Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (XIII)

Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (XIII)

Posted by altaterradilavoro on Apr 24, 2025

Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati sulle rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta.

Claudio Magris

Proprio con il vino non ci fregate!

Picerno, dicembre 1861

Il 12 dicembre del 1861 il capitano Nardi, che comanda un distaccamento del 61° Reggimento fanteria, ha uno scontro a fuoco con la banda Carbone di Balvano: i briganti hanno la peggio e uno di essi, un giovanetto, tale Zaniello, viene catturato. A dire dell’ufficiale, il giovane “faceami molti importanti rivelazioni ed attesala poca età potevaglisi prestar fede …”.

Tra le tante rivelazioni del giovane pentito vi è l’asserzione che i briganti di Carbone vengono foraggiati dalla famiglia di possidenti De Stazio, che ha dimora in una campagna poco distante da Balvano, in contrada Difesa di Balvano. Appena ricevuta la notizia il capitano Nardi ordina una serie di perquisizioni nelle proprietà della famiglia ma non vi rinviene nulla di interessante: riesce solo a sapere che un garzone della famiglia, Antonio Morando, a seguito di minacce ricevute ha portato una volta ai briganti in contrada Toppa dei papaghioni, nel bosco Marmo, viveri e vino.

A questo punto il bravo capitano si concede una notte di riflessione per decidere l’ulteriore a farsi. Il suo riposo viene però interrotto da un’altra notizia: il garzone di un’altra ricca famiglia o avverte che i briganti della comitiva di Balvano e Riciliano hanno minacciato di bruciare le proprietà dei suoi padroni se, entro la stessa notte, non riceveranno presso il Molino di Ricigliano pane, formaggio, frutti e vino per dieci persone, più in contanti la somma di ducati 200.

L’occasione è ghiotta: si può avere finalmente ragione dei malfattori, ma occorre tempestività e ingegno; “Allora io prevedendo che gli stessi mi sfuggissero,  se andava ad assalirli nella notte; dappoiché oltre ad avere sentinelle d’avviso a gran distanza,  aveano dippiù dei sicuri, divisai usar con essiloro l’astuzia…

L’ufficiale viene allora, all’improvviso, folgorato da un colpo di genio che, con evidente soddisfazione, esterna in un suo rapporto ai superiori: chiama un medico, un farmacista che finge da sindaco, il dottor Luigi  Bevilacqua ed altri maggiorenti del paese.

A seguito del consulto suggerisce quindi di spedire all’ora designata i viveri richiesti, meno il denaro e  – udite, udite – adulterando il vino con acetato di Morziera (?, forse morfina), sostanza inodore e capace di far cadere in letargo a preferenza dell’oppio, che sentesi all’odorato. Viene perciò incaricato di provvedere alla bisogna il farmacista e predisposto il vino adulterato.

Così fu fatto in nostra presenza. All’una p.m. del 14 seppi che tutto era andato a meraviglia”, soggiunge – sempre nel rapporto – il bravo ufficiale. Ma il suo ottimismo non appare giustificato dagli eventi successivi: all’alba Nardi parte con un drappello e poche Guardie Nazionali del paese e con un altro di Guardie Mobili distaccate; in tutta fretta raggiunge il mulino, credendo di trovarvi i briganti saporitamente addormentati, alle prese con i fumi di Bacco e con gli effetti del medicinale.

Qui però si trova di fronte ad una imprevista e amara sorpresa: dei briganti nemmeno l’ombra, può solo riconoscere i fiaschi di vino … desolatamente vuoti e i resti del lauto banchetto. E, per quante ricerche faccia nei dintorni, non trova nessun brigante. Torna allora al mulino e interroga il mugnaio che ammette di aver bevuto insieme alla comitiva “ma non dava alcuno indizio del preparato stratagemma”, tanto da essere sempre stato arzillo e pimpante. Altro che sonnifero!

Al malcapitato capitano non resta che convincersi che “se il farmacista o altri di Balvano non mi avessero tradito, e con ciò tradito i loro propri interessi, io avrei fatto il colpo di averli tutti fra le mani”.

Ma, benedetto Nardi! Possibile che non gli sia passato in mente un po’ prima che il farmacista potesse essere un manutengolo dei briganti, che – in aggiunta –  con il nome che si ritrovava era il meno adatto a occuparsi di vino e che i fiaschi potevano essere sostituiti durante il tragitto.

Non sappiamo quale sia stato il commento dei superiori, certamente non un plauso. Ci sarà stato almeno uno, negli altri gradi, che gli avrà spiegato che lo stratagemma non sarebbe andato comunque a buon segno perché a un contadino meridionale tutto si può addebitare fuorché l’incapacità di riconoscere immediatamente, odore o meno, un buon vino anche a distanza di un miglio? Non si sa! Quello di cui,  anche senza documenti, possiamo essere certi è che a Nardi per un bel po’ di tempo gli sarà andato di traverso … il vino!