Canzoni popolari – “Maut’nat” o “Mait’nat”

Canzoni popolari. (da Monografia Daniele Perugini 1878)
– Da molto tempo questo suolo non produce, come per lo innanzi, poeti del volgo. I due ultimi morti. che noi ricordiamo, il primo Antonio Rinaldi alias Segatore, il quale dopo il travaglio della sega componeva dei versi con una rima naturalissima, e formava dei racconti de’ fatti patri in rima, sebbene non esenti da poetica censura; l’altro era analfabeta per nome Giuseppe Guerrera Iella, considerato . come il patriarca della sua contrada, uomo agiato e di senno. e locato per la squisita morale, e rigida educazione data ai suoi figli, i quali di età ora vanzata son capi di famiglia di 49 individui. Questi dunque riempirono le campagne di loro canzoni, composte a genio degli amanti o per amore, o sdegno, o di odio, o di disprezzo, e queste tuttavia si odono per le campagne, essendosi saggiamente proibite le cantilene nell’abitato.
Nelle serate estive in vari punti del tenimento al suono di rusticali istrumenti si odono quei patri componimenti con i seguenti commiati della medesima rima.

Scusa se il canto mio è troppo poco Perchè deggio cantare in altro loco. Questo lo dico a te fiore di rosa
La santa notte lascio, dormi e riposa.
Oppure
Questo lo dico a te fior d’ogni fiore
La santa notte lascio al primo amore.

maitnat

 

“Maut’nat” o “Mait’nat”

VOTI AUGURALI PER IL NUOVO ANNO

Ogni volta che si raggiunge una fine di anno, ci si proietta nella dimensione del tempo, nella quale si concepisce e si misura il passaggio degli eventi. La più antica delle scienze esatte, ma anche la più complessa e variegata, è proprio quella che misura il tempo, che affonda le radici nella vita stessa dell’uomo, nei suoi bisogni primari. Per i primi esseri umani era assolutamente necessario sapere quanto durava la notte per riprendere le loro attività alla luce del giorno. Tanto più che quando l’uomo da cacciatore divenne agricoltore, ebbe bisogno di conoscere l’alternanza anche delle stagioni, non solo della luce e del buio. Di lì, l’evoluzione umana ha fatto evolvere anche il concetto del tempo e le sue unità di misura:dal giorno ai secoli, passando per i mesi e gli anni; dalle ore, ai minuti e ai secondi.

Il passaggio da un anno a quello seguente, porta con sé il retaggio delle attese, il mistero dell’incognito, le paure ancestrali e quelle attuali, ma anche le speranze in un futuro migliore.

Per la gente di Pontelandolfo l’arrivo dell’ultima notte dell’anno ha un significato particolare, evocativo, esorcizzante, augurale.

Ci si dedica al cenone di preparazione alla mezzanotte per salutare il nuovo anno che entra. E’ anche la notte dei bilanci, degli eventi che dal presente si consegnano al passato, ma anche quella delle speranze, delle aspirazioni e dei desideri che si consegnano al futuro.

Si allontanano i mali per dare il benvenuto agli auspici. E’ la civiltà contadina che prevale e segna il nostro tempo.

Ecco perché “i cantori”, “i poeti” e “i suonatori” si univano in gruppi per raggiungere i vari casolari, dispersi nel ventre di questa madre terra incantevole, per portare i voti augurali per l’anno che verrà. E qual è il momento del giorno più propizio per lanciare gli auspici e le certezze per una nuova stagione che inizia? Certamente le mattinate. Di qui nel vernacolo locale, questa usanza prende il nome di “Maut’nat” o “Mait’nat”. Abbiamo volutamente espresso entrambe le definizioni di questa autentica e genuina tradizione della gente pontelandolfese. Ovviamente l’uso di entrambe è corretto, ancorchè il significato letterale sia diverso: infatti, la prima coincide con la “Mattonata” e che metaforicamente vorrebbe identificare lo sfottò iniziale che il capobanda, poeticamente, lancia al capofamiglia del casolare visitato, rigidamente in rima: “la maut’nata sia fatta/la facimm’ a Rafèl, ca iss rorm’cu la m’gliera eu vau facenn r’quamèl” –in lingua diventa “la mattonata la lanciamo a Raffaele che lui dorme con la moglie ed io vado facendo il cammello.

E’ ovvio che la traduzione ed il senso non rendono la rima che invece nel nostro dialetto esprime in tutto il candore del suono, del fonè, per dirlo alla maniera del compianto Angelo Zara.

La strofa si conclude con un inciso:”Cu l’b’ninn e cu l’bonann facc’ stà bòn a tutti quann” ovvero “Col buon inno e col buon anno, faccia stare bene a tutti quanti”, non solo quelli della casa.

La seconda, che forse è la più aderente alla circostanza del momento, in quanto richiama le “Mattinate” e che ha sollecitato persino la musica colta nelle ispirazioni- ricordiamo quelle di Leoncavallo- perché è il canto del mattino che ha il suo inizio allo scoccare della mezzanotte del 31 di dicembre. Questa tesi però trova qualche motivo di contrasto con la canzone augurale che si esprime rigidamente nella lingua nazionale e che segue lo stornello ironico dedicato al capofamiglia:

“ O miei signori cari,

dormite e riposate,

noi siamo di passaggio

per una/questa notte sola.

Domani è l’anno nuovo

e se Dio ci aiuterà

ci dà forza e salute

per vivere e lavorare

Signori mantenetevi forte

e per doman mattina

e per doma mattina

un bel bicchier di vino

se non ci date il vino

salutiamo e andiamo via

se non ci date il vino

salutiamo e andiamo via”

La magia poetica dei nostri cantori rusticani, sempre pronti all’acutezza, all’ironia, che penetrano nei motivi estivi della tarantella, per avvolgerla ad un testo augurale.

Le nostre mattinate di fine d’anno sono una tradizione che incarna la nostra identità, la nostra cultura. Si richiamano ad antichi riti pagani, riveduti e nobilitati da nuovi e più ortodossi significati. Riesumano paure ataviche, eco di satiri che richiamano a motivi epicurei e malinconici.

Il talento del capobanda risiede perciò nelle sue capacità poetiche di rifarsi e alludere a fatti e personaggi locali, che potevano suscitare ilarità e divertimento, senza mai arrecare offesa a chicchessia. Trovare delle rime pertinenti non è così semplice e scontato.

Sin qui la tradizione, ma per quest’anno che ci lascia, non possiamo che dire è stato faticoso,ma a tratti esaltante. Abbiamo celebrato il 150° anniversario dell’eccidio dei nostri avi, raccogliendo gli attesi riconoscimenti, consegnando alla storia di Pontelandolfo un prezioso tassello che va gelosamente custodito e semmai ampliato col tempo.

La coda non è stata esaltante e i morsi della crisi, non solo economica, si son fatti sentire. Abbiamo perso altri uomini e donne che sono stati pezzi della storia di questa comunità.

Ma gli auspici e la speranza devono prevalere su tutto e su tutti.

Per questo auguriamo a tutta la gente di Pontelandolfo la migliore delle Maut’nate possibili:

“salute, pace,serenità e prosperità per il 2012”

E che Dio ci benedica

Rivolgendo il Suo sguardo su di noi.

Ci piace concludere con la più bella delle benedizioni, quella irlandese che riteniamo adatta al nostro popolo e alle circostanze:

“Possa la strada alzarsi per venirti incontro

Possa il vento soffiare sempre alle tue spalle

Possa il sole splendere sempre sul tuo viso

E la pioggia cadere soffice sul tuo giardino

E fino al giorno in cui ci rincontreremo

Voglia Dio tenerti nel palmo della sua mano”

Auguri a tutti i pontelandolfesi nel mondo. Buon Anno Nuovo.

NICOLA DE MICHELE