, di cui ora si fa tanto uso.
La maggior parte delle surriferite notizie debbonsi alla cortesia dcll’onorevole Sindaco di questo comune.