Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (XXXV)

Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (XXXV)

Posted by altaterradilavoro on Set 25, 2025

Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati sulle rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta.

Claudio Magris

E negagli pure questa soddisfazione!

Botricello, aprile del 1865

A Botricello, comune della provincia di Catanzaro, una florida  coltivazione del lino è fonte di ricchezza per i proprietari agricoli, ma anche di occupazione così importante da provocare – nel periodo di raccolta e lavorazione del prodotto – una sorta di migrazione interna stagionale dai paesi vicini: periodicamente vi confluiscono e vi stazionano perciò maestranze contadine, soprattutto donne, addette alla gramolatura e alla manganatura del lino.

Capita così che, tra le altre, vi arrivino anche alcune giovani donne assoldate da Giovanni Lucia per conto di don Girolamo De Riso, proprietario di diverse piantagioni. Il Lucia abita a Petronà ma come emerge dalle testimonianze quantunque la sua professione sia quella di sarto, ciò non ostante tiene un traffico col sig. D. Girolamo De Riso e si portava spesso in Butricello onde attendere a sorvegliare al lavoro del lino. Insomma un sarto che si dà da fare per arrotondare il bilancio familiare non disdegnando di fare anche il “caporale”.

È lui infatti uno di quelli che procurano manodopera – soprattutto femminile – ai proprietari, arruolandola nei paesi vicini: le braccianti,con la carenza di lavoro che ci si ritrova, accorrono da tutto il circondario e vengono alloggiate alla meglio a Botricello a cura dello stesso Lucia. Dopo qualche giorno nel piccolo paese qualcuno nota uno strano andirivieni soprattutto notturno: uomini che si aggirano furtivi, donne che – al calar del sole – prendono la via dei boschi o quella della vicina marina e rientrano correndo in paese prima dell’alba; sta accadendo insomma qualcosa d’insolito.

I Regi Carabinieri si muovono subito, allarmati: nelle vicinanze si aggira  il temuto brigante Corea con  tutta la sua formazione, meglio essere pronti; raccolte le prime informazioni, vengono a sapere che si sono più volte visti in giro un tale Antonio di Sersale, uomo vecchio di età, capelli lisci neri, vajuolato, un Rosario Ciccotto di Sersale e un  Natalello figlio di Vittoria. Si scopre quindi che, ad esempio, Antonio veniva a cercare queste donne per portarle alla mala vita, che Natalello aveva precisamente la sorveglianza delle donne che venivano a lavorare il lino.

Vengono pure individuate le donne di questa storia: Palmarosa, Maria, Teodora, Rosaria, Anna Rosa. Sono tutte giovani, alcune coniugate, altre no: in comune hanno il lavoro e l’essere alle dipendenze del Lucia. La voce pubblica le addita come meretrici dei briganti e ne provoca l’arresto.

I Reali Carabinieri prelevano anche Giovanni Lucia e lo interrogano: l’uomo si difende: duve vuonno iire vanno, io le pago, sempre che mi fanno la fatica. Il concetto è chiaro: basta che lavorino, poi chi se ne frega di quello che fanno dopo …

A loro volte vengono interrogate le donne, delle quali ometto volutamente il cognome: Anna Rosa, di padre incerto, ventitreenne originaria di Belcastro e residente a Petronà, sulle prime sostiene di essere stata presa con la forza mentre raccoglieva castagne in territorio di Mesuraca e disonorata da tutti quanti (Corea e quattordici briganti). Incalzata dagli inquirenti ammette però che i briganti per compassione mi complimentarono in denaro. Poi dichiara che l’episodio si è ripetuto un’altra volta a Botricello dove attendeva alla macerazione del lino: Carmine Meliti, Pasquale Dardano, Costantino Zagarese, Francesco Mancuso e Vito di S. Vito mi portarono fra boscaglie in distanza non più di mezz’ora di cammino da Botricello. Qui rimase 4 giorni vittima della loro libidine, ricevendone un compenso di quattro piastre

Una parziale ammissione viene anche dal brigante Costantino Zagarese: informati da persone che non conosco dove si trovavano in quelle vicinanze delle meretrici, trovammo parecchie femmine nei pressi di Mesuraca intente alla raccolta di castagne.

E il De Lucia, per scrollarsi di dosso ogni responsabilità, precisa che Anna Rosa ha sempre servito ai briganti nei piaceri libidinosi.

Vengono interrogate molte delle donne intente a gramolare il lino in località Lochicello e, a mezza voce, lasciano trapelare che il De Lucia tanto estraneo alla vicenda non è, dal momento che pretendeva ed otteneva dalle donne un compenso per le loro prestazioni libidinose.

Una delle donne riporta una confidenza di Anna Rosa: e che denaro mi feci col lino se non più di dodici pezze ne ho manganato? Io ebbi altro introito.

Un’altra donna, Maria, dichiara che effettivamente furono prese con la forza, benché poi ricompensate con diciannove piastre. Anna Rosa, però ci tornò volontariamente e s’incontrò più volte con i briganti nelle contrade  di Mesuraca.

Anna Rosa è costretta ad ammettere tutto agli inquirenti ed è prodiga di particolari: incominciai il giorno 3 novembre 1864 e il primo con il quale mi intrattenni fu certo Giovanni della banda Milito e mi diede 13 pezze e mezzo; precisa che De Lucia era piuttosto restio nel concedere permessi al gruppetto di donne e che una volta accettò solo dopo che la mia compagna Maria li regalò una pezza e un anello d’oro e l’altra mia compagna  Palma Rosa ci diede una mezza pezza.

Gli inquirenti vogliono saperne di più e, forse con un pizzico di invidia, le chiedono se aveva preso affezione e gusto a prestare tale servizio. Anna Rosa è schietta nel rispondere: certamente ci trovavo gusto, quantunque io non amassi il Giovanni. La prima volta non ci stetti che 24 ore, la seconda volta fu col brigante Costantino Gentile, detto Zagarese, al quale ci presi veramente affezione e l’amo e mi dette solo due pezze, ma queste non per paga ma per regalo e stetti con lui da 3 a 4 giorni.

Il finale è scontato: anche il meretricio configura il reato di manutengolismoe tutti i soggetti coinvolti devono risponderne. Per questo vengono inviati al Tribunale di Guerra.

Palpabile è la soddisfazione del capitano della 5ª compagnia del 7° Reggimento Fanteria al Maggiore Comandante della zona di Mesuraca: con l’arresto delle stesse si è tolto ai briganti non solo degli attivi manutengoli, ma si è data una giusta soddisfazione all’intiera soddifazione di Petronà che tali le riconosceva.

E ha ragione pure lui! Solo che non si preoccupa di aggiungere che ai briganti, oltre alla soddisfazione degli attivi manutengoli, si è tolta pura quella di uno svago, tutto sommato, innocente. Ma forse non hanno diritto nemmeno a questo!