La piccola Angelina Romano, martire dell’Unità d’Italia

La piccola Angelina Romano, martire dell’Unità d’Italia

di Valerio Rizzo

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Oggi si narrerà una storia triste, drammatica, una storia che se per un verso è assimilabile a tantissime altre, per un altro contiene qualcosa di talmente scomodo, da essere stata volutamente tenuta nascosta e sottaciuta. Si narrerà di ciò che successe in un paese siciliano, Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, ad una bambina di soli 9 anni.

Gli artefici di questa crudele vicenda sono coloro che nella storia “ufficiale” vengono definiti “liberatori”e la brutalità con cui si sono svolti i fatti dovrebbe far scaturire le stesse sensazioni di quelle narrazioni televisive, a cui oggi siamo tanto abituati, e in cui purtroppo i bambini sono protagonisti in negativo. E’ passato più di un mese da tutta quella patetica retorica risorgimentale messa in scena il 17 marzo scorso, o da quello spettacolo retorico fatto da Benigni sul palco dell’Ariston in cui si è elogiato il Risorgimento come una rivoluzione di popolo, ma che la realtà storica ha dimostrato, in più occasioni, che fu solamente una evento voluto da pochi e a causa di interessi, soprattutto economici.

Ma torniamo alla nostra bambina di 9 anni. Era l’inverno del 1862, e già dall’anno precedente il neo governo sabaudo-piemontese aveva mandato in Sicilia il generale Covone dandogli poteri “speciali”, tra cui quello di emanare la legge marziale e proclamare lo stato d’assedio. Il primo atto di questo generale fu quello di dare ordine ai soldati piemontesi di avere “libero arbitrio” nel decidere della vita o della morte dei siciliani. Proprio in questo clima di ostilità accaddero fatti gravissimi che coinvolsero la città di Castellammare del Golfo. Ivi il malcontento verso gli oppressori sabaudi era molto forte, ma la scintilla che fece esplodere la rivolta fu l’introduzione della leva militare obbligatoria, provvedimento sconosciuto sotto i Borbone.
Tale legge, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno il 30 giugno 1861, comportava l’allontanamento per sette lunghi anni di tanti giovani dalle loro famiglie e dalle loro terre.Per scappare da questa norma ingiusta tantissimi ragazzi si nascosero nei boschi e nelle colline intorno alla città, ma non potendo vivere a lungo in quelle condizioni disagiate, il 2 gennaio 1862 decisero di insorgere contro i piemontesi.
Così, alle 14 di una gelida giornata invernale, più di 450 giovani, armati di qualsiasi cosa avessero trovato per le strade, entrarono nella città di Castellammare e diedero l’assalto alla sede del commissario di leva Bartolomeo Asaro e del comandante della Guardia Nazionale Francesco Borruso. I piemontesi risposero immediatamente e da Palermo furono mandati interi battaglioni di bersaglieri coadiuvati da ben due navi da guerra che approdarono nel porto della città.
Il corpo di spedizione era comandato dal generale Quintini, famoso per essere tra i più crudeli e spietati nell’isola, e invase immediatamente il paese. Gli insorti furono costretti a fuggire e tornarono a nascondersi nei boschi, mentre centinaia di popolani, abitanti del posto, cercarono rifugio in campagna. Proprio in quel momento avvenne uno degli episodi più drammatici di tutta la storia risorgimentale: mentre i bersaglieri perlustravano i dintorni di Castellammare, nella contrada Falconiera, trovarono un gruppo di cittadini, tra cui il parroco del paese, che si erano rifugiati lì per paura, e il generale Quintini dopo un interrogatorio sommario, diede ordine di fucilare tutta quella gente, senza processo e con l’accusa di essere parenti degli insorti.
Nel frattempo, i soldati udirono i pianti di una bambina che aveva avuto la sfortuna di trovarsi nelle vicinanze, la presero di peso e la posero, ancora col viso bagnato dalle lacrime, di fronte al plotone di esecuzione. Era il 3 gennaio del 1862, il vento spazzava le lustri divise e faceva svolazzare le “penne” dei bersaglieri, in quel momento chissà quali furono i pensieri di quella bambina che si era trovata per caso di fronte a uomini con strani cappelli pennuti che le puntavano i fucili e che parlavano in una strana lingua. Chissà se in quel momento si rese conto di stare vivendo i suoi ultimi attimi, e se con matura consapevolezza riportasse alla memoria quando giocava per i prati o quando aiutava la madre a cucire.
Ma a Quintini questi pensieri non interessavano e ordinò senza remore: “puntate, sparate, fuoco!”.
Tale episodio potrebbe ricordare gli eccidi che le SS naziste hanno fatto in Europa, invece stiamo parlando dei “Padri della Patria” e la rabbia che oggi cresce sempre di più e che sale nelle vene sta nel fatto di volere ancora e tutt’ora nascondere queste verità brutali. L’unità d’Italia fu una guerra di conquista a sfondo razzista avvenuta nel Sud Italia con le stesse modalità del nazismo: interi paesi rasi al suolo, brutalità gratuite contro i civili, istituzione di lager; e solo quando questo Paese avrà il coraggio di guardare in faccia i suoi “scheletri nell’armadio” forse potrà pensare al futuro.
Resta il fatto che oggi solo nell’archivio storico militare, ma in nessun libro di storia, troviamo scritto: “Castellammare del Golfo, 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di Brigantaggio”.

Le altre sette persone fucilate quel giorno:
* Don Benedetto Palermo, di anni 43, sacerdote
* Mariano Crociata, di anni 30
* Marco Randisi, di anni 45
* Anna Catalano, di anni 50
* Antonino Corona, di anni 70
* Angelo Calamia, di anni 70


angelina520Angelina Romano: la bimba fucilata quel 3 Gennaio del 1862…

Daniela Giuffrida 3 Gennaio 2014

castellammare del golfo, 3 gennaio 1862, romano angelina, di anni 9, fucilata, accusata di ‘brigantaggio’. Questo quanto risulta dall’archivio storico militare, questo e tanto altro ancora la “storia ufficiale” non ha mai raccontato.

Oggi, 3 gennaio 2014, ricorre il 152° anniversario della fucilazione della piccola angelina, la più giovane vittima fra quelle che, in qualche modo, la storia siciliana racconta.

?Castellammare del Golfo, 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di ‘brigantaggio’. Questo quanto risulta dall’Archivio Storico Militare, questo e tanto altro ancora la “storia ufficiale” non ha mai raccontato. Oggi, 3 gennaio 2014, ricorre il 152° anniversario della fucilazione della piccola Angelina, la più giovane vittima fra quelle che, in qualche modo, la storia siciliana racconta.
Ma chi era Angelina Romano? Proviamo a raccontarne la storia..
C?era una volta una bambina siciliana una di quelle bambine che al tempo vivevano scalze, in un paesino del trapanese, occhi scuri, capelli neri, un faccino pulito come può essere quello di una bambina di poco più di 8 anni
Il periodo storico era quello che era: tanta povertà in giro e tanto bisogno di braccia da lavoro nei campi. Poi la legge sulla leva obbligatoria. Siamo all?alba del 1862, proprio il primo gennaio di quell?anno la popolazione di Castellammare del Golfo era scesa in piazza al grido ?abbasso la leva a morte i cutrara? come ci racconta Tommaso Romano nel suo “Dal Regno delle Due Sicilie al declino del Sud”, la protesta era proprio contro la leva obbligatoria imposta dal regno Sabaudo, i ?cutrara? erano i ricchi, coloro che potevano pagare la loro esenzione alla leva.
Il 2 gennaio 450 giovani siciliani assaltano la sede del Commissariato di Leva e dentro trovano anche il Comandante della Guardia Nazionale, Francesco Borroso.
Arrivano da Palermo i Bersaglieri, un battaglione intero inviato da Palermo, i giovani scappano si disperdono tutti nelle campagne e sulle pendici dei monti circostanti, ma i militari trovano sei di loro che avevano trovato rifugio in un casolare di contrada Falconiera, erano Mariano Crociata di 30 anni, Marco Randisi di 45, Anna Catalano di 50, Antonio Corona di 70 e Angelo Calamia di 70 e il Parroco del paese, Don Benedetto Palermo di 43 anni. Tutti e sei ?in virtù dei poteri dovuti ala proclamazione dello Stato di Assedio?, furono passati per le armi, prete compreso.
E così il 3 gennaio i sei ?lealisti?, così vengono definiti coloro i quali avevano rapporti di connivenza con i ?briganti?, vengono fucilati nella piazza di Castellammare del Golfo per ordine del generale sabaudo Pietro Quintino.
Alla fine dell’esecuzione, però, si sentono i pianti di una bambina che aveva assistito alla fucilazione. Viene presa facilmente Angelina, che resistenza può opporre una bambina così piccina alla ?legge degli uomini forti??
“Chiunque verrà incontrato per le vie interne o per le campagne con provvigioni alimentari superiori ai propri bisogni o con munizioni di fuoco per ingiustificato uso, sarà fucilato” questo cita l’articolo 3 di un editto speciale creato proprio per “reprimere” la resistenza dei lealisti borbonici ed Angelina doveva davvero essere un pericolosissima brigantessa, per essere messa al muro, con il faccino ancora bagnato di pianto e “giustiziata”. Questa la storia.
Ma cosa è stato fatto per ricordare questo e i tanti eccidi perpetrati in Sicilia in quel periodo? Quasi nulla.
A lavorare per sensibilizzare sulla questione delle vittime del risorgimento italiano, perchè il velo su 150 di storia di questo paese venisse tolto, un gruppo su un famoso social network.
Abbiamo sentito il suo fondatore Antonio Fricano, il quale ci ha detto: ?Sarebbe doveroso che in tutti i centri urbani siciliani si intitolassero più strade e piazze ai nostri ?caduti?, che non a certi nomi noti di un Risorgimento che alla Sicilia arrecò soltanto grandi danni e morti. Sarebbe auspicabile che le Amministrazioni pubbliche focalizzassero la loro attenzione su questo argomento. Lo scorso giugno è stata intitolata una via alla piccola Angelina, nel suo paese natale. Sinceramente, io non so quale percorso abbia avuto la vicenda, ma una cosa è certa che dalla creazione di questo gruppo su Facebook e dalla partecipazione attiva di molti di noi, qui ed altrove, si sono sviluppati percorsi che hanno portato prima alla Via Angelina Romano a Gaeta, cui dobbiamo un ringraziamento particolare ad Antonio Ciano, e alla Via Angelina Romano a Castellammare del Golfo. Sappiamo che anche in altri centri dell?isola qualcosa si sta muovendo, attendiamo notizie in merito. Siamo riusciti a fare una grande cosa ? ci dice ancora Fricano – e sono certo che è solo l’inizio di un percorso per commemorare e ricordare tutte le vittime innocenti di questa famosa “Unità” e per rivedere con più obiettività e criticità questa pagina di Storia del “Risorgimento”.


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ANTONIO CIANO RACCONTA COME HA SCOPERTO L’ASSASSINIO DELLA PICCOLA ANGELINA ROMANO FUCILATA DALLA FECCIA PIEMONTESE!
Fucilata il 3 Gennaio 1862 a 8 anni e 2 mesi !

“……Ebbene, quella ragazzina di otto anni e due mesi, fu fucilata a Castellammare del Golfo, si chiamava Angelina Romano, stava giocando a Crì Crì quando fu presa dai bersaglieri. Aveva fame, era quasi l’una di pomeriggio, e i soldati del regio esercito italiano, comandati dal generale Quintini, le riempirono la pancia di piombo. Il Regio Esercito Italiano, è scritto in latino sul libro dei defunti della chiesa madre di Castellammare: ” Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina consortis. Etatis sua an.9 circ. Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia interfecta fuit at MILITIBUS REGIS ITALIE. Eius corpus sepultum est in campo sancto novo.” Questa trascrizione venne fatta a posteriori dal parroco della chiesa madre perchè i piemontesi ordinarono di non far trascrivere i morti per quattro giorni. La gente non doveva sapere ciò che stava accadendo a Castellammare del Golfo. I bersaglieri di Quintini stavano massacrando i contadini repubblicani che protestavano contro i savoia, avanzavano con la bandiera rossa repubblicana (quella di Mazzini) e gridavano ” Viva la repubblica” Probabilmente Angelina fu fucilata perchè forse, era parente di qualche renitente alla leva. Ci tengo a dire che quell’esercito non era italiano, era solo savoiardo e piemontese. La ricerca mi è stata possibile grazie alla Signora Linda Cottone che mi ha accompagnato a Castellammare dallo storico locale Francesco Bianco, che ha avuto accesso agli archivi della chiesa madre…..”
Fonte : Antonio Ciano