Maria Grazia e Teresina Boni

Riporto alcuni Post  di Angela Pacchiarotti che hanno suscitato il mio interesse di ricercatore che mi darà la possibilità di conoscere e approfondire la storia del paese di Sonnino e di alcuni personaggi e luoghi che lo hanno
reso famoso. Prof.Renato Rinaldi

angela cesare galantiAngela Pacchiarotti -Ph Cesare Galanti

#buongiorno stamattina ritrovo un bel documento inviatomi da Gerardo Venezia Riguarda Maria Grazia e Teresina Boni Buona lettura ? #lebrigantessedisonnino […] Come contrasti all’angelica bambina d’Albano s’impongono le « femmine » selvagge dei #briganti di #Sonnino. I masnadieri dei Monti Lepini furono rinchiusi con le loro donne, in parte nelle carceri di Castel S. Angelo, in parte dentro una casa di lavoro tra i ruderi delle Terme di Diocleziano. Allorquando la polizia papale permise ai familiari dei banditi di circolare liberamente in città, i pittori ebbero la scelta per le loro modelle tra le compagne «maledette» dei prigionieri, donne dallo sguardo focoso e dal fisico maggiorato. A due interpreti stranieri dobbiamo le sceneggiature di effetto teatrale, con la partecipazione dei fuorilegge d’una rara pittoricità: lo svizzero Leopold Robert (1794-1835) ed il francese Jean-Victor Schnetz (1787-1870). I loro dipinti tratti dal brigantaggio romantico, furono incisi e diffusi per il mondo intero. Nel fiore della loro freschezza femminile erano le sorelle Maria Grazia e Teresina, entrambi spose di briganti. Le loro immagini figuravano dappertutto come quelle del Pontefice o, come una volta, le effigi ufficiali di Napoleone. Perfetti erano i lineamenti dei visi, come lo erano le proporzioni corporee. Quando Robert fece la loro conoscenza nella prigionia romana, la sorella maggiore aveva ventidue, l’altra diciasette anni. Maria Grazia era al secondo matrimonio, poiché il primo marito, brigante anche lui, era stato ammazzato pochi mesi dopo le nozze. Essa allattava il suo bimbo nelle Terme. La sorella minore, Teresina, aveva le sembianze più delicate. Ambedue le donne erano alte e formose e d’indole violenta, di fiero portamento, dagli occhi scintillanti; le loro faccie, dalla pelle olivastra, erano circondate da una chioma color carbone. Teresina che, per quanto si diceva, era l’amante del Robert, appare sulla maggioranza dei suoi dipinti. Così essa figura in veste di ballerina davanti a] carro sulla tela «Ritorno dalla festa della Madonna dell’Arco» e sul quadro con « l’Improvvisatore napoletano » nel ruolo della giovane donna ai piedi del cantante. Maria assume la parte della sposa del masnadiere sull’omonimo tableau dello Schnetz, e quella della giovane donna che mostra la manina del bambino alla chiromante nella composizione intitolata « L’enfance de Sixte-Quint ». Quando Schnetz quarant’anni più tardi fu eletto direttore dell’Accademia di Francia al Pincio, pagò una 188 pensione mensile di dieci scudi all’anziana Maria Grazia in segno di gratitudine per gli offerti servigi in tempi remoti. Di tanto in tanto egli si recava a Sonnino per visitarla. Le due sorelle sono ritratte insieme nel dipinto di Robert dal titolo «I mietitori». […] “L’arrivo dei mietitori nelle paludi Pontine” di Louis Leopold Robert

mietitoriAngela Pacchiarotti


mgrazia

La Brigantessa   Maria Grazia Boni, colei che fu la musa ispiratrice della Scuola d’Arte Brigante.

Maria Grazia nasce a Sonnino nel 1797, sarà lei stessa a raccontare la propria vita ed esperienza di modella con pittori di fama mondiale al giornalista e scrittore francese Edmond François Valentin About (Dieuze, 14 febbraio 1828 – Parigi, 16 gennaio 1885), quest’ultimo raccoglie l’intervista in “Roma Contemporanea” (1861).
Edmond About la ritrova al suo arrivo a Sonnino come una donna robusta di cinquanta o sessant’anni, quasi cieca, guercia in un occhio, ma ancora in salute ed di buon umore.

Ragazzina, appena quindicenne si sposò con un giovane mandriano, Mario Capecchio, con lui ebbe un figlio che morì poco dopo la nascita, restò poi vedova, il marito venne assassinato per vendetta in seguito ad una denuncia mentre lavorava a Roma.
Si risposò in seguito con Francesco Nardelli, nato nel regno di Napoli ma residente a Terracina, dove la giovane Maria Grazia lo seguì ed insieme iniziarono a lavorare la terra, ebbero due figli, ma questa volta fu il marito che per vendetta divenne assassino e si diede alla macchia con una banda di sonninesi dedichi al brigantaggio. Lei tornò dai suoi a Sonnino continuando ad avere notizie del marito con cui s’incontrava e riceveva doni.
Accadde però che Il 18 Luglio del 1819 il Cardinal Consalvi proclamò l’Editto distruzione per Sonnino. Con la caduta di Napoleone si ripristinò a Roma lo Stato Pontificio, Papa Pio VII conosceva bene la realtà di Sonnino, un covo di briganti aiutati in loco da un’intricata rete di protezione tra parenti, amici e famiglie potenti che ne mantenevano la latitanza. Il brigante che deteneva il comando delle bande in quel periodo a Sonnino era Gennaro Gasbarrone, fratello maggiore del famigerato Antonio e poichè a Sonnino tutti erano briganti venne considerata una brigantopoli.
L’editto prevedeva che gli abitanti venissero rimossi e portati altrove e che tutte le abitazioni fossero distrutte, i possidenti di terreni si sarebbero sistemati nei paesi vicini così da mantenere i loro beni, si supponeva infatti che fossero ostili al brigantaggio. E così fu, tra settembre ed ottobre del 1819 parte della popolazione venne deportata e molte abitazioni vennero distrutte.
Tra i deportatati c’era anche Maria Grazia e sua sorella Teresa (Teresina), quest’ultima aveva da poco sposato l’assassino del primo marito di Maria Grazia, anche lui brigante, la donna lo aveva perdonato ed accettato sensa remore il matrimonio con la sorella .
Le due giovani e belle donne di certo non passavano inosservate mentre soggiornanavo forzatamente alle Terme di Diocleziano.
Giuseppe Marocco nella sua opera MONUMENTI DELLO STATO PONTIFICIO E RELAZIONE TOPOGRAFICA DI OGNI PAESE (1834-35) così descrive le “femmine di Sonnino”
“Le Femmine di Sonnino erano di struttura maschile, lineamenti marcati in volto, il colore della pelle di un vago vermiglio e le loro vesti erano di più colori, su di esse spille e decorazioni che ricordano l’abbigliamento greco, ai piedi indossano dei calzari chiamate ciocie”
Così dovevano apparire Maria Grazia e Teresa agli occhi degli artisti che tutti i giorni si recavano a ritrarle, tra questi Louis Léopold Robert, amico intimo di Edmond About, Jean-Victor Schnetz e molti altri ancora. Erano le icone di bellezza dell’epoca, i loro ritratti giravano il mondo ed erano esposte nei palazzi di nobili e prelati.
Nel frattempo il marito brigante di Maria Grazia si costituì nella speranza di riceve la grazia, ma finì i suoi giorni in prigione, malato, la donna pregava la sua morte per avere finalmente un po’ di felicità, in quel tempo veniva corteggiata da un cappellaio romano, il terzo marito un certo Kimerly, di cui sappiamo poco, ebbe con lui un figlio, anche questo poi deceduto.
Maria Grazia trascorse i suoi ultimi anni di vita a Sonnino, certo in solitudine, ma economicamente sostenuta da un sussidio, una sorta di pensione che l’aiutava a vivere dignitosamente, era il segno di gratitudine per il suo contributo al mondo dell’arte.

Maria Grazia possedeva bellezza, carattere e determinazione, i suoi ritratti colgono una forza in questa donna così decisa e mai arrendevole, è saputa sopravvivere e mantenersi in un periodo storico sicuramente non facile, diventandone un’icona.
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Pubblicato da Angela Pacchiarotti

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