FILOMENA E LE MISTIFICAZIONI.

LE DONNE DEL BRIGANTAGGIO | 33° episodio FILOMENA E LE MISTIFICAZIONI.
di Valentino Romano (*)

San Sossio Baronia, 1863.
E finalmente, per la gioia dei suoi tanti fans, è arrivato il turno della Regina delle Selve. Domenica scorsa accennavo alle tante mistificazioni alle quali andarono incontro le donne del brigantaggio: una delle più ricorrenti riguarda i loro amori, veri o presunti che siano stati. Vittima per eccellenza fu una delle più famose, quella che più d’ogni altra è oggi costretta a prestare il suo nome a qualche profilo social di chi crede di identificarsi con lei.
Chi è? Ma, ragazzi, allora siete proprio distratti o – ipotesi più concreta e anche più comprensibile – non mi filate affatto.
Anche le pietre sanno che io da anni inseguo Filomena Pennacchio. Ecchecavolo!
Ne parlo adesso che le bozze del mio saggio sulle donne del brigantaggio (e scusate se un po’ di sana e preventiva autopromozione la faccio anche io) sentono il profumo dell’inchiostro di stampa … Dicevamo degli amori, veri o presunti.
Ecco, nel caso di donna Filomena, di amori farlocchi gliene hanno attribuito più d’uno: sarebbe stata l’amante di Crocco e di Michele Caruso, oltreché di Schiavone. Tutti capibanda, s’intende, non certo briganti qualsiasi: una “salta letti” d’altro bordo, una di quelle che, se fosse vissuta oggi, sarebbe stata la protagonista assoluta dei rotocalchi di gossip nei quali il pettegolezzo viene contrabbandato per “giornalismo d’inchiesta” e le favole per “Storia”. Ma a quel tempo giornalisti del genere non ce n’erano tanti e mancavano pure i rotocalchi che li ospitassero. Bei tempi, dirà qualcuno di voi. Va beh, pensatela come vi pare. Quello che è certo è che, al posto dei “nostri” giornalisti c’erano gli ufficiali del Regio Esercito i quali, al ritorno dalle loro imprese più o meno gloriose, pensarono bene di autocelebrarsi scrivendo resoconti fantastici della loro campagna contro i terroni.
Lo “Strega”, anzi il Nobel per la memorialistica bellica spetta, senza ombra di dubbio a tal Angiolo De Witt che, se non avesse dato alle stampe il suo celeberrimo “Storia politico- militare del brigantaggio ecc…” sarebbe rimasto un perfetto sconosciuto. Ma, invece, lo scrisse, scelse il momento giusto (in questo fece scuola) e cavalcò l’onda (e fece scuola anche in questo).
Così, scrivendo della nostra Filomena, prese, un po’ di qua, un po’ di là, frammenti di racconti popolari, narrazione di cantastorie li trasformò negli ingredienti basici di un minestrone nazional-popolare; ci aggiunse di suo gli “odori” e lo cucinò per bene. Accidenti, anche qui fece scuola, ma questo è un altro discorso … E nacque la leggenda della sposa insoddisfatta di un cancelliere foggiano del quale, alla fine, si sarebbe sbarazzata allegramente, trafiggendolo con uno spillone. Da qui a infarcire il piatto con alcuni allegri amori, il passo fu breve. Vuoi mettere, infatti, un caldo minestrone invernale senza un pizzico di peperoncino?
Questo piatto – per rimanere nella metafora – lo hanno assaggiato in tanti: io stesso, debbo confessarlo, sulle prime, ne ho gradito il profumo. Ma, com’è risaputo, a me piace mangiar sano e per questo devo necessariamente conoscere tutti gli ingredienti e la loro provenienza. Così sono andato a … leggere l’etichetta. Una di queste, conservata nei fascicoli processuali di Filomena, era una sorta di certificazione sanitaria: un certificato rilasciato dal Sindaco di San Sossio Baronia, paese natale di Filomena, attestava la “buona condotta” di Filomena fino al momento di darsi alla macchia con Schiavone. Che dire? Crollava un castello di menzogne: altro che buona condotta se veramente avesse ucciso il povero cancelliere! Amici, tenete ben presente un altro dettaglio: la gran parte di queste attestazioni bollava le donne del brigantaggio come “donna di malaffare”; di una ho letto anche che era di “cattivo odore”! Dunque, se Filomena fosse stata un’uxoricida, l’attestazione lo avrebbe …attestato. E, soprattutto, tra i tanti reati addebitati a Filomena e presenti nel faldone processuale questo avrebbe certamente avuto un posto d’onore.
Crollava così l’impalcatura del primo fantastico costruito su Filomena e si portava rovinosamente dietro anche quello dei suoi molteplici amori. Prevengo un’obiezione: nessuno le avrebbe impedito, durante il periodo nel quale scorse la campagna con Schiavone, di intrattenersi anche con i vari Crocco, Caruso ecc. Giusto! Però, se si analizzassero, come ho fatto io, le scorrerie che la banda Schiavone compì in unione con quelle di Crocco e Caruso, si scoprirebbe che occasioni per farlo non ce ne dovettero essere molte. E poi, detto tra noi, Schiavone non mi pare proprio il tipo da sopportare tradimenti di sorta..
Siamo, insomma, anche qui nel fantastico del tipo “morboso”, nella pruderie pura. Ma un po’ tutti, chi più o chi meno, ci abbiamo creduto, salvo poi, in pochi, a ricrederci. Come fece con profonda onestà intellettuale, e mi piace dargliene pubblicamente atto, Giordano Bruno Guerri nel suo riuscito “Il bosco nel cuore”. Nel suo precedente “Il sangue del Sud” anche lui aveva, infatti, sostenuto la tesi dei molteplici amori. Me ne lamentai, e Guerri non solo riconobbe l’errore ma me ne dette pubblico atto nel successivo (pp. 158-159). Dico questo non per narcisismo ma solo per sottolineare le profonde diversità tra studiosi corretti (come Guerri) e tra chi rubacchia qua e là notizie più o meno (molto meno in verità) esatte e contrabbanda come verità assolute le “sue” scoperte, piccandosi poi per essere stato colto in fallo e tentando di screditare chi lo ha scoperto.
Ad ogni modo, sui presunti amori di Filomena, oltre ai soliti noti, ci hanno ricamato in tanti, romanzieri, memorialisti e cantastorie: così è nata la leggenda, per esempio, del duello rusticano tra Crocco e Caruso per contendersi la donna dopo che il generale dei briganti le aveva donato un copricapo intessuto d’oro e frutto di una sua scorreria. E la cosa fa veramente ridere. Ve li immaginate, infatti Crocco (che di donne ne poteva avere, con le buone o con le cattive, quante ne avesse volute) e Caruso (che le donne si dilettava a prenderle con la forza) tentare di scannarsi tra di loro per una Filomena qualsiasi? Io, sinceramente, no.
Così come non mi bevo la storiella (la cui paternità, stavolta, va a Basilide del Zio) del famoso “bacio di Schiavone al ventre pregno di Filomena, prima della sua fucilazione”. Lo so bene, sostenendo – prove alla mano – questo, faccio crollare un mito tra alcuni amici, soprattutto di uno, e rischio un raffreddamento di rapporti. Ma, come dicevano i miei antenati, “Plato amicus, sed magis amica veritas”.
Amici, adesso volete saperne di più anche su questa storia? Non vi posso accontentare, per ora. Un po’ di pazienza, lasciate che quel profumo d’inchiostro al quale accennavo all’inizio si materializzi nelle librerie. Siate comprensivi, non fatemi litigare anche con l’editore. Già lo faccio con tanti, troppi anche per uno polemico come me.
Per ora accontentiamoci di aver posto l’accento su alcune delle tante mistificazioni sulle “nostre” donne.
Per questa settimana è tutto.
Anzi no, manca la solita “buona domenica a tutti” che stavolta vi mando dalle Puglie.
E, considerata la particolare location, ci aggiungo anche un …buon appetito!

(*) Promotore Carta di Venosa

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