Le Paludi Pontine, Una Volta

28LE PALUDI PONTINE, UNA VOLTA
Pubblicato in CITTÀ E LOCALITÀ CIOCIARE

Un capitolo della storia d’Italia così tragico da comprenderne quasi il silenzio che lo circonda, anche un luogo a tutti noto ma a tutti sconosciuto. Qui appresso andiamo a ricordarne al lettore una pagina che illumina e getta luce sulla esistenza terribile della umanità ciociara attiva nell’immenso territorio a Sud di Roma, il latifondo incoltivato e le Paludi Pontine. Già le Commissioni Parlamentari dopo il 1870 avevano dichiarato questo territorio essere il più arretrato del Paese e già quasi cinquantanni prima il Gregorovius aveva notato perfino che le bestie vi erano meglio tenute e nutrite che gli esseri umani.
Nel contesto del fenomeno migratorio, in essere già dalla metà del 1700, verso lo Stato della Chiesa e al di là delle Alpi, con abbrivio dalla Valle di Comino in Alta Terra di Lavoro (Regno di Napoli), quello verso le Paludi Pontine ha il sapore quasi di tragedia: pur se limitato a poche migliaia di anime di presenze, se sommate nel corso degli anni costituiscono una cifra spaventevole. Le Paludi Pontine erano una regione immensa che si estendeva all’incirca dal Sud dei Castelli Romani fino a Terracina, limitata a Est dalla Via Appia e a Ovest dal Tirreno. Fittamente ricoperta di alberi di alto fusto, quasi impenetrabile, solcata da corsi d’acqua, interrotta da stagni e radure, abitata da una fauna inimmaginabile di volatili di quadrupedi e di rettili, era l’ecosistema più significativo d’Europa. I cacciatori romani, ancora di più i bracconieri, avevano a disposizione un paradiso di volatili di ogni tipo, di cinghiali, di cervi, senza contare la ricchezza e varietà di pesci. Le condizioni ambientali quasi tropicali erano tali che la non comune fertilità del suolo e la vegetazione lussureggiante, offrivano abbondanza e varietà di prodotti commestibili: ma ciò che da sempre teneva lontani i visitatori era principalmente la malaria mortale e anche il numero delle vipere. Le rade popolazioni locali quasi tutti paesetti appollaiati sui Monti Ausoni o Lepini, non avevano impellenti necessità di contatti con le Paludi. Al contrario, gli immigrati dalla Valcomino prima e da tutti gli altri paesi sia della Ciociaria frusinate principalmente e dal Cassinate poi, erano mossi da esigenze primarie esistenziali per cui iniziarono a poco a poco l’assalto vero e proprio delle Paludi, e non alle propaggini. Un territorio immenso abitato da nuclei lontani chilometri l’uno dall’altro, fuori da ogni contatto sociale, abbandonati a sé stessi: nelle radure, le cosiddette ‘lestre’, i poveri ciociari erigevano le loro capanne di paglia a cono e accudivano alle loro occupazioni e se ne possono immaginare le condizioni sia igieniche e sia ambientali: terribili. Senza scuola, senza chiesa, senza nulla, a guisa degli animali che abitavano intorno. E la morte che mieteva vittime a ogni momento, specie tra i piccoli. L’unica cautela che gran parte di loro prendeva era quella di allontanarsene nei mesi di luglio e di agosto, quando la zanzara mortifera era più attiva, e andare a prestare la loro opera nei paesi al di là della Via Appia o nei paesi di origine, per poi tornare a settembre: le festività di S. Michele e di San Giovanni Battista erano di regola i punti di riferimento della umana transumanza. Molti grandi pittori dell’Ottocento e non pochi del Novecento, hanno ritratto in particolare i loro spostamenti sui ‘sandali’ (le imbarcazioni a fondo piatto tipiche della Palude) e i loro volti smunti e minati dalla malaria. Nel corso degli anni mai nessuno si era preoccupato della esistenza e delle condizioni di queste creature: solo dopo oltre due secoli ci si avvide della loro presenza!
Infatti l’inizio dell’alfabetizzazione e della profilassi anti malaria si registra verso la fine dell’’800 e nei primissimi anni del ‘900, per iniziativa di alcuni personaggi che fanno parte della Grande Storia della Ciociaria ma anche di quella della solidarietà umana in generale: lo scrittore giornalista Giovanni Cena, la sua compagna scrittrice e giornalista Sibilla Aleramo, Angelo Celli medico e immunologo con la moglie infaticabile e appassionata Anna Fraentzel, tedesca, il maestro e pedagogo Aless. Marcucci e altri benemeriti e esemplari tra cui Duilio Cambellotti pittore e scultore che diede un contributo infaticabile specie nella redazione dei libri scolastici e i pittori Giacomo Balla e G.A.Sartorio e Amedeo Bocchi e altri. Un impegno eccezionale faticosissimo rivolto in due direzioni: la scolarizzazione che sola può riscattare e aiutare a capire e poi la lotta alla malaria micidiale: in questo secondo contesto ci imbattiamo nella figura di Ettore Marchiafava originario di Patrica che assieme al citato Angelo Celli riuscirono a scoprire la causa e origine della malaria e a debellarne gli effetti mortali. Angelo Celli in particolare che oltre alla professione medica, siedeva anche nel Parlamento, moltissimo con il sostegno della moglie e di Ettore Marchiafava e anche degli altri benefattori, si adoperò per la distribuzione gratuita del chinino, il rimedio efficace contro il morbo. Giovanni Cena, Sibilla Aleramo, Anna Fraentezel, Alessandro Marcucci per anni si impegnarono, a proprie spese, in una opera di volontariato e di umanità di cui non è facile rinvenire l’eguale: erano loro che andavano a ritrovare nei luoghi, specie i bambini da educare, a impostare punti di incontro in capanne appositamente realizzate, distribuire chinino, a individuare con pericolo delle proprie vite i numerosi nuclei umani sparsi nell’infido territorio. Solo verso il 1907, con l’aiuto anche del Comune di Roma il cui sindaco in quegli anni era Ernesto Nathan indimenticabile, iniziarono a impiantare scuole e centri di raccolta un po’ dovunque nella Campagna Romana e ai limitari della Palude. I loro soli oppositori erano i proprietari terrieri che mal vedevano che i loro lavoratori godessero dell’arma pericolosa della istruzione e una certa chiesa che si vedeva espropriata di certe iniziative. Ma questo delle ‘scuole dei contadini’ fu un episodio, perché iniziative di siffatto respiro non possono essere portate avanti da uno sparuto gruppo di benefattori e di volontari: e infatti lo Stato arriva, se arriva, in ritardo: invero gli umili e i derelitti della società non fanno storia, specie sotto certi regimi, non decidono nulla, non hanno autorità! E la pagina finale definitiva dei luoghi venne effettivamente con la Grande Bonifica Mussoliniana che tutto cancellò e trasformò. Resta comunque imperdonabile che in tutta la Ciociaria questi personaggi e altri siano completamente ignorati e accantonati, anziché tenuti a mente quali episodi luminosi e punti di riferimento rarissimi della umanità e dell’amore.

Michele Santulli